L’Origine del mondo




Prologo

Dato che tutti, gli dèi del mondo e gli uomini, affermano che non esiste nulla prima del caos, io voglio, al contrario, dimostrare che essi hanno sbagliato tutti poiché non hanno conosciuto la formazione del caos e la sua radice. Voglio addurne la dimostrazione. Se, a proposito del caos,  tutti gli uomini concordano sul fatto che esso è tenebra, che si chiama «tenebra» ciò che proviene da un’ombra, e — in fine — che l’ombra deriva da una realtà esistente fin dall’inizio, è chiaro che questa (realtà) esisteva prima che ci fosse il caos e che esso venne dopo la prima realtà. Possiamo dunque pervenire alla verità, ma anche alla prima realtà dalla quale scaturì il caos: in tal modo apparirà la dimostrazione della verità.

 GLI ESSERI INTERMEDI:

 L’ogdoade

 Allorché la natura degli immortali fu terminata da colui che è infinito, dalla Pistis scaturì un’immagine, che fu chiamata Sofia.

Prima realtà imperfetta.

Essa volle che venisse all’esistenza una realtà a somiglianza della luce esistente fin dall’inizio. Subito apparve (l’oggetto) della sua volontà: era un’immagine celeste, possedeva una grandezza inimmaginabile, si trovava a metà tra gli immortali e tra coloro che esistettero dopo di essi, come ciò che è in alto, che è un sipario che divide gli uomini da quelli che sono in alto. Ma l’eòne della verità non ha in sé ombra alcuna, poiché dentro di lui c’è la luce illimitata. Tuttavia, esternamente, è ombra: per questo fu detto «tenebra”.

 Organizzazione dell’universo

 Al di sopra delle tenebre apparve una forza. All’ombra, apparsa dopo di loro, le forze diedero il nome di «caos infinito»; da esso scaturì ogni generazione degli dèi, l’una, l’altra e tutto il luogo. Perciò l’ombra è posteriore alla prima realtà che apparve. L’abisso deriva dalla Pistis, della quale abbiamo parlato. Allora l’ombra si accorse che c’era qualcuno più forte di essa: ne fu invidiosa; da sola rimase incinta, e generò subito l’invidia.

Da quel giorno ebbe inizio l’invidia in tutti gli eòni e nei loro mondi. Ma quell’invidia era come un aborto, privo di spirito; divenne come le ombre, in una grande sostanza acquosa. Poi l’odio, sorto dall’ombra, fu gettato in una parte del caos. Da quel giorno apparve una sostanza acquosa, venne fuori ciò che in essa (nell’ombra) era stato racchiuso, manifestandosi nel caos. Come colei che genera un bimbo ha cura di liberarsi di tutto il superfluo, così la materia, scaturita dall’ombra, fu gettata in una parte (del caos): essa non venne fuori dal caos, bensì si trovava nel caos perché è in una parte di esso. Allorché accadde questo, venne la Pistis; si manifestò al di sopra della materia del caos, quella che era stata gettata via come un aborto, poiché in esso non c’è spirito; infatti, è interamente tenebra infinita e acqua senza fondo.

Jaldabaoth, il demiurgo

Quando la Pistis vide quanto era accaduto in seguito alla sua inefficienza, ne fu sgomenta; lo sgomento originò un’opera paurosa, la quale si precipitò nel caos. Lei allora si voltò verso di essa per soffiare sul suo volto nell’abisso, che è al di sotto di tutti i cieli. Ma dopo che la Pistis Sofia ebbe il desiderio che ciò che era senza spirito acquisisse una fisionomia e presiedesse la materia e tutte le sue forze, dall’acqua apparve — prima di tutto — un arconte: aveva l’aspetto di leone, era bisessuato, possedeva in sé stesso una grande potenza, ma ignorava d’onde era venuto. Allorché la Pistis Sofia lo vide muoversi nella profondità delle acque, gli disse: — Giovinetto, attraversa fino a questi luoghi -. Donde l’interpretazione «Jaldabaoth».

Da quel giorno si manifestò il primo inizio della parola, la quale giunse agli dèi, agli angeli e agli uomini; gli dèi, gli angeli e gli uomini sono ciò che avvenne per mezzo della parola. Ora l’arconte Jaldabaoth non conosce la forza della Pistis; non ha visto il suo aspetto; ma ha visto, nell’acqua, l’immagine che gli parlava; e in base a quella voce, egli si chiamò Jaldabaoth. Ma i perfetti lo chiamano «Ariel», poiché aveva l’aspetto di leone. Dopo che questo era venuto all’esistenza e aveva posto la sua potenza sulla materia, la Pistis Sofia se ne ritornò su nella sua luce. Allorché l’arconte constatò la propria grandezza — vide soltanto se stesso e null’altro che acqua e tenebra —, pensò che esistesse solo lui. Il suo pensiero si completò per opera della parola. Egli si manifestava come un vento che si muoveva qua e là al di sopra delle acque.

 Dopo la manifestazione di quello spirito, l’arconte divise la sostanza acquosa da una parte, e (la sostanza) secca da un’altra parte; con una materia si creò una dimora, che chiamò «cielo»; con l’altra materia l’arconte creò uno sgabello, che chiamò «terra».

I figli del demiurgo

 L’arconte, poi, pensò secondo la sua natura: per mezzo della parola creò un (essere) bisessuato: aprì la sua bocca, si vantò di se stesso. Quando aprì gli occhi, vide suo padre e gli disse «j»; allora suo padre lo chiamò «Jao». Creò poi un secondo figlio, si vantò di se stesso; egli aprì gli occhi, disse a suo padre: «e»; suo padre lo chiamò «Eloai». Creò ancora il terzo figlio, si vantò di se stesso; egli aprì gli occhi, disse a suo padre: «as»; suo padre lo chiamò «Astafaios». Questi sono i tre figli del loro padre. Sette apparvero nel caos, come esseri bisessuati. Essi hanno un nome maschile e un nome femminile. Il nome femminile (di Jaldabaoth) è «Prònoia Sambathas» cioè «Ebdomade». Il figlio chiamato Jao ha come nome femminile «signoria»; Sabaoth ha come nome femminile «divinità» ; Adonaios ha come nome femminile «regalità» ; Eloaios ha come nome femminile «invidia» ; Oraios ha come nome femminile «ricchezza» ; Astafaios, poi, ha come nome femminile «Sofia». Queste sono le sette forze dei sette cieli del caos. Erano androgene conformemente al prototipo immortale, esistito prima di loro, secondo il volere della Pistis, sicché fino alla fine domini l’immagine di colei che esiste fin dall’inizio.

L’efficacia di questi nomi e la forza dei maschi la troverai nell’«Arcangelica» del profeta Mosè; mentre i nomi delle femmine nel primo «Libro di Norea». Siccome Jaldabaoth, l’archigenitore, possiede grandi potenze, per ognuno dei suoi figli, con la (sua) parola, creò cieli belli come dimora, e in ogni cielo magnificenze splendide, scelte sette volte: nel proprio cielo, ognuno ha troni, dimore, templi, cocchi, vergini spirituali e le loro glorie (rivolte) in alto verso l’invisibile, ognuno avendo questi nel proprio cielo; e anche innumerevoli decine di migliaia di eserciti di forze, di dèi, di signori, di angeli, di arcangeli al loro servizio. Precise notizie su di loro troverai nel «Primo Discorso di Norea».

Tutto ciò fu portato a termine in questo modo, su fino al sesto cielo, quello di Sofia. Il cielo e la sua terra furono scossi dallo scuotitore che è sotto di loro; i sei cieli tremarono. Infatti, le forze del caos non conoscevano chi fosse colui che aveva distrutto il cielo che è sotto di loro. Ma allorché la Pistis conobbe l’oltraggio dello scuotitore, mandò il suo alito, lo incatenò e, per mezzo di quell’alito, lo gettò giù nel Tartaro. Da quel giorno, la Sofia di Jaldabaoth consolidò il cielo e la sua terra, quello che è sotto tutti loro.

 ]aldabaoth e Pistis Sofia

 Dopo che i cieli , le loro potenze e l’intera loro disposizione si furono consolidate, l’archigenitor si vantò e fu lodato da tutto l’esercito degli angeli; lo benedissero e lodarono tutti gli dèi e i loro angeli.

Egli se ne rallegrava in cuor suo e si vantava continuamente, dicendo loro: «Non ho bisogno di nulla!». Diceva: «Io sono dio, e non ne esiste altri all’infuori di me». Così dicendo peccò contro tutti gli immortali; ma essi accolsero (la sua parola) e gliela custodirono. Considerata l’empietà del grande arconte, la Pistis si irritò e, senza essere vista, disse: — Tu sbagli, Samael», cioè «dio cieco», «prima di te esiste uno splendente uomo immortale; egli si manifesterà nei corpi da voi plasmati; egli ti calpesterà, come questi vasi di argilla che vengono frantumati; tu — e con te i tuoi — scenderai da tua madre, l’abisso. Infatti, al termine delle vostre azioni svanirà tutta l’inefficienza, resa manifesta dalla verità: passerà e sarà come ciò che non è mai esistito.

Dopo che la Pistis disse questo, svelò nell’acqua l’immagine della propria grandezza. E se ne ritornò in alto alla sua luce.

Sabaoth

Udita la voce della Pistis, Sabaoth, figlio di Jaldabaoth, la venerò e disapprovò il padre e la madre a motivo della parola della Pistis: la venerò perché li aveva portati a conoscenza dell’uomo immortale e del suo splendore. Pistis Sofia stese, allora, il suo dito, e versò su di lui una luce dalla sua luce, per la disapprovazione di suo padre. Accolta la luce, Sabaoth ricevette una grande potenza su tutte le forze del caos: da quel giorno fu denominato «signore delle potenze». Ebbe in odio suo padre, la tenebra, e sua madre, l’abisso; ebbe disgusto verso sua sorella, il pensiero dell’archigenitore che si muove qua e là al di sopra delle acque. A motivo della sua luce, tutte le potenze del caos furono invidiose di lui. E, dopo essersi tormentate, scatenarono una guerra nei sette cieli. Vista la guerra, la Pistis Sofia, dalla proso pria luce, mandò sette arcangeli a Sabaoth; essi lo trasportarono nel settimo cielo; si posero al suo servizio davanti a lui. Essa gli mandò ancora altri tre arcangeli; essa stabilì la sua regalità al di sopra di tutti, affinché fosse al di sopra delle dodici divinità del caos. Allorché Sabaoth ricevette il luogo del riposo a motivo della sua penitenza, la Pistis gli diede ancora la propria figlia Zoe, con una grande potenza, affinché lo istruisse su tutto ciò che si trova nella ogdoade (celeste).

 Avendo la potenza, egli creò anzitutto per se stesso una dimora grande e splendida, sette volte (superiore) a tutte quelle che si trovano nei sette cieli. Davanti alla sua dimora creò un grande trono posto su di un cocchio quadrangolare chiamato «cherubini»; in ognuno dei quattro angeli del cherubin vi sono otto forme: forme di leone, forme di toro, forme d’uomo, e forme di aquila di modo che tutte le forme costituiscono sessantaquattro forme, oltre ai sette arcangeli che stanno davanti a lui. Egli è l’ottavo, poiché ha la potenza. Tutte le forme sono settantadue; poiché da questo cocchio trassero tipo le settantadue divinità: esse trassero tipo per dominare sulle settantadue lingue delle nazioni. Al di sopra del trono egli creò ancora degli angeli dall’aspetto di draghi, detti «serafin», che lo lodano in ogni momento.

 Poi, creò una chiesa angelica (alla quale appartengono) migliaia di innumerevoli miriadi senza numero, simile alla chiesa dell’ogdoade, e un primogenito, detto «Israel», cioè «l’uomo che vede Dio», (il quale ha pure) un altro nome, «Gesù Cristo», che è come il Salvatore che si trova al di sopra dell’ogdóade, e siede alla destra del suo magnifico trono; alla sua sinistra è assisa la vergine dello spirito santo, donde gli dà lode. Davanti a lei stanno le sette vergini, mentre (altre) trenta (vergini) con in mano cetre, arpe, trombe, gli danno lode. E tutti gli eserciti degli angeli gli danno lode e lo benedicono.

Egli, poi, siede su di un trono nella luce di una grande nube che lo avvolge. Nella nube non c’era alcuno con lui, a eccezione della Sofia, la Pistis, che lo ammaestrava su tutto ciò che si trova nell’ogdoade, di modo che ne fossero create copie affinché la regalità rimanga a lui fino al termine dei cieli del caos, e delle loro forze. La Pistis Sofia lo separò dalle tenebre: essa lo invitò alla sua destra, mentre l’archigenitor lo pose alla propria sinistra. Da quel giorno, la destra fu detta «giustizia»; la sinistra fu detta «ingiustizia». Perciò tutti hanno ricevuto un mondo della chiesa della giustizia e della ingiustizia, che sta al di sopra della creazione.

 La reazione del demiurgo.

Ma quando l’archigenitor del caos vide suo figlio Sabaoth, lo splendore nel quale si trovava, e la sua eccellenza rispetto a tutte le potenze del caos, ne ebbe invidia: si irritò e, dalla sua morte, partorì la morte; la pose sul sesto cielo: in quel luogo donde era stato allontanato Sabaoth.

Così fu completato il numero delle sei potenze del caos. Allora la morte, bisessuata, si amalgamò con la sua natura e partorì sette figli bisessuati. I nomi dei maschi sono: invidia, ira, pianto, sospiro, lutto, grido di dolore, lacrime del gemito. I nomi delle femmine sono: collera, tristezza, lussuria, lamentazione, maledizione, amarezza, discordia. Questi si unirono l’un l’altro e ognuno ne generò sette, di modo che sono quarantanove demoni bisessuati. I loro nomi e le loro attività li troverai nel «Libro di Salomone».

La reazione di Zoe

Contro costoro, Zoe, che è con Sabaoth, creò sette forze buone bisessuate. I nomi dei maschi, sono: assenza d’invidia, beato, gioioso, veritiero, assenza di gelosia, amato, degno di fede. I nomi delle femmine, sono: pace, gioia, giubilo, beatitudine, verità, amore, fede. Da costoro provengono molti spiriti buoni e innocui. I loro effetti e le loro attività li troverai negli «Schemata» della Heimarmene del cielo, che si trova al di sotto dei dodici. Allorché l’archigenitor vide, nelle acque, l’immagine della Pistis, ne rimase molto triste, e più ancora quando sentì la sua voce, rassomigliante alla prima voce, quella che l’aveva chiamato fuori dalle acque. E quando si avvide che era stata lei a dargli un nome, sospirò e si vergognò della sua trasgressione. E quando avvertì che c’è veramente un uomo luminoso immortale, il quale esiste prima di lui, rimase molto sgomento per il fatto che, davanti a tutti gli dèi e ai loro angeli, aveva detto: «Io sono dio. Al di fuori di me non ce n’è altri». Egli temeva che qualora essi avessero conosciuto l’esistenza di un altro anteriore a lui, lo avrebbero disapprovato. Ma egli, insensato, disprezzò la condanna e osò dire: «Se prima di me c’è un altro, si manifesti, affinché vediamo la sua luce».

Adamo -luce

 Ed ecco che subito una luce scaturì dall’ogdoade di lassù, attraversò tutti i cieli della terra. Quando l’archigenitor vide che la luce era bella, mentre splendeva, ne rimase affascinato ed ebbe vergogna. Durante la manifestazione di questa luce apparve in essa un’immagine umana molto meravigliosa, che nessuno vide a eccezione dell’archigenitor e della prònoia che è con lui. Ma la sua luce si manifestò a tutte le forze dei cieli; perciò furono tutte eccitate da essa. Allorché la prònoia vide l’angelo, gli si affezionò; ma lui l’odiava poiché essa era nella tenebra. Essa voleva unirsi a lui; ma non le riusciva. Non potendo essa appagare il suo amore, effuse la propria luce sulla terra. Da quel giorno, quell’angelo fu chiamato Adamo-luce, il cui significato è «l’uomo dal sangue luminoso»; e la terra si distese su di lui, (sul) santo Adamas, il cui significato è «terra santa adamantina». Da quel giorno, tutte le potenze venerarono il sangue della vergine; e dal sangue della vergine, la terra fu purificata; inoltre l’acqua fu purificata dalla immagine della Pistis Sofia, apparsa sulle acque all’archigenitor. Giustamente, dunque, fu detto: «dalle acque». L’acqua santa, infatti, vivifica tutto, e lo purifica.

Eros

 

 Da questo primo sangue apparve l’eros, che è bisessuato. La sua mascolinità è Himeros: un fuoco che viene dalla luce. La femminilità, che è in lui, è un’anima di sangue: essa deriva dalla sostanza della prònoia. Nella sua bellezza, esso è molto bello, poiché possiede più grazia lui di tutte le creature del caos. Perciò tutti gli dèi e i loro angeli quando videro l’eros, se ne innamorarono.

Ma appena si manifestò a tutti loro, li infiammò. Come da una sola lampada si accendono molte lampade e ne risulta un’unica luce, ma la lampada non scema, così si diffuse l’eros tra tutte le creature del caos senza scemare. Allorché dal luogo di mezzo, posto tra la luce e le tenebre, si manifestò l’eros tra gli angeli e gli uomini, si compì l’accoppiamento dell’eros. Così, sulla terra, nacque il primo piacere sensuale. La donna seguì la terra, il matrimonio seguì la donna, la procreazione seguì il matrimonio, la morte seguì la procreazione. Dopo quell’eros, dal sangue che era stato versato sulla terra, crebbe la vite; perciò coloro che lo (il vino) bevono fanno sorgere in se stessi il desiderio all’accoppiamento. I Dopo la vite, sulla terra crebbe il fico e il melograno, e gli altri alberi secondo la loro specie aventi in se stessi i propri semi, dal seme delle potenze e dei loro angeli.

 Paradiso

La giustizia, allora, creò il bel paradiso, al di fuori del cielo della luna e del ciclo del sole, in una regione rigogliosa, a oriente, sita in mezzo alle pietre; e in mezzo ad alberi belli e alti, c’era il desiderio. L’albero della vita degli immortali, manifestato dal volere di Dio, è sito nella parte settentrionale del paradiso, per rendere immortali le anime dei santi, quelle che provengono dalle opere della povertà, allorché avverrà il termine dell’eòne. Il colore dell’albero della vita è come il sole; i suoi rami sono belli; le sue foglie sono come quelle del cipresso; il suo frutto è splendente come grappoli d’uva; la sua altezza raggiunge il cielo. Vicino a esso si trova l’albero della gnosi, il quale ha la forza di Dio; il suo splendore è come la luna, quando è molto splendente; i suoi rami sono belli; le sue foglie sono come le foglie di fico; il suo frutto è come i buoni e magnifici datteri. Esso è sito nella parte settentrionale del paradiso per scuotere le anime dal sonno dei demoni, affinché vengano dall’albero della vita, mangino del suo frutto, e condannino le potenze e i loro angeli. L’effetto (prodotto) da quest’albero è descritto (così) nel «Libro sacro»:

Tu sei l’albero della gnosi,

 quello che è nel paradiso

quello dal quale ha mangiato il primo uomo.

 Esso aprì la sua intelligenza,

esso amò la sua co-immagine

 condannò le altre immagini estranee,

 e ne ebbe ripugnanza.

 

E dopo di questo spuntò l’ulivo, che purificherà i re e i sommi sacerdoti della giustizia che si manifesteranno negli ultimi giorni; l’ulivo si era manifestato dalla luce del primo Adamo, a motivo dell’unzione che se ne riceve. Ma la prima anima amò l’eros che si trovava con lei: per amor suo ella versò il proprio sangue su di lui e anche sulla terra. Prima di tutto, da quel sangue spuntò sulla terra, dal roveto, la rosa, per la gioia della luce che si manifesterà nel roveto; poi, da ogni vergine delle figlie di prònoia, spuntarono ancora sulla terra giorni belli e profumati secondo le loro specie. In seguito, avendo amato Eros, esse versarono il loro sangue su di lui e anche sulla terra.

Dopo, spuntarono sulla terra tutte le piante, secondo le loro specie, aventi i-semi delle potenze e dei loro angeli. Dopo, le potenze crearono dall’acqua tutti gli animali secondo le loro specie, i rettili e gli uccelli secondo le loro specie, aventi i semi delle potenze e dei loro angeli.

Ritorno di Adamo-luce

 Ma prima di tutto ciò, egli (Adamo-luce) si era manifestato nel primo giorno ed era rimasto sulla terra circa due giorni; lasciò nei cieli la Prònoia inferiore, e iniziò l’ascesa alla sua luce; e subito la tenebra venne su tutto il mondo.

 Ora quando Sofia, che era nel cielo inferiore, volle ricevere una potenza (proveniente) dalla Pistis, creò i grandi luminari e tutte le stelle, le pose in cielo affinché illuminino la terra e compiano i segni del tempo, i tempi, gli anni, i mesi, i giorni, le notti, i momenti e tutto il resto. In cielo, fu così dato ordine a tutto lo spazio. Ma quando Adamo-Luce volle entrare nella sua luce, cioè nell’ogdoade, non vi riuscì a causa della povertà mescolatasi con la sua luce. Allora si creò un grande eòne; in questo eòne creò sei eòni e i loro mondi, cioè un totale di sei, che sono sette volte superiori ai cieli del caos e ai loro mondi. Tutti questi eòni e i loro mondi si trovano in un luogo illimitato, tra l’ogdoade e il caos, che è sotto di essa: appartengono al mondo della povertà. Se tu vuoi conoscere la loro disposizione, la troverai scritta nel «Settimo cosmo del profeta Hieralias». Prima che Adamo-Luce si allontanasse dal caos, le potenze lo videro e risero dell’archigenitor, poiché era stato menzognero, allorché disse: «Io sono dio. Prima di me non c’è alcuno». Andate da lui, dissero: «Non è questo il dio che ha distrutto la nostra opera?» Egli rispose e disse: «Sì! Se volete che non distrugga più la nostra opera, venite, formiamo un uomo, dalla terra, a immagine del nostro corpo, e a somiglianza di quello, affinché sia a. nostro servizio; egli, vedendo la sua somiglianza, le vorrà bene, e non distruggerà più la nostra opera; così per tutto il tempo di questo eòne, ridurremo al nostro servizio quanti saranno tratti dalla luce».

Adamo psichico

Tutto ciò avvenne conformemente alla prescienza della Pistis, affinché l’uomo sia manifesto davanti alla sua somiglianza ed egli li condanni attraverso la loro creatura; e la loro creatura diventò una siepe per la luce. Allora le potenze ricevettero la conoscenza (necessaria) per formare l’uomo. Ma la Sofia Zoe, quella che sta presso Sabaoth, li precedette e derise la loro deliberazione, dicendo: «Nella loro ignoranza, sono ciechi! L’hanno formato contro se stessi, ignorano ciò che faranno». Perciò essa li prevenne e formò prima il suo uomo, affinché egli istruisse la loro creatura. Nella misura in cui essa li avrà disprezzati, nella stessa misura ne sarà liberata. La nascita dell’istruttore avvenne in questo modo: quando la Sofia emise una goccia di luce, questa si proiettò sull’acqua, e subito apparve l’uomo bisessuato. Questa goccia assunse prima (sull’acqua) le sembianze di un corpo femminile; poi assunse le sembianze di un corpo a somiglianza della madre, che era apparsa, e si completò in dodici mesi: nacque un uomo bisessuato, che i Greci chiamano Ermafrodite. Ma gli Ebrei chiamano sua madre «Eva della vita», cioè «istruttrice della vita». Suo figlio è la creatura, il signore. Le potenze lo chiamarono poi «la bestia», perché egli fuorviò le loro creazioni. Il significato di «la bestia» è «l’istruttore»: apparve infatti che egli era più intelligente di tutti loro.

Inno di Eva

 Eva, tuttavia, è la prima vergine; è colei che generò senza il maschio; è colei che si è guarita da sola. Per tal motivo si dice che lei abbia detto: «Io sono la parte di mia madre, e io sono la madre, io sono la femmina, io sono la vergine, io sono la gestante, io sono la medichessa, io sono la consolatrice delle pene. Il mio uomo è colui che mi ha generato: io sono sua madre, egli è il mio padre e il mio signore, egli è la mia forza, ciò che vuole egli lo dice: a ragione sono nascente, ma ho generato un uomo signore». Per volere (divino) questo fu svelato alle anime di Sabaoth e del suo Cristo venute per le creature delle potenze, ed è a loro riguardo che la voce santa disse: «Crescete e moltiplicatevi! Siate signori di tutte le creature». E queste, ognuna secondo la sua sorte, furono fatte prigioniere dall’archigenitor e rinchiuse nelle prigioni delle creature fino alla fine dell’eòne.

Adamo terrestre

 In quel tempo, a coloro che erano con lui, l’archigenitor comunicò una deliberazione a proposito dell’uomo; allora ognuno di loro gettò il proprio seme in mezzo all’ombelico della terra. Da quel giorno, i sette arconti plasmarono l’uomo: il suo corpo assomigliava al loro corpo, ma la sua immagine assomigliava a quella dell’uomo che era stato loro manifestato. La sua creazione ebbe luogo secondo le singole parti di ognuno (di loro); allora il loro capo formò il cervello e le midolla; poi apparve come colui che era prima di lui. Egli diventò un uomo psichico e fu chiamato «Adamo», cioè «il padre» conforme al nome di colui che era prima di lui. Quando ebbero finito Adamo, egli lo mise in un vaso, poiché aveva l’aspetto di un aborto, non essendoci in lui lo spirito. Perciò il grande arconte, riflettendo alla parola della Pistis, ebbe paura che il vero (uomo) entrasse nella sua creatura e ne diventasse padrone. Quindi, lasciò la sua creatura, per quaranta giorni, priva di anima: si ritrasse e la lasciò. Ma in questi quaranta giorni la Sofia Zoe mandò il suo alito a Adamo nel quale non c’era anima: egli iniziò a muoversi sulla terra, ma non poteva tenersi ritto. Giunti i sette arconti, lo videro e ne rimasero sbalorditissimi: gli si avvicinarono, lo afferrarono, ed egli (Jaldabaoth) domandò all’alito che era in lui: «Chi sei tu? E donde sei venuto in questi luoghi ?» Egli rispose e disse: «Sono venuto per mezzo della forza dell’uomo, per annientare la vostra opera». Udito ciò, lo lodarono, avendo egli dato loro quiete in luogo della paura e della preoccupazione in cui si trovavano. Chiamarono quel giorno «il riposo», poiché avevano trovato la quiete dalla fatica. Allorché si accorsero che Adamo non poteva tenersi ritto, se ne rallegrarono, lo portarono via, lo posero nel paradiso e se ne ritornarono nei loro cieli.

Dopo il giorno del riposo, Sofia Zoe mandò sua figlia, chiamata Eva, come istruttrice per destare Adamo, nel quale non v’era anima, affinché coloro che egli avrebbe generato, e sono molti, fossero recipienti di luce. Quando Eva vide giacere la sua co-immagine, ne ebbe compassione, e disse: «Adamo, vivi! Alzati da terra!» La sua parola diventò realtà. Adamo, infatti, s’alzò e aprì subito gli occhi. Allorché la vide, disse: — Sarai chiamata «la madre dei viventi», poiché tu mi hai dato la vita —. Alle potenze, fu allora comunicato che la loro creatura viveva e s’era alzata: ne rimasero sbalorditissime; mandarono sette arcangeli per vedere ciò che era accaduto. Andarono da Adamo.

Allorché videro Eva che parlava con lui, dissero l’un l’altro: «Che cos’è questa luce? Essa, infatti, rassomiglia all’immagine che ci è apparsa nella luce. Orsù, afferriamola, gettiamo in lei il nostro seme affinché, una volta macchiata, non possa più risalire alla sua luce, e quelli che partorirà saranno soggetti a noi. Ma non diciamo a Adamo che ella non proviene da noi; adduciamo su di lui un sonno d’oblio, e durante il suo sonno insegnamogli che essa è sorta dalla sua costola, affinché la femmina gli sia soggetta ed egli sia signore su di lei». Allora Eva, divenuta forza, derise la loro deliberazione. Velò i loro occhi, lasciò la propria immagine nascosta presso Adamo, entrò nel l’albero della gnosi e vi rimase. Essi (tentarono) di inseguirla; ed essa manifestò loro che era entrata nell’albero ed era diventata un albero. Colpiti da grande paura, / ciechi fuggirono. Destatisi poi dal sonno, si recarono da Adamo e, vedendo presso di lui l’immagine di lei, rimasero sbalorditi poiché pensavano che questa fosse la vera Eva; pieni di audacia, le si avvicinarono, la afferrarono, gettarono in lei il loro seme: compirono tanti trucchi contaminandola non solo in modo naturale, ma in modo abominevole, contaminando il sigillo della sua prima voce, che aveva parlato loro, dicendo: — Che cos’è che esiste prima di voi? — Ma è impossibile che essi possano contaminare quanti affermano di essere generati nel compimento ( συντέλεια ) dell’uomo vero, per mezzo della parola. Essi incorsero in errore poiché ignoravano di avere contaminato i loro corpi. Le potenze e i loro angeli contaminarono, in ogni maniera, l’immagine. Anzitutto lei restò incinta di Abele, dal primo arconte; poi degli altri figli che partorì dalle sette potenze e dai loro angeli.

Ora, tutto ciò avvenne conformemente alla prescienza dell’archigenitor, affinché la prima madre generasse in se stessa ogni seme mescolato e adattato alla Heimarméne del mondo, ai suoi «Schemata», alla sua giustizia. Per Eva fu disposto un piano di modo che le creature delle potenze diventassero siepi per la luce. Allora essa le condannerà attraverso le loro creature.

Octamerone

Ora, il primo Adamo della luce è pneumatico: egli fu manifestato nel primo giorno. Il secondo Adamo è psichico: egli fu manifestato nel quarto giorno, detto il giorno di Afrodite. Il terzo Adamo è terreno, cioè legale: egli fu manifestato nell’ottavo giorno, cioè il riposo dalla indigenza, detto «giorno del sole».

Tentazione e «caduta»

 La posterità dell’Adamo terreno fu numerosa e completò (la terra); produsse in se stessa tutte le conoscenze dell’Adamo psichico. Ma (quanto) al tutto era nell’ignoranza. Allora io proseguo: quando gli arconti videro che egli e quella che era con lui vagavano nell’ignoranza, come gli animali, se ne rallegrarono molto. Ma allorché capirono che l’uomo immortale non solo non li avrebbe trascurati, ma che essi avrebbero temuto anche colei che si era fatta albero, rimasero costernati; dissero: «Non sarà costui il vero uomo che ci ha accecato e ci ha fatto conoscere quella che fu contaminata e gli assomigliava, per poterci vincere?». Tennero allora consiglio i sette (arconti). Andarono timorosi da Adamo ed Eva; dissero a lui: «Tutti gli alberi che si trovano nel paradiso sono stati creati per voi, mangiatene i frutti ma guardatevi dall’albero della gnosi; non mangiatene. Se ne mangerete, morirete». Instillata loro una grande paura, se ne ritornarono alle loro potenze. Venne, allora, colui che è più saggio di tutti loro, chiamato «la bestia». E quando vide l’immagine della loro madre Eva, disse a lei: — Che cos’è che vi ha detto dio: non mangiate dell’albero della gnosi?». Lei rispose: «Ha detto: Non solo “non mangiatene”, ma: non toccatelo, affinché non moriate». Egli disse loro: Non abbiate paura! Non morirete. Sappiate infatti che se ne mangerete la vostra intelligenza si desterà e sarete come gli dèi, poiché conoscerete la differenza che c’è tra gli uomini buoni e i cattivi. Essendo invidioso, vi ha detto questo affinché non ne mangiate.

Eva ebbe fiducia nelle parole dell’istruttore. Guardò l’albero, vide che era bello, alto e lo desiderò; prese del suo frutto, mangiò ne diede pure a suo marito, il quale ne mangiò. La loro intelligenza allora si aprì. Infatti, dopo che ne ebbero mangiato, la luce della gnosi li illuminò. Allorché si vestirono di vergogna, si accorsero di essere nudi rispetto alla gnosi. Allorché si destarono, videro che erano nudi e si innamorarono l’uno dell’altra. Quando videro quelli che li avevano plasmati, ne ebbero disgusto, poiché avevano forma di animali; essi impararono molte cose. Quando gli arconti seppero che avevano trasgredito il loro ordine, con fracasso e minaccia grande si recarono da Adamo ed Eva, nel paradiso, per vedere l’effetto dell’aiuto. Adamo ed Eva ne furono atterriti: si nascosero sotto gli alberi del paradiso. Gli arconti, non sapendo dove si trovavano, dissero: - Adamo, dove sei? - Egli rispose: - Sono qui. Dalla paura che ho di voi, mi nascosi, avendo vergogna - Essi, nell’ignoranza, gli dissero: - Chi ti ha parlato della vergogna di cui ti sei vestito se non (il fatto) che hai mangiato di quest’albero? - Egli rispose: - La donna che mi hai dato, me l’ha offerto: io ho mangiato - Dissero allora (alla donna): - Che hai fatto? -Lei rispose: - Mi ha incitata l’istruttore, e io ho mangiato. Gli arconti andarono allora dall’istruttore. Ma i loro occhi furono da lui accecati; non poterono fargli nulla; essendo impotenti, lo maledissero. Si recarono quindi dalla donna: maledirono lei e i suoi figli.

Dopo la donna, maledissero Adamo, la terra, per causa sua, e i frutti; maledissero tutte le cose che avevano formato. In loro non rimase alcuna benedizione: a causa del male, non ebbero più forza alcuna per generare il bene. Da quel giorno, le potenze si accorsero che prima di loro c’è realmente uno più forte di loro; conobbero soltanto che essi non avevano osservato il loro comandamento. Introdussero nel mondo una grande invidia esclusivamente a motivo dell’uomo immortale. Ma quando gli arconti videro che il loro Adamo era pervenuto a un’altra gnosi, vollero metterlo alla prova. Radunarono tutti gli animali, le bestie della terra e gli uccelli del cielo: li portarono da Adamo per vedere come li avrebbe chiamati. Quando egli li vide, diede i nomi alle loro creature: essi si stupirono che Adamo si fosse destato da tutto il torpore. Si radunarono, deliberarono, e dissero: - Ecco, Adamo è diventato come uno di noi. Ormai conosce la differenza tra la luce e le tenebre; ora, affinché non sia ingannato come fu per l’albero della gnosi, e non si accosti all’albero della vita, ne mangi, diventi immortale, abbia il dominio, ci disprezzi, consideri follia noi e tutte la nostra gloria, condanni noi e il mondo, orsù scacciamolo dal paradiso giù sulla terra dalla quale fu tratto, affinché d’ora in poi non possa conoscere qualcosa meglio di noi -.

 E così cacciarono dal paradiso Adamo e sua moglie. Ma non contenti di quanto avevano fatto, pieni di paura, andarono dall’albero della vita, lo cinsero di grande spavento, di esseri infuocati, detti cherubini, e posero in mezzo una spada infuocata che gira in ogni momento (incuotendo) un terribile spavento, affinché nessuno dei terrestri (osi) più recarsi in quel luogo. Dopo di ciò allorché gli arconti, invidiosi di Adamo, vollero ridurre il tempo della durata della loro vita, non riuscirono a causa della Heimarmene, che è stabilita fin dall’inizio; i tempi della loro vita, infatti, erano stati fissati: per ogni (uomo) mille anni, conforme al corso dei luminari. Ma siccome gli arconti non riuscirono a fare questo, ognuno di coloro che operano il male, toglie dieci anni (al corso della propria vita); sicché tutto questo tempo ammonta a novecentotrenta anni: e questi nella tristezza, nella fragilità, e in penose agitazioni. In tal modo, da quel giorno in poi, il corso della vita va diminuendo fino al termine dell’eòne. Allorché la Sofia Zoe vide che gli arconti delle tenebre avevano maledetto la sua co-immagine, ne fu sdegnata.

 Uscita dal primo cielo con tutte le forze, allontanò gli arconti fuori dai loro cieli e li scacciò giù nel mondo peccatore affinché quivi, sulla terra, diventassero come i demoni maligni.

 Fenice, due tori, coccodrillo

 Lei mandò un uccello affinché fossero nel loro mondo i mille anni del paradiso, un animale pieno di vita, detto la fenice. Esso muore e si ravviva quale testimonio del giudizio contro di essi, poiché agirono ingiustamente verso Adamo e la sua stirpe fino al termine dell’eòne. Fino al termine del mondo vi sono tre uomini con le loro stirpi: il pneumatico dell’eòne, lo psichico, e il terrestre. Allo stesso modo tre sono le fenici del paradiso: la prima è immortale; la seconda dura mille anni; della terza è scritto, nel Libro Sacro, che sarà consumata. Allo stesso modo, vi sono tre battesimi: il primo è pneumatico; il secondo è di fuoco; il terzo è di acqua. Come la fenice è un evidente testimonio contro gli angeli, così, in Egitto, i coccodrilli sono come testimoni di coloro che discendono per il battesimo di un vero uomo. I due tori, che si trovano in Egitto, hanno come mistero il sole e la luna, poiché sono i testimoni di Sabaoth, il quale è aldi sopra di essi, Sofia infatti ha ricevuto il mondo, dal giorno in cui essa ha creato il sole e la luna, e ha posto il sigillo sul suo cielo fino al (termine di questo) eòne. Ma il verme generato dalla fenice è anche un uomo; a suo riguardo sta scritto: «Il giusto crescerà come una fenice»; ora la fenice prima appare viva, poi muore, e risorge nuovamente, essendo essa un segno per colui che si manifesterà al termine dell’eòne. Questi grandi segni apparvero soltanto in Egitto. Nessun’altra regione è contrassegnata così da assomigliare al paradiso di Dio.


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