Atti di Tommaso
I Primo atto dell'apostolo Giuda Tomaso: Egli lo
vende al commerciante Habban affinché discenda e vada a convertire l'India
[1] In un momento in cui tutti gli apostoli (Simone Cefa e
Andrea, Giacomo e Giovanni, Filippo e Bartolomeo, Tomaso e Matteo il Cananeo,
Giuda figlio di Giacomo) si trovavano a Gerusalemme, si divisero i vari paesi
tra di loro affinché ognuno predicasse nella regione che gli sarebbe toccata e
nel luogo al quale il Signore l'avrebbe inviato. Sia nella sorte che nella
divisione, l'India toccò all'apostolo Giuda Tomaso. Ma egli non aveva voglia di
andare, dicendo "Non ho forza sufficiente; sono debole. Inoltre io sono
Ebreo e come posso istruire gli Indiani?". Mentre Giuda ragionava così, di
notte, gli apparve in visione nostro Signore e gli disse: "Non temere,
Tomaso! E' con te la mia grazia". Ma egli non ne fu per nulla persuaso e
replicò: "Mandami dove vuoi tu, Signore nostro! E' solo in India ch'io non
voglio andare".
[2] Giuda ragionava così allorché un mercante indiano di
nome Habban, dall'India capitò nella regione meridionale. Lo aveva mandato il
re Gudnafar affinché gli portasse un abile costruttore. Nostro Signore lo vide
camminare per la strada e gli domandò: "Vuoi tu acquistare un
costruttore?". Quello gli rispose: "Sì". Nostro Signore gli
disse: "Ho uno schiavo che è costruttore. Te lo vendo!". Gli mostrò
Tommaso, che si trovava alquanto distante, si accordò con lui sul prezzo di
venti pezzi d'argento e scrisse l'atto di vendita, così: "Io, Gesù, figlio
del falegname Giuseppe, del paese di Betlemme, in Giudea, certifico di aver
venduto il mio schiavo Giuda Tomaso a Habban, commerciante del re
Gudnafar". Terminato l'atto di vendita, Gesù prese Giuda e lo condusse al
commerciante Habban. Appena lo vide, Habban gli domandò: "Costui è il tuo
padrone?". Giuda gli rispose: "Sì, è il mio padrone". Allora il
commerciante Habban gli disse: "Egli ti ha venduto a me
completamente". Giuda se ne restò zitto.
[3] Il mattino seguente, s'alzò, pregò, si rivolse al suo
Signore e gli disse: "Su, Signore nostro, sia come tu vuoi! Sia fatta la
tua volontà"; se ne andò dal commerciante Habban senza prendere con sé
null'altro all'infuori del suo prezzo: il Signore, infatti, glielo aveva dato.
L'apostolo e il commerciante. Giuda se ne andò. Trovò il commerciante Habban
mentre stava caricando la sua merce su di una nave e prese ad aiutarlo a
caricare la merce. Quando salirono sulla nave e si sedettero, il commerciante
Habban domandò a Giuda: "Qual è il tuo mestiere, che arte eserciti?".
Giuda gli rispose: "Il mestiere di falegname e il mestiere di
muratore". Il commerciante Habban gli domandò ancora: "Che cosa sai
fare con il legno e che cosa sai fare con la pietra levigata?". Giuda ggli
rispose: "Con il legno ho imparato a fare aratri, gioghi, pungoli, remi
per barconi e alberi per navi; con la pietra, pietre tombali, monumenti, templi
e palazzi per re". Il commerciante Habban gli disse: "E io ero
proprio alla ricerca di un artigiano del genere!". Il vento era
favorevole, ed essi presero a navigare; la navigazione procedette tranquilla
fino a quando giunsero alla città di Sandaruk.
[4] Discesi a terra, si dirigevano in città allorché udirono
il suono di zampogne, di organi ad acqua e di molti canti. Giuda domandò:
"Qual è il motivo di questa allegria in città?". Gli risposero:
"Gli dèi hanno condotto anche te in questa città affinché tu sia allegro!
Il re, infatti, ha una sola figlia e la sta dando in sposa a un uomo; è
l'allegria della festa nuziale. Il re ha inviato araldi a proclamare l'evento,
affinché tutti vengano alla festa, ricchi e poveri, schiavi e liberi, stranieri
e cittadini. Chiunque non viene alla festa è sotto la minaccia dell'ira del
re". Il commerciante Habban disse a Giuda: "Andiamo anche noi,
affinché non si parli male di noi, soprattutto che siamo stranieri!". Dopo
aver preso alloggio in un albergo ed essersi riposati alquanto, andarono alla
festa. Giuda si assise in mezzo agli altri, e tutti lo osservavano come uno
straniero giunto da un'altra località. Il commerciante Habban, suo padrone, si
era assiso in un altro luogo.
[5] Mentre essi mangiavano e bevevano, Giuda non assaggiava
assolutamente nulla. Quelli che gli stavano vicino gli domandavano:
"Perché sei venuto qui se poi non mangi e non bevi?". Giuda rispose:
"Sono venuto qui per qualcosa di meglio che mangiare e bere, cioè per
accontentare il re e compiere la sua volontà, e perché gli araldi proclamavano
che colui che udiva e non veniva sarebbe stato punito". Allorché essi
terminarono di mangiare e di bere, furono portati l'olio e la frutta secca; ed
essi si servirono. Alcuni si unsero la faccia, altri la barba ed altri altre
parti. Giuda, lodando Dio, si segnò la fronte, inumidì, con un poco d'olio, le
sue narici, ne pose un po' sulle orecchie e si fece il segno sul cuore; intanto
fu posta sul suo capo una ghirlanda di mirto ed egli prese in mano un ramo di
canna. La suonatrice di flauto, che si trovava in mezzo alla compagnia, stava
girando da tutti e, giunta da Giuda, si arrestò a suonare su di lui. La
suonatrice di flauto era ebrea.
[6] Mentre lei seguitava a restare a lungo presso di lui,
Giuda non sollevò mai il suo sguardo, ma lo tenne sempre fisso a terra. Allora
giunse un coppiere, alzò la mano e lo colpì con uno schiaffo. Giuda lo guardò e
gli disse: "Il mio Dio ti perdonerà quest'atto nel mondo futuro, ma in
questo mondo egli mostrerà le sue opere meravigliose sulla mano che mi ha
colpito: la vedrò presto dilaniata da un cane!".
Giuda prese poi a cantare questo canto:
La mia Chiesa è figlia della luce, è suo lo splendore dei
re.
Grazioso e piacevole è il suo sguardo, elegante e adorno
d'ogni cosa buona.
I suoi abiti sono come i fiori, dal fragrante e gradevole
profumo.
Sul suo capo dimora il re, che ciba quanti dimorano sotto di
lui.
Sul di lei capo è posta la verità, dai suoi piedi traspare
la gioia.
Aperta è la sua bocca e grazioso il modo con cui recita ogni
canto di lode.
I dodici apostoli del Figlio, e i settantadue risuonano in
lei.
La sua lingua è la tendina, che il sacerdote alza per
entrare.
Il suo collo è una lunga rampa di gradini edificato dal
primo demiurgo.
Tutte e due le sue mani proclamano il luogo della vita, e le
dieci dita hanno aperto la porta del cielo.
Splendente è la sua camera nuziale, e piena di dolci effluvi
di salvezza.
Al suo centro è pronto un incensiere, amore, fede e speranza
allietano ogni cosa, dentro c'è la verità in umiltà: la verità adorna le sue
porte.
[7] E' circondata dai
suoi paraninfi, tutti invitati da lei, le sue damigelle pure la precedono,
cantando lodi. I vivi sono in attesa di lei, rivolti verso lo sposo che verrà,
splenderanno della sua gloria, saranno con lui nel regno, che non tramonterà
mai; saranno nella gloria, che assembrerà tutti i giusti, saranno nella gioia
riservata ad alcuni; indosseranno ornamenti splendenti, saranno vestiti dalla
gloria del loro Signore. Loderanno il Padre vivo, del quale ricevettero la
maestosa luce: illuminati dallo splendore del loro Signore, dal quale ebbero un
cibo, che non lascia alcun rifiuto, bevettero dalla vite che acuisce la sete di
quanti ne bevono; glorificarono il Padre, Signore di tutto, il suo unigenito
figlio e lodarono lo Spirito, che è la di lui sapienza.
[8] Quando ebbe terminato questo canto, quelli che gli erano
vicini lo guardavano e videro che cambiava aspetto; non potevano però
comprendere quanto aveva detto, perché egli aveva parlato in ebraico, lingua
che essi non conoscevano. La suonatrice di flauto, essendo Ebrea, comprendeva
ogni cosa e lo guardava; ed anche quando lo lasciò per andare a suonare da
altri, non cessava di guardare a lui, amandolo come suo connazionale: ai suoi
occhi, egli era più bello di tutti i presenti. Terminato che ebbe di suonare,
la suonatrice di flauto si sedette davanti a lui e non distolse più i suoi
occhi da lui. Egli però non alzò mai gli occhi, né guardò alcuno, restando
sempre con lo sguardo fisso a terra fino a quando si levò e partì dalla sala
del banchetto. Nel mentre il coppiere era disceso alla fontana ad attingere
acqua, ma capitò là un leone che lo assalì e lo fece a pezzi; vennero poi i
cani a portarne via le membra ed un cane nero ne asportò la mano destra, che
egli aveva alzato contro Giuda, e la portò in mezzo alla sala del banchetto.
[9] A quella vista, tutti rimasero stupefatti e allorché si
domandarono a chi di loro mancasse, si scoprì che si trattava della mano del
coppiere che aveva colpito Giuda. Allora la suonatrice di flauto ruppe i suoi
flauti, andò ai piedi dell'apostolo, si sedette e disse: "Quest'uomo o è
Dio o un apostolo di Dio. Io, infatti, compresi quanto egli disse in ebraico al
coppiere e vidi che si avverò subito. Egli disse: "Vedrò presto un cane
dilaniare la mano che mi colpì!" e voi avete visto come quel cane la dilaniava".
Alcuni credettero alla suonatrice di flauto, e altri no. Quando il re udì
questo fatto, venne e disse a Giuda: "Vieni a pregare per mia figlia. E'
l'unica che ho e oggi la do in sposa". Egli non voleva andare con lui,
poiché il Signore nostro non gli si era ancora manifestato in quel luogo. Ma il
re lo portò con la forza alla camera nuziale.
[10] Allora cominciò a pregare così: "Signore nostro,
compagno dei suoi servi, guida e maestro di quanti credono in lui, rifugio e
riposo degli afflitti, speranza dei poveri, liberatore dei deboli, guaritore
delle anime inferme, datore della vita all'universo e salvatore di tutte le
creature, tu sai le cose che avverranno, tu le compi per mezzo di noi, tu sveli
i segreti nascosti, tu riveli le parole misteriose, tu sei colui che pianta
l'albero buono ed è per opera delle tue mani che avviene ogni azione. Tu sei
nascosto in tutte le tue opere e ti manifesti nelle loro azioni, Gesù, perfetto
Figlio e grazia perfetta, tu sei divenuto il Messia e ti sei rivestito
dell'umana natura. Tu sei la potenza, la sapienza, l'intelligenza e la volontà,
il riposo del Padre tuo, nel quale tu sei velato nella gloria e nel quale tu
sei manifestato nella tua attività creativa: voi siete uno solo con due nomi.
Tu ti sei manifestato come debole e quanti ti videro pensarono che tu fossi un
uomo bisognoso di aiuto, tu hai manifestato la gloria della tua divinità dando
prova di longanimità verso la nostra umanità, allorché abbattesti il malvagio
dalla sua potenza, chiamasti con la tua voce i morti e divennero vivi, e a
quelli che erano vivi e speravano in te facesti la promessa di una eredità nel
tuo regno. Tu fosti l'ambasciatore inviato dalle altezze supreme, perché hai
l'abilità di compiere la viva e perfetta volontà di colui che ti invia. Tu sei
glorioso, Signore, nella tua potenza; il tuo governo rinnovatore è in tutte le
creature, in tutte le opere preparate dalla tua divinità, e nessuno può
annullare il volere della tua maestà, né contrapporsi alla tua natura, al tuo
essere. Tu discendesti nello sheol, sei andato proprio fino in fondo, ne hai
aperto le porte, hai liberato i suoi prigionieri e, per opera della natura
della tua divinità, hai preparato la strada che conduce in alto. A te, Signore,
mi rivolgo in favore di questi giovani affinché tu faccia loro quanto sai che
sarà loro benefico". Pose poi le mani su di essi e disse: "Il Signore
nostro sia con voi!"; e, lasciatili, se ne andò via.
[11] All'ordine del
re, i paraninfi uscirono dalla camera nuziale; e quando tutti furono fuori e le
porte della camera nuziale chiuse, lo sposo sollevò il velo per addurre a sé la
sposa. Vide allora nostro Signore, nelle sembianze di Giuda, che se ne stava a
parlare con la sposa. Lo sposo gli domandò: "Oh! ma non sei tu uscito per
primo? Com'è che sei ancora qui?". Nostro Signore gli rispose: "Io
non sono Giuda, sono il fratello di Giuda". Nostro Signore si sedette poi
sul letto, fece sedere i giovani su delle sedie e prese a dire loro:
[12]
"Ricordatevi, figli miei, quello che vi disse mio fratello, conoscete
colui al quale egli vi ha affidato e sappiate che non appena vi asterrete da
questo sordido rapporto, diverrete templi puri, sarete preservati dalle
sollecitudini palesi e dalle invisibili, e da ogni fastidiosa cura di bambini
il cui fine non è che amara tristezza. Se avrete dei figli, per amor loro
diverrete ladri, avari, aguzzini di orfani e predoni di vedove e per il loro
agire malvagio sarete orribilmente torturati. Poiché la maggioranza dei
fanciulli sono causa di molti affanni: o li prende il re, o sono preda di un
demone o sono ghermiti dalla paralisi; e se godono buona salute, cadranno
malati o a causa di adulterio o di furto o di fornicazioone o di omicidio o di
vanagloria; e a causa di queste sciagure voi subirete per loro una tortura.
Lasciatevi convincere da me, mantenendovi puri per Dio e avrete dei fanciulli
vivi che non saranno lesi o toccati da alcuno di questi malanni, non avrete né
cure, né preoccupazioni, né tristezze e vivrete nella speranza della visione
della vera festa nuziale ove sarete tra coloro che lodano Dio e annoverati tra
coloro che entrano nella camera nuziale".
[13] I giovani furono
convinti da nostro Signore, si diedero a lui, si astennero dal sordido piacere
e passarono la notte ai loro posti. Nostro Signore se n'era partito, dicendo
loro: "Sia con voi la grazia del Signore vostro". Al mattino il re
fece imbandire una tavola molto presto, l'introdusse davanti allo sposo e alla
sposa e li trovò seduti l'uno di fronte all'altro: la faccia della sposa era
scoperta e lei se ne stava seduta, mentre lo sposo era pieno di gioia. La madre
della sposa le domandò: "Perché te ne stai seduta così senza alcuna
vergogna, quasi che fossi sposata da lungo tempo, da più giorni?". Ed il
padre di lei aggiunse: "E' a causa del tuo grande amore per tuo marito che
tu non ti veli nemmeno?".
[14] La sposa rispose: "In verità, madre mia, sono
innamorata e prego il mio Signore di poter continuare nell'amore che ho
sperimentato questa notte ed essere attratta dallo sposo incorruttibile che
questa notte mi si è rivelato; io non sono velata perché è stato allontanato da
me il velo della corruzione; non sento alcuna vergogna perché da me sono state
rimosse le opere della vergogna; non sono pentita perché dimora in me la
penitenza restauratrice della vita; sono piena di gioia e allegra perché in
questo giorno di gioia transitoria non mi sono lasciata prendere
dall'agitazione; ho disprezzato quest'opera di corruzione e l'allegria di un
banchetto nuziale passeggero perché sono stata invitata alla vera festa
nuziale; non ho avuto rapporto con un marito che finisce in amaro pentimento,
perché mi sono congiunta con il vero marito".
[15] E seguitava a dire molte altre cose di questo genere,
allorché lo sposo l'interruppe, dicendo: "Ti lodo, Dio nuovo, che per
opera di uno straniero sei venuto qui! Ti glorifico, Dio, che sei stato
predicato da un Ebreo, che mi hai liberato dall'infermità che dimorava in me
per sempre, che ti sei rivelato a noi e hai intuito il mio stato, che mi hai
salvato dal cadere e mi hai condotto a uno stato migliore, che mi hai
allontanato da queste cose transitorie e mi hai reso degno di quelle perenni, che
ti sei abbassato fino alla mia piccolezza per potermi condurre alla tua
grandezza, che non hai trattenuto da me che ero perduto, la tua grazia, bensì
mi hai insegnato a cercare me stesso e ad allontanare da me le cose che non
sono mie, che mi hai ricercato quando io ancora non ti conoscevo, che sei
venuto a me quando io ancora non ti scorgevo: ora che io lo scorgo, non sono
capace di parlare di ciò che non conosco, di lui non posso permettermi di dire
alcunché con audacia, giacché è a motivo del tuo amore ch'io sono audace".
[16] Allorché il re udì queste cose dallo sposo e dalla
sposa si stracciò le vesti e disse a coloro che erano con lui: "Andate
presto per tutta la città, ricercate e portatemi quel mago che io stesso, con
le mie mani, ho introdotto in casa mia domandandogli di pregare per la mia
infelice figlia. All'uomo che, trovatolo, me lo porterà darò tutto quello che
vuole". Quelli uscirono, girarono alla sua ricerca, ma non lo trovarono
perché era partito; andarono all'albergo ove egli si era intrattenuto,
trovarono la suonatrice di flauto che sedeva in lacrime, perché egli non
l'aveva presa con sé. Quando le dissero ciò che era avvenuto, lei se ne
rallegrò e disse: "Qui io ho trovato riposo!". E, alzatasi, andò dai
giovani e dimorò con essi per lungo tempo. Essi ammaestrarono anche il re e
riunirono un buon numero di fratelli fino a quando si ebbe notizia dell'apostolo
nel regno dell'India. Andarono poi da lui e rimasero con lui.
Qui termina il primo atto.
II Secondo atto:
Tommaso entra in India e costruisce in cielo un palazzo per il re
[17] Quando Giuda entrò nel regno dell'India con il mercante
Habban, questi andò a riverire Gudnafar, re dell'India e gli parlò
dell'artigiano che gli aveva condotto. Il re ne fu molto contento e ordinò che
Giuda fosse condotto alla sua presenza. Il re gli domandò: "Quale mestiere
sai esercitare?". Giuda rispose: "Sono falegname, servo di un
falegname e architetto". Gli domandò ancora: "Che cosa sai
fare?". Giuda gli rispose: "Con il legno so fare gioghi, aratri,
pungoli, remi per barche, barconi e alberi per navi; con la pietra levigata,
pietre tombali, monumenti e palazzi per re". Il re rispose a Giuda:
"Ho proprio bisogno di un artigiano così!"; e aggiunse: "Vuoi
costruirmi un palazzo?". Giuda gli rispose: "Lo costruirò e lo
rifinirò giacché sono venuto per lavorare di muratura e di falegnameria".
[18] Il re lo prese, andò fuori della porta della città,
parlando con lui della costruzione del palazzo e di come dovevano essere
gettate le fondamenta. Giunto al posto in cui il re desiderava che gli fosse
costruito il palazzo, disse a Giuda: "E' qui che desidero costruirmi un
palazzo". Giuda gli disse: "Bene, questo è un luogo adatto". Si
trattava di un prato e nei pressi c'era una quantità di acqua. Il re gli
ingiunse: "Incomincia a costruire qui". Giuda gli rispose: "Ora,
proprio in questo tempo, non posso costruire". Il re gli domandò: "In
che tempo potrai costruirlo?". Giuda gli rispose: "Lo inizierò nel
mese di tishri e lo finirò nel mese di nisan". Il re replicò: "Tutti
gli edifici sono costruiti in estate; e tu vuoi costruire in inverno".
Giuda gli rispose: "Solo così è possibile costruire il palazzo". Il
re concluse: "Bene, fanne un tracciato affinché lo possa vedere, giacché
io ritornerò qui dopo una lunga assenza". Giuda prese una canna e cominciò
a misurare: dispose le porte verso oriente, per la luce; le finestre verso
occidente, per l'aria; le cucine a meridione e i canali d'acqua per il servizio
a settentrione. Il re gli disse: "Tu sei veramente un buon artigiano,
degno di servire un re". Gli lasciò una grande somma di denaro e se ne
andò.
[19] Di tempo in tempo gli mandava argento e oro, ma Giuda
se ne andava per villaggi e città sovvenendo ai poveri, sollevando gli
afflitti, dicendo: "Ciò che è del re sarà dato al re, e molti avranno
riposo". Dopo molto tempo, il re mandò a Giuda dei messaggeri, con questo
messaggio: "Mandami a dire quello che hai fatto e fammi sapere che cosa ti
devo inviare". Giuda gli rispose: "Il palazzo è costruito, manca,
però, il soffitto". Il re allora gli inviò argento e oro, mandandogli a
dire: "Metti il soffitto al palazzo!". L'apostolo glorificava nostro
Signore dicendo: "Il Signore vostro vi dia riposo! Solo a lui appartiene
la gloria! Egli è, infatti, il nutritore degli orfani, il sostenitore delle
vedove, l'aiuto di tutti gli afflitti".
[20] Giudizio sul palazzo. Allorché il re giunse in città
interrogava ognuno dei suoi amici a proposito del palazzo costruitogli da
Giuda, ma essi rispondevano: "Non ha costruito alcun palazzo, né ha
compiuto alcun'altra cosa, bensì è andato in giro per città e villaggi
sovvenendo ai poveri e ammaestrandoli sul nuovo Dio, curando anche gli infermi,
scacciando i demoni e facendo molte altre cose: pensiamo che si tratti di un
mago. Tuttavia la sua misericordia e le guarigioni che compie senza chiedere
ricompensa, il suo ascetismo e la sua modestia ci inducono a pensare che sia
piuttosto o un saggio o un apostolo del vero Dio. Egli, infatti, digiuna molto
e prega molto, mangia pane e sale, beve acqua, porta un solo vestito, per se
stesso non prende nulla da alcuno e dà agli altri tutto quello che ha".
Udito ciò, il re si colpì il volto con le sue mani e scosse a lungo la testa
[21] Mandò poi a chiamare Giuda e il commerciante che glielo
aveva portato, e domandò: "Mi hai costruito il palazzo?". Giuda
rispose: "Sì, il palazzo te l'ho costruito!". Il re gli domandò:
"Quando possiamo andare a vederlo?". Giuda rispose: "Tu non lo
puoi vedere ora, ma solo quando sarai partito da questo mondo". Allora,
l'ira del re lo rese furioso e ordinò che sia Tomaso sia il commerciante che
glielo aveva portato fossero legati e condotti in prigione fino a quando
avrebbe potuto interrogarlo per sapere a chi erano stati dati i suoi denari e
metterlo poi a morte. Ma Giuda se ne andò contento e disse al commerciante:
"Non temere! Credi soltanto e sarai liberato da questo mondo e riceverai
la vita perenne nel mondo che ha da venire". Dopo aver riflettuto sul
genere di morte da infliggere a Giuda e al commerciante, prese la risoluzione
che fosse bruciato dopo essere stato prima scorticato con il commerciante suo
compagno. In quella stessa notte, il fratello del re, di nome Gad, a causa
dell'angoscia e dell'inganno ai quali il re era stato sottoposto, mandò a
chiamare il re e gli disse: "Fratello mio, ti affido la mia casa e i miei
figli perché io sono afflitto e sto morendo a causa dell'inganno al quale sei
stato sottoposto. Se tu non punisci quel mago, non darai pace all'anima mia
nello sheol!". Il re gli rispose: "Ho meditato tutta la notte come
ucciderlo e ho deciso di bruciarlo nel fuoco dopo averlo prima fatto
scorticare". Allora il fratello del re disse: "Se c'è ancora qualcosa
di peggiore di questo, fallo! Io intanto ti affido la mia casa e i miei
figli".
[22] Mentre diceva queste cose, la sua anima lo abbandonò;
il re rimase rattristato per il fratello, che amava molto, e ordinò che fosse
sepolto in una splendida tomba. Ma allorché l'anima di Gad, fratello del re, lo
abbandonò, fu presa dagli angeli e portata in cielo, le mostrarono
successivamente i vari posti, domandandogli in quale di essi desiderava essere.
Giunti al palazzo edificato da Giuda per il re, suo fratello, appena lo vide,
disse agli angeli: "Miei signori, vi chiedo di abitare in una delle camere
inferiori di questo palazzo". Gli angeli gli risposero: "Non ti è
permesso abitare in questo palazzo!". Egli domandò loro:
"Perché?". Gli risposero: "Questo palazzo è quello costruito dal
cristiano per tuo fratello". Disse e loro: "Lasciatemi vi prego,
signori, affinché possa andare da mio fratello a comprare da lui questo
palazzo. Non avendolo visto, egli me lo venderà".
[23] Allora gli angeli lasciarono andare l'anima di Gad;
mentre veniva vestito, l'anima rientrò in lui ed egli disse ai presenti:
"Chiamatemi mio fratello perché ho da fargli una domanda". Fu portata
al re la notizia: "Tuo fratello è ritornato in vita!". Il re s'alzò
dal suo posto e andò, con molta gente, nella casa di suo fratello, e quando fu
a fianco al letto del fratello era così attonito che non gli riusciva di
articolare parola. Il fratello gli disse: "So, fratello, che se qualcuno
ti avesse chiesto la metà del tuo regno, tu me l'avresti data. Ora ti chiedo di
volermi vendere ciò a cui tu hai faticato". Il re gli domandò: "Dimmi
che cosa ti debbo vendere". Gli rispose: "Assicurami con
giuramento!". Dopo che il re l'assicurò con giuramento che gli avrebbe
dato qualsiasi cosa avesse chiesto, egli disse: "Vendimi il palazzo che tu
hai in cielo". Il re domandò: "E chi mi ha dato un palazzo in
cielo?". Il fratello gli rispose: "E' quello che il cristiano ha
costruito per te".
[24] Il re gli rispose: "Questo non te lo posso
vendere! Bensì io prego e supplico Dio di potervi entrare, di riceverlo e di
essere reputato degno di dimorare tra i suoi abitanti. Quanto a te, se
veramente desideri comprarti un palazzo, questo architetto te ne può costruire
un altro migliore del mio". Mandò a chiamare Giuda, e il commerciante che
era stato imprigionato con lui, e gli disse: "Come un uomo che supplica un
ministro di Dio, io ti supplico di pregare per me e supplicare in mio favore il
Dio che tu veneri affinché mi perdoni quanto ti ho fatto, mi renda degno di
entrare nel palazzo che tu hai costruito per me e io possa diventare un fedele
del Dio che tu predichi". Si presentò pure suo fratello, si prostrò ai
piedi dell'apostolo e gli disse: "Anch'io ti supplico di intercedere per
me davanti al tuo Dio affinché io divenga degno di essere annoverato tra i suoi
fedeli e di ricevere ciò che egli mi ha mostrato per opera degli angeli".
[25] Il re e suo fratello. Giuda disse: "Ti lodo,
Signore nostro Gesù Cristo unico Dio della verità all'infuori del quale non ve
n'è altro! Tu conosci tutto ciò che l'uomo ignora, tu la cui misericordia
sovrasta l'uomo da te voluto e creato (che non dimentichi, sebbene ti abbia
dimenticato), accogli il re e suo fratello, uniscili al tuo gregge, ungili,
purificali dalle impurità, custodiscili dai lupi, falli pascolare sui tuoi
prati e falli bere alla tua fonte la cui acqua non è mai torbida e il cui
flusso non viene mai meno. Ecco che essi ti supplicano e scongiurano, con il
desiderio di diventare tuoi servi, di essere perseguitati dal tuo nemico e di
essere odiati per amor tuo. Concedi che, in te, essi siano coraggiosi, siano
rafforzati con i tuoi gloriosi misteri e partecipino ai doni dei tuoi
doni".
[26] Essi manifestando la loro gioia con inni sacri,
aderirono all'apostolo e non si staccavano da lui; ogni bisognoso era aiutato e
sollevato, e chiesero di poter ricevere il segno, dicendogli: "Le nostre
anime sono rivolte a Dio per ricevere il sigillo, giacché abbiamo udito che
tutte le pecore del Dio che tu predichi gli sono note per mezzo del
sigillo". Giuda rispose: "Anch'io mi rallegro e vi chiedo di prendere
parte all'Eucaristia e alla benedizione del Cristo che io predico". Il re
ordinò che per sette giorni il bagno restasse chiuso e che nessuno vi andasse a
prendere il bagno. Terminati i sette giorni, nell'ottavo giorno i tre entrarono
di notte nel bagno affinché Giuda li potesse battezzare. Nel bagno erano state
accese molte lampade.
[27] Quando entrarono nella sala del bagno, Giuda si
presentò davanti a loro e il Signore apparve, e disse: "La pace sia con
voi, fratelli!". Essi udirono soltanto la voce, ma non videro alcuna
figura giacché non erano ancora stati battezzati. Giuda si recò sul margine
della vasca e versò dell'olio sulla loro testa, dicendo: "Vieni, santo
nome di Cristo, Vieni, potenza della grazia che dimori in alto. Vieni, grazia
perfetta; vieni, dono sublime. Vieni, comunicatrice di benedizione. Vieni,
rivelatrice dei misteri nascosti. Vieni, madre delle sette case, il cui riposo
è nell'ottava casa. Vieni, messaggera di riconciliazione e mettiti in comunione
con le menti di questi giovani. Vieni, Spirito di santità, e purifica loro i
reni e il cuore". E li battezzò nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito santo di santità. Quando salirono dall'acqua apparve loro un giovane
che reggeva una candela accesa, al cui fulgore impallidì la luce delle lampade,
e divenne invisibile a loro non appena usciti. L'apostolo disse: "Non
potevamo sopportarne il fulgore esssendo troppo forte per i nostri occhi".
Al crepuscolo, nel fare del giorno, egli spezzò l'Eucaristia e li rese
partecipi della mensa di Cristo, con loro gioia e letizia. Allorché si
aggiunsero loro molti altri venuti a cercare il rifugio di Cristo, Giuda non
desistette dalla predicazione e diceva loro:
[28] "Uomini, donne, bambini, giovani e fanciulle
astenetevi dalla fornicazione, dall'avarizia e dal servizio dei demoni, poiché
sotto questi tre capi si riassume ogni iniquità. La fornicazione acceca
l'intelletto, e ottenebra gli occhi dell'anima, confonde i passi del corpo,
cambia la sua complessione e lo debilita. L'avarizia agita l'anima in mezzo al
corpo, sicché prende quanto non le appartiene e teme la vergogna allorché
restituisce le cose ai loro proprietari. Il servizio del ventre pone l'anima
nell'affanno e nella tristezza per il timore di cadere nell'indigenza, avida di
cose che sono lungi da lei. Ma se ne sarete liberati, diverrete senza affanno e
senza dolore e vi si applicherà il detto: "Non preoccupatevi per il
domani, giacché il domani avrà la sua preoccupazione". Ricordate l'altra
espressione scritta per voi: "Guardate i corvi e osservate gli uccelli del
cielo che non seminano, non mietono e non raccolgono in granai, e tuttavia Dio
li ciba; tanto più egli avrà cura di voi, di voi che avete poca fede".
Aspettate l'arrivo di Gesù, sperate in lui, credete nel suo nome, poiché egli è
il giudice dei vivi e dei morti, e al suo arrivo ricompenserà ognuno secondo le
sue opere. Nessuno avrà la scusa per poter dire: "Io non lo sapevo".
I suoi messaggeri, in tutte e quattro le parti del mondo, annunziano:
Pentitevi, credete alla nuova predicazione e accogliete il soave giogo e il
peso leggero per vivere e non morire. Acquistate queste cose per non perire.
Uscite dalle tenebre e vi accoglierà la luce, venite verso il bene e accogliete
la grazia per voi, e imprimete la croce nelle vostre anime".
[29] Dopo che l'apostolo ebbe proferito queste parole,
alcuni di essi gli dissero: "Per il creditore è tempo d'essere
pagato". Egli rispose loro: "Il creditore cerca sempre d'avere di
più, ma diamogli quanto gli è dovuto". Recitò una benedizione sul pane e
sulle olive, e li distribuì a loro; ne mangiò anch'egli, perché albeggiava la
domenica. Nella notte, mentre l'apostolo era addormentato, venne nostro
Signore, si pose alla sua testa e gli disse: "Tomaso, alzati e, dopo la
liturgia, parti e va lungo la strada orientale per circa tre chilometri, e io
ti mostrerò la mia gloria. A motivo, infatti di quanto tu ti accingi a fare,
molti verranno al mio rifugio e vivranno, e tu riproverai il potere e la natura
del nemico". Svegliatosi dal sonno, disse ai fratelli che gli erano
vicini: "Miei figli, il Signore oggi compirà quello che vuole. Preghiaamolo
e supplichiamolo affinché da parte nostra non gli si frapponga alcun
impedimento, bensì, come sempre quando egli vuole mostrare la sua potenza, così
anche ora sia fatta la sua volontà". Dopo aver parlato così, pose la sua
mano su di loro spezzò l'Eucaristia e ne diede a tutti, dicendo: "Che
questa Eucaristia sia per voi grazia e misericordia, non giudizio e
vendetta". Essi risposero: "Amen!".
Qui termina il secondo atto.
III Terzo atto di Giuda: il serpente nero
[30] L'apostolo uscì per andare dove il Signore gli aveva
ordinato. Dopo aver camminato circa tre chilometri, si scostò un poco dalla
strada, vide che per terra giaceva il cadavere di un giovane di bell'aspetto ed
esclamò: "Mi hai dunque condotto qui, nostro Signore, per questa prova?
Sia come tu vuoi!". E prese a pregare, dicendo: "Signore nostro,
Signore dei morti e dei vivi, dei vivi che stanno in piedi e dei morti che
giacciono, Signore, Signore delle anime dimoranti nei corpi, e Padre di tutte
le anime che sono uscite dai corpi, vieni, Signore, in questo momento, per
amore di quella polvere formata dalle tue sacre mani, dal cielo guarda giù a me
che ti invoco e mostra la tua gloria in quest'uomo che giace qui". E
proseguì: "Questo fatto non ebbe luogo senza l'istigazione del nemico, che
compie queste cose. Ma questo nemico che compie tali cose non avrebbe osato
agire così con uno che gli era estraneo, ma solo con uno che gli era
soggetto".
[31] Quando egli terminò di pronunciare queste parole, da
una fessura venne fuori un serpente nero, che scuotendo fortemente la testa e
battendo al suolo la coda, disse ad alta voce all'apostolo: "Ti narrerò
per quale motivo io ho ucciso questo giovane. In questo paese, qui sopra
davanti a te, c'era una bella donna: mi passò vicino, io la vidi, ne rimasi
innamorato, le andai dietro e vidi questo giovane che la stava baciando; costui
dormì anche con lei e fece con lei altre cose sconvenienti; benché sarebbe
facile per me, a te non oso manifestarle, sapendo che l'abisso di Cristo
distruggerà la nostra natura. Per non spaventare lei, io non l'uccisi in quel
momento, ma lo tenni d'occhio e quando, alla sera, mi passò vicino, lo colpii e
l'uccisi, soprattutto perché aveva osato compiere una tale azione di
domenica". Giuda gli domandò: "Di quale stirpe sei tu?".
[32] Il serpente rispose: "Io sono un rettile figlio di
un rettile, danneggiatore figlio di un danneggiatore. Sono figlio di colui al
quale è stato dato il potere su tutte le creature, che egli tormenta. Sono
figlio di colui che, per coloro che gli obbediscono, si fece simile a Dio
affinché compiano la sua volontà. Sono il figlio di colui che governa ogni cosa
creata sotto i cieli. Sono il figlio di colui che è al di là dell'oceano, e la
cui bocca è chiusa. Sono parente di colui che parlò con Eva e, per mezzo di
lei, fece sì che Adamo trasgredisse il comando di Dio. Sono colui che incitò
Caino ad assassinare suo fratello. Per causa mia, la terra fu maledetta e su di
essa crebbero spine: ed è per questo ch'io fui creato. Sono colui che osò
buttare giù i giusti dalla loro altezza e li corruppe con la brama delle donne;
generarono uomini corpulenti nei quali io compii la mia volontà. Sono colui che
irrigidì il cuore del Faraone affinché uccidesse i figli di Israele
assoggettandoli a dura bassa schiavitù. Sono colui che traviò il popolo nel
deserto, allorché li persuasi a modellarsi un vitello. Sono colui che eccitò
Caifa ed Erode con calunnie contro il Giudice giusto. Sono colui che, dopo
avermelo assoggettato, indussi Giuda a ricevere il prezzo per consegnare Cristo
alla morte. Sono colui al quale fu dato il potere su questo mondo, e il figlio
di Maria mi afferrò con la forza e mi strappò ciò che era suo. Sono parente di
colui che verrà dall'oriente, e al quale è stata data la potenza".
[33] Il serpente disse queste cose perché Giuda aveva
domandato al Signore che gli desse la parola e che fosse costretto a parlare
della sua natura. Una moltitudine udiva tutte queste cose e quando ebbe finito
di parlare, nel vedere e nell'udire tutte queste meraviglie, tutti i presenti
furono pieni di timore e di fede, e presero a gridare forte e all'unisono:
"Uno è il Dio, quello di quest'uomo che ci ha istruito sul suo Dio, la cui
parola ha ordinato a questa terribile bestia di manifestare la sua natura".
Allora essi presero a supplicarlo affinché come con la sua parola gli aveva
ordinato di parlare come un uomo così con la sua parola volesse ucciderlo.
Giuda, fatto loro un cenno con la mano, alzò la sua voce e disse: "Tu sei
audace, ma la tua natura è ormai svelata e tu sarai ucciso. La tua impudenza
non doveva giungere a tanto da portarti a narrare le cose compiute da quelli
che ti erano soggetti: tu non hai temuto che giungesse la tua fine. In nome di
nostro Signore Gesù che fino adesso ha combattuto contro la tua natura fino in
fondo per gli esseri umani che sono suoi, io o ti ordino di succhiare il veleno
che tu hai sprizzato contro questo giovane. Il mio Dio, infatti, mi ha mandato
a ucciderti e a risuscitare lui davanti a questa moltitudine affinché possano
tutti credere in lui: egli è il vero Dio e non ce n'è alcun altro". Il
serpente rispose: "Come tu hai detto, non è ancora giunto il momento della
nostra distruzione. Perché, dunque, mi vuoi obbligare a riprendere quanto ho
inoculato in questo giovane? Giacché anche quando mio padre succhierà e
riprenderà quanto ha inoculato nel creato, sarà la sua distruzione".
L'apostolo gli comandò: "Manifesta, allora, la natura del padre". Il
serpente si accostò, pose la sua bocca sulla ferita del giovane e prese a
succhiarne il veleno; poco alla volta, a mano a mano che il veleno era espulso,
il giovane, che aveva il colore della porpora, acquistava un colorito bianco
mentre il serpente si gonfiava. Allorché ebbe finito di estrarre tutto il
veleno dal giovane, saltò su e corse ai piedi dell'apostolo, si prostrò e lo
riverì. Poi, in conformità alla parola di Giuda, il serpente scoppiò, e là nel
luogo ove cadde il veleno del serpente si fece una grande voragine. Giuda
ordinò al re e a suo fratello di riempire la voragine e gettarvi le fondamenta
per edificare delle case per l'alloggio di stranieri.
[34] Il giovane e Tomaso. Il giovane glorificava Dio in
grazia del quale aveva riacquistato la vita ed era stato liberato da tutte le
sue azioni precedenti per opera dell'apostolo Giuda; sentendo il rimorso della
sua coscienza, supplicò pure l'apostolo perché l'aiutasse nella preghiera al
Signore. Disse: "Gloria a te, Dio misericordioso, grande e glorioso, che
hai fatto e organizzato tutte le cose create. A tutte le creature che hai
creato, tu hai posto un limite e una misura, e hai determinato i cambiamenti
stagionali che giovano al benessere delle loro nature. Tu sei colui che ha
fatto l'uomo, conforme al volere della tua divinità, l'hai plasmato con le ttue
mani affinché dominasse sugli altri; per lui tu hai creato un'altra creatura
perché lotti contro di essa in forza della libera volontà di cui tu l'hai
dotato. Ma la libera natura dell'uomo si sviò, ed egli divenne suddito della
sua compagna la quale si trasformò in suo nemico, essendosi accorto che egli
aveva dimenticato la sua libera volontà. Il nemico si rallegrò di avere trovato
il modo di infiltrarsi nel suo compagno, e ritenne di essere diventato il
padrone di tutti gli schiavi. Ma tu, misericordioso, per mezzo della tua
grazia, hai versato su di noi la tua bontà, mandando al genere umano la tua
Parola, l'ordinatrice di tutte le cose create, in virtù del tuo glorioso
Figlio. Con la libertà che tu gli hai dato, aiutato dalla tua bontà, egli venne
e ci trovò in quelle opere che il genere umano compie fin dal suo primo giorno.
Tu non hai tenuto conto dei nostri peccati, bensì mi hai portato alla vita per
mezzo della tua bontà, mi hai mostrato la mia trascuratezza e hai infuso in me
l'amore celeste; hai aperto la mia bocca, che era chiusa, affinché io parlassi
di chi mi aveva assoggettato e dell'abbondanza della tua grazia, che non
s'adira contro di me per quanto sto dicendo su di lei: è del suo amore, ch'io
parlo". Giuda gli tese la mano, lo rialzò, l'abbracciò e gli disse:
"La grazia del Signore sia con te e con tutti quelli che credono in
lui". Il giovane proseguì: "Gloria a te, Dio, che non hai risparmiato
il tuo amore verso di me, che ero perduto, e mi hai mostrato come ricercare la
mia anima, e a tuo proposito mi ha fatto sapere che tu sei il suo apostolo; a
te ha detto: "Per mezzo tuo ho da mostrare tante cose e tu hai da compiere
molte opere in grazia di me per le quali riceverai giusta ricompensa; tu dovrai
la vita a molti i quali andranno in alto, nella luce dei figli di Dio. Dunque,
dai vita a questo giovane, abbattuto dal nemico giacché tu contempli sempre il
tuo Signore". Sì, mio signore, apostolo di Dio, tu hai fatto bene a venire
qui: tu hai tratto molti a lui ed egli non ti abbandonerà. Io non ho né affanno
né pena perché, per opera tua, la sua grazia è discesa su di me e perché il suo
dono è effuso abbondantemente sulla mia debolezza. Sono stato liberato da
affanni malvagi e da opere di perdizione, sono sfuggito a colui che mi spronava
e incitava a compiere quelle azioni che tu trovasti in me; tu hai compreso
colui che mi suggeriva il contrario, e io ho distrutto colui che per mezzo
dell'oscurità, sua parente, mi fece incespicare a causa delle sue opere. Ho
trovato la luce, il Signore del giorno, ch'io ancora non avevo visto: ora l'ho
visto. Ho distrutto colui che oscurava e ottenebrava tutti quanti lo seguivano
e gli obbedivano, tanto da non vedere quello che stavano facendo, da non
vergognarsi delle loro azioni di modo che desistano e pongano fine al loro
agire. Ho trovato colui il cui agire fa sì che non si pentano mai coloro che
compiono la sua volontà. Mi sono liberato da colui che è sostenuto dalla frode,
preceduto da un velo e seguito dalla vergogna, da colui che è audace e
impudente. Ho trovato colui che elimina i cattivi, il Signore della pace, colui
che conferma nella verità, colui che allontana il nemico da coloro che si sono
pentiti e tornati a lui, colui che guarisce i dolori e distrugge chi li
sconvolge. Ti supplico, apostolo di Dio, semina in me la tua parola di vita di
modo ch'io possa nuovamente udire la voce di colui che mi affidò a te e ti
disse: "Questo è uno di coloro che per mezzo tuo vivranno. D'ora in poi
egli resterà con te"".
[35] Giuda gli rispose: "Se tu sarai liberato da queste
cose che hai imparato, come hai detto, dall'artefice del male, e ascolterai
colui che nel fervore del tuo amore tu stai ora cercando, tu lo vedrai e sarai
per sempre con lui, riposerai con lui nella sua grazia e sarai con lui nella
sua gioia. Ma se tu sarai negligente verso di lui, se ritornerai alle tue prime
azioni e disprezzerai colui che ora desideri ardentemente a motivo della sua
bellezza e dello splendore del suo volto, non solo tu sarai privato di questa
vita che hai visto, ma perderai anche quella alla quale tu aneli".
[36] Giuda andò poi in città, prese la mano del giovane e
gli disse: "Le cose che tu hai visto sono soltanto una parte delle molte
che Dio ha in suo potere. Egli non ci ha mandato promesse riguardanti queste
cose visibili, bensì ci ha promesso cose migliori. Fino a quando siamo in
questo mondo non siamo capaci di parlare di ciò che riceveranno quelli che
credono in Dio. E, infatti, se diciamo che egli ci dà la luce, menzioniamo
qualcosa che abbiamo visto; se diciamo che ci dà le ricchezze, menzioniamo
qualcosa che è in questo mondo; se parliamo di abiti lussuosi, menzioniamo
qualcosa che è indossato dai nobili; se parliamo di cibi raffinati, menzioniamo
qualcosa dal quale siamo stati posti in guardia; se parliamo di questo
temporaneo riposo, sappiamo che per esso è fissata una sanzione. Noi dunque
parliamo di Dio e di nostro Signore Gesù, degli angeli e degli spiriti custodi,
dei santi e del mondo nuovo, del cibo incorruttibile, dell'albero della vita e
della bevanda della vita; di ciò che occhio non vide, orecchio non udì né mai
entrò nel cuore dell'uomo, di ciò che Dio ha preparato da lungo tempo per
coloro che lo amano. Parliamo di questo e predichiamo questo. Perciò credi in
lui, figlio mio, affinché tu possa vivere, affidati a lui affinché tu non
muoia. Egli, infatti, né accoglie doni qualora tu glieli offrissi, né si
compiace di sacrifici qualora tu glieli presentassi. Volgiti a lui, ed egli non
ti trascurerà, ritorna a lui, ed egli non ti abbandonerà: la sua bellezza ti
spronerà ad amarlo ed egli non permetterà che tu te ne vada lungi da lui".
[37] L'apostolo e la moltitudine. Mentre Giuda diceva al
giovane queste cose, si aggiunse a loro una moltitudine L'apostolo sollevò gli
occhi e vide che per poterlo vedere si alzavano l'uno sull'altro e andavano su
luoghi elevati; rivolto a loro, l'apostolo disse: "Uomini che siete venuti
all'assemblea di Cristo, uomini che desiderate credere in Gesù, prendete
l'esempio che vi deriva da questa scena: se non vi sollevate in alto, non
potete vedere me che sono piccolo. Incapaci di vedere me, che sono come voi,
come potrete essere capaci di vedere colui che è in alto e si trova nelle
profondità se non vi sollevate al di sopra delle vostre opere precedenti, al di
sopra delle vostre azioni che non giovano, dei piaceri inopportuni, della
ricchezza corruttibile che resta quaggiù, al di sopra dei beni e dei
possedimenti che periscono sulla terra, al di sopra delle vesti che si
consumano, della bellezza che invecchia e si sfigura, al di sopra del corpo nel
quale tutte queste cose si sintetizzano e che le sostiene tutte, ma poi diventa
polvere? Credete, invece, nel Signore nostro Gesù Cristo, che noi predichiamo,
affinché la vostra speranza riposi in lui, in lui possiate vivere per sempre,
affinché egli diventi la vostra guida in questa terra di errore, affinché in questo
mare in burrasca egli sia per voi un porto, affinché nella regione della sete,
sia per voi una fonte di acqua viva, affinché nel luogo della fame, sia per voi
una cesta piena, affinché sia la quiete delle vostre anime, il medico e il
datore di vita per i vostri corpi".
[38] La moltitudine esclamò: "Apostolo del Dio vivo,
guida lungo il sentiero della vita, rivelatore della verità, molte sono le cose
che sono state fatte per noi, che siamo alieni dal Dio glorioso da te predicato
e fino ad ora non abbiamo osato dichiararci suoi, giacché le nostre opere sono
lungi da lui e a lui odiose. Ma se egli avrà compassione di noi, ci libererà
dalle nostre azioni precedenti e da ogni male da noi compiuto vivendo
nell'errore, non richiedendocene conto né più ricordando i nostri anteriori
peccati, noi diverremo suoi servi e eseguiremo la sua volontà". Giuda
rispose loro: "Egli non ve ne richiederà conto, né ricorderà più i vostri
peccati compiuti vivendo nell'errore, egli perdonerà le vostre iniquità, quanto
avete compiuto antecedentemente allorché eravate nell'ignoranza".
IV Atto quarto: del puledro
[39] L'apostolo era ancora allo stesso posto sulla strada e
parlava alla moltitudine sul regno di Dio, sulla loro conversione e sul ritorno
a nostro Signore. Mentre, dunque, l'apostolo era sulla strada e parlava con
quella moltitudine, un puledro d'asino andò a porsi davanti a lui. Giuda gli
disse: "Non è senza divina disposizione che questo puledro è venuto qui.
Perciò, a te puledro dico che in virtù della grazia di Dio ti sarà data la
parola davanti alla moltitudine qui presente; dì quello che vuoi affinché
credano nel Dio vero che noi predichiamo". La bocca del puledro si aprì ed
in virtù di nostro Signore egli cominciò a parlare come un uomo dicendo:
"Fratello gemello di Cristo, apostolo dell'Altissimo, partecipe della
parola nascosta del datore di vita e ricettatore dei misteri segreti del Figlio
di Dio che, nato libero, divenne schiavo per condurre molti alla libertà per
mezzo dell'obbedienza, figlio di una grande famiglia divenuto spoglio affinché
per opera del tuo Signore tu possa strappare molti al nemico ed essere causa di
vita alla terra degli Indiani. E' contro la tua volontà che tu sei venuto da
uomini che avevano deviato da Dio ed ecco che alla tua vista e all'udire le tue
parole divine essi sono ritornati alla vita. Sali su di me, cavalcami e riposati
fino al tuo ingresso in città". Giuda alzò la voce e disse: "Gesù,
figlio della misericordia perfetta, tu quieto e silenzioso che parli per mezzo
di animali che non hanno la parola! O nascosto, manifestato dalle tue opere!
Nostro provveditore e custode! Datore di vita ai nostri corpi, datore di vita
alle nostre anime! Dolce sorgente che non viene mai meno, fonte limpida che non
si intorbida mai! Tu sei l'aiuto dei tuoi servi che si trovano nell'agone, tu
abbatti davanti ad essi il nemico! Tu sei in lotta per noi e ci rendi
vittoriosi! Tu sei il nostro vero atleta che non può essere leso! Tu sei il
nostro santo generale che non può essere vinto! Tu conferisci la tua stessa
gioia che non tramonta mai e quella pace nella quale non c'è più tribolazione!
Tu sei il buon pastore, che dà la sua vita per il suo gregge! Tu hai vinto il
lupo e strappato i tuoi agnelli! Noi ti glorifichiamo e, per mezzo tuo,
esaltiamo il tuo sublime Padre, invisibile, e lo Spirito santo che si libra al
di sopra di tutte le creature".
[40] Allorché
l'apostolo pronunciava queste parole, la moltitudine ivi radunata lo stava
osservando nell'attesa di sentire quello che avrebbe risposto al puledro.
L'apostolo rimase a lungo rivolto al cielo, mentre gli altri stupivano e
l'osservavano; poi disse al puledro: "Chi sei tu? Qual è lo scopo delle
moltissime cose meravigliose e grandi espresse dalla tua bocca?". Il
puledro gli rispose: "Io sono della razza che servì il profeta Balaam e
Dio, tuo Signore, cavalcò su di me. Sono stato mandato da te per darti un po'
di quiete, per consolidare così la fede di costoro e mi sia così aggiunta
quella porzione che m'è stata assegnata per servirti e che mi sarà tolta dopo
ch'io ti avrò servito". Tomaso gli disse: "Il Dio che ti ha dato
questo dono può fare in modo che, infine, esso sia perfetto in te e in quelli
della tua razza; ma io sono troppo piccolo e debole per questo mistero".
Ed egli non voleva cavalcare su di lui; ma il puledro lo pregava e supplicava
di venire benedetto, cavalcato da lui. Egli allora montò su di esso e lo
cavalcò, mentre la gente in parte seguiva e in parte precedeva l'apostolo
correndo per vedere che cosa gli sarebbe capitato e come avrebbe congedato il
puledro.
[41] Giunto alla porta della città, egli smontò e disse:
"Va' e resta al sicuro come sei stato finora!". In quello stesso
momento il puledro cadde a terra e morì, mentre tutti i presenti rimasero
tristi e dicevano all'apostolo: "Ridonagli la vita!". L'apostolo
rispose: "Non gli ridono la vita, non perché sia incapace di ridare la
vita a questo puledro, ma perché ciò è meglio per lui. Colui, infatti, che gli
diede la parola, poteva far sì che non morisse; ma è perché così è meglio per
lui". L'apostolo allora ordinò a quelli che erano con lui di scavare una
fossa e seppellirvi il suo corpo: come aveva ordinato, così fu fatto. V Atto
quinto: del demone che aveva preso dimora in una donna
[42] Entrato in città accompagnato dalla moltitudine,
l'apostolo pensava di recarsi in casa della famiglia del giovane al quale aveva
ridonato la vita, poiché ne era stato insistentemente pregato. Ma una donna
avvenente gridò a gran voce, dicendogli: "Apostolo del nuovo Dio, venuto
in India, servo del Dio santo, che da te è predicato datore della vita alle
anime di quanti credono e vanno a lui e guaritore dei corpi di quanti sono
vessati dal nemico, tu che sei strumento di vita per l'intero popolo dell'India,
concedi ch'io sia portata davanti a te, ch'io possa dirti quanto mi è accaduto;
forse potrò così avere da te qualche speranza e quelli che ti circondano
approfondiranno la loro fiducia nel Dio che tu predichi. Ti confesso, infatti,
che non è poco il tormento con il quale mi colpisce il nemico, ormai da cinque
anni. Prima stavo bene, avevo pace da ogni parte, non avevo alcuna
preoccupazione e non conoscevo gli affanni.
[43] Ma un giorno, mentre uscivo dal bagno, incontrai un
uomo dall'aspetto sconvolto, il cui parlare e la cui voce erano molto deboli;
costui mi disse: "Io e te saremo un solo amore! Unisciti a me come si
uniscono un uomo e una donna". Gli risposi: "Non mi sono sposata
perché non posso sopportare l'uomo, e come posso concedermi a te che desideri
avere un'adultera relazione con me?". E dissi poi alla ragazza che era con
me: "Hai visto l'impudenza di quel giovane? Giunse perfino a farmi
proposte licenziose". Lei mi rispose: "Ho visto un vecchio che
parlava con te". Giunta a casa e cenato, il mio cuore s'impaurì per il
fatto ch'egli m'era apparso sotto due forme e me ne andai a dormire pensando a
lui. Nella notte, egli venne ed ebbe con me una sordida relazione; lo vidi pure
durante il giorno e lo fuggii; ma durante la notte prese a venire in una forma
spaventosa e mi torturava. E fino al giorno d'oggi nel quale tu mi vedi, per un
periodo di cinque anni, non mi lasciò mai sola. Ora, sapendo io e credendo che
diavoli, spiriti e demoni ti sono soggetti e tremano alle tue preghiere, ti
supplico, mio signore, di volere pregare su di me e di domandare a Dio di
allontanare da me questo tormento, affinché per il tempo che ancora mi sarà
concesso io possa essere libera, riacquistare la mia primitiva natura e
ricevere il dono concesso ai penitenti".
[44] Vista l'istigazione del nemico, l'apostolo alzò la voce
e disse: "Male che non può essere frenato, nemico che non ha mai sosta,
invidioso che non ha mai quiete, brutto che combatti contro i graziosi per
riuscire ad assoggettarli a te! Tu hai molte brutte forme, appari come vuoi, ma
il tuo color nero non muta mai perché fa parte della tua natura. Astuto e
guastatore delle opere buone! Albero amaro i cui frutti sono simili a te!
Nemico bugiardo che lotti contro coloro che non sono tuoi! Seduzione che si contorce
in se stessa e la cui impudenza osa assalire coloro che sono migliori di lui!
Malizia che scorri e strisci come un serpente, entri e prendi di mira la virtù!
Ma fino a quando seguito a dire queste cose? Non farmi aspettare, manifestati
subito, nemico dei servi di Cristo, affinché questa moltitudine veda che noi
l'invitiamo al vero Dio". Dopo che l'apostolo disse queste cose, il nemico
venne e si pose davanti a lui; nessuno però lo vedeva ad eccezione
dell'apostolo e della donna, e gridò a gran voce, udito da tutti i presenti:
[45] Il demonio. "Che cosa abbiamo da fare con te,
apostolo dell'Altissimo? Che cosa abbiamo da fare con te, servo di Gesù Cristo?
Che cosa abbiamo da fare con te, partecipe dei santi misteri di Dio? Perché
vuoi tu distruggerci, quando ancora non è giunto il nostro tempo? Perché vuoi
tu privarci del potere che ci fu dato, mentre finora abbiamo ancora speranza di
servircene? Che cosa abbiamo da fare con te, che sei venuto a scacciarci? Tu
hai potere su quelli che ti obbediscono, e noi abbiamo potere su coloro che ci
sono soggetti. Perché vuoi tu usare la violenza contro di noi prima del tempo,
mentre poi richiedi dagli altri che non usino violenza verso alcuno? Perché
brami ciò che non è tuo? Non ti basta il tuo? Perché ti assimili al Dio, tuo
Signore, che nascose la sua maestà, apparve come un corpo e noi, vedendolo,
credemmo che fosse un mortale, ma poi egli si voltò e ci eliminò? Tu, infatti,
sei nato da lui! Mentre pensavamo di poterlo assoggettare al nostro potere,
egli si voltò e ci precipitò nell'abisso. Noi non lo conoscevamo, avendoci egli
ingannato con il suo aspetto umile, con la sua indigenza e povertà. Al vederlo,
pensammo che fosse uno dei figli degli uomini, ignorammo che egli era il datore
di vita a tutta l'umanità. Fino a quando dura il nostro tempo, egli ci diede il
potere di non allentare la nostra presa, per questo ci interessiamo dei nostri.
Tuperò desideri più di quanto egli ti ha dato e ci vuoi tormentare".
[46] Dette queste cose, il demone si mise a piangere
nuovamente, dicendo: "Io ti lascio, mia donna avvenente, trovata molto
tempo addietro e nella quale mi sono riposato. Ti lascio, mia sorella e mia
amata, nella quale speravo di dimorare. Non so quello che farò né a chi
chiederò soccorso affinché m'aiuti. Si, so che cosa fare! Andrò in un altro
paese dove non sentirò parlare di questo uomo, e troverò una persona che ti
sostituisca, o mia diletta". Alzò poi la voce e disse: "Stai bene, tu
che hai trovato rifugio in uno più grande di me! Io mi pongo in cammino alla
ricerca di un'altra come te; se non la troverò, me ne ritornerò da te. So,
infatti, che ora che quest'uomo ti è vicino tu ti rifugi in lui. Ora che me ne
vado, tu ritorni com'eri prima, ma quando giungerà la notte e ti dimenticherai
di lui, io avrò il modo di avvicinarti; il nome di colui che quest'uomo predica
mi ha ora spaventato". Quando il demone ebbe proferito queste cose, in
quello stesso momento egli lo guardò, ma non lo trovò più; non rimase che fumo
e fuoco, e tutti i presenti esterrefatti.
[47] A questa vista, l'apostolo disse loro: "Quel
maledetto non ha mostrato nulla di strano, ma solo la natura in cui viene
consumato: è consumato dal fuoco e da esso si sprigiona il fumo".
Invocazione a Gesù. L'apostolo prese a dire: "Gesù, mistero nascosto che
mi è stato rivelato, a me tu hai rivelato i tuoi misteri più che a tutti i miei
compagni, a me hai detto parole delle quali io brucio, ma che non posso
esprimere. Gesù, nato uomo, ucciso, morto. Gesù, Dio e Figlio di Dio, datore di
vita e vivificatore di morti. Gesù povero, che prendevi pesci tanto a pranzo
quanto a cena. Gesù che saziasti molte migliaia di persone con un po' di pane.
Gesù che ti riposavi dalla fatica del viaggio come un uomo e camminasti sulle
onde come un Dio.
[48] Gesù, voce sublime sorta dalla perfetta misericordia,
salvatore di tutti, liberatore e governatore del mondo, datore di forza ai
morti. Gesù, mano destra del Padre, che hai scagliato il maligno giù negli
estremi confini e hai adunato in una assemblea benedetta la sua proprietà.
Gesù, re universale che sottometti tutto. Gesù che sei nel Padre e il Padre in
te, voi che siete uno nella potenza, nella volontà, nella gloria, nell'essenza,
che per amore nostro sei stato nominato con molti nomi, tu che sei Figlio e
ciononostante indossasti un corpo. Gesù, che divenisti nazireo, la tua grazia
provvede a tutti come Dio. Figlio del Dio altissimo, che divenisti uomo
vilipeso e umile. Gesù che non trascuri nulla di quanto ti domandiamo, tu causa
di vita per tutto il genere umano. Gesù, che per noi fosti chiamato seduttore,
tu che liberi dalla seduzione i tuoi esseri umani. Io mi rivolgo a te in favore
di costoro qui presenti, che credono in te, che necessitano del tuo aiuto, che
aspettano il tuo dono, che si rifugiano nella tua maestà: apri le loro orecchie
affinché ascoltino le parole dette da noi. Venga la tua grazia, dimori in essi
la fede e li rinnovi rispetto alle loro azioni precedenti, sicché si svestano
dell'uomo vecchio con le sue opere e si rivestano dell'uomo nuovo ch'io ho
predicato loro".
[49] Pose la sua mano su di loro, li benedisse, dicendo:
"Resti su di voi la grazia di nostro Signore per sempre! Amen". La
donna lo supplicò e disse: "Apostolo dell'Altissimo, dammi il sigillo del
mio Signore, affinché il nemico non possa più venire da me". Allora andò a
un fiume, lì vicino, e la battezzò nel nome del Padre, del Figlio e dello
Spirito santo; e con lei furono battezzati molti altri. L'apostolo ordinò poi
al suo diacono di preparare l'Eucaristia; quello prese uno sgabello, vi stese
un panno di lino, portò del pane da benedire e lo pose sopra. Venne l'apostolo,
vi si accostò e disse: "Gesù che ci hai reso degni di accostarci al tuo
sacro corpo e di partecipare al tuo sangue vivificatore, avendo fiducia in te,
osiamo accostarci e invocare il tuo santo nome annunziato dai profeti secondo
il volere della tua divinità. Tu sei predicato in tutto il mondo dai tuoi
apostoli conformemente alla tua grazia e sei manifestato ai giusti per mezzo
della tua misericordia. Noi ti supplichiamo di venire e di comunicarti a noi
con il soccorso e con la vita, convertendo a te i tuoi servi, affinché possano
piegarsi sotto il tuo soave giogo e sotto il tuo vittorioso potere.
L'Eucaristia sia in essi salute dell'anima e vita del corpo nel tuo mondo
vivo".
[50] Prese poi a dire: "Vieni, dono sublime! Vieni,
grazia perfetta! Vieni, rivelatore dei misteri tra i profeti eletti! Vieni,
annunziatore delle lotte del suo apostolo, nostro valoroso atleta! Vieni,
tesoro della maestà! Vieni, prediletto della misericordia dell'Altissimo!
Vieni, silenzioso rivelatore dei misteri del Sublime! Vieni, espressione delle
cose nascoste e manifestatore delle opere del nostro Dio! Vieni, segreto datore
della vita ed espositore delle tue azioni! Vieni, datore di gioia, e riposo di
quanti si uniscono a te! Vieni, potenza del Padre e sapienza del Figlio giacché
noi tutti siamo una persona! Vieni, e partecipa con noi in questa Eucaristia
che celebriamo, in questa offerta che presentiamo e in questa commemorazione
che facciamo!". Fece sul pane il segno della croce e iniziò a
distribuirlo, cominciando dalla donna alla quale disse: "Ti sia remissione
delle mancanze e dei peccati, e resurrezione perpetua". Poi la distribuì a
quanti erano stati battezzati con lei e a tutti gli altri, dicendo:
"Questa Eucaristia vi sia vita e riposo, non giudizio e condanna".
Essi risposero: "Amen!" VI Atto sesto: del giovane che uccise una
donna e dell'Eucaristia
[51] Un giovane che aveva commesso un'odiosissima azione, si
accostò, prese l'Eucaristia e se la stava mettendo in bocca allorché le sue
mani rimasero inaridite e non poterono giungere alla bocca. Appena videro ciò,
quelli che erano con lui andarono a comunicare all'apostolo quanto era
accaduto. L'apostolo lo chiamò e gli disse: "Dimmi, figlio, non avere
vergogna di me! Che cosa hai fatto prima di venire qui? Ecco, infatti, che il
dono di nostro Signore ti ha smascherato: esso che guarisce così tante persone
che si accostano con amore, con verità e con fede, ti ha palesemente inaridito.
Ciò non ti è accaduto senza un motivo". Visto che era stato smascherato
dall'Eucaristia di nostro Signore, il giovane andò a prostrarsi ai piedi
dell'apostolo supplicandolo di intercedere per lui e dicendogli: "Ho
compiuto un'azione cattiva! Amavo una donna che viveva fuori della città, in un
albergo, e lei pure m'amava. Ma avendo udito da te la verità che insegni e la
fede nel Dio che tu predichi, ben sapendo che sei veramente l'apostolo di Dio,
io pure ricevetti il segno con gli altri. E siccome tu dicesti: "Chiunque
indulge al sordido connubio, ed in specie all'adulterio, non avrà la vita con
il Dio ch'io predico", pur amandola, la supplicai e cercai di convincerla
a vivere con me una vita innocente, pura, tranquilla, casta e modesta, come
predichi tu, ma lei non ne volle sapere. Quando mi accorsi che non mi
ascoltava, dormii con lei e l'uccisi giacché non avrei potuto sopportare di
sapere che avesse relazioni con altri uomini".
[52] Udite queste cose, l'apostolo disse: "O amore
corrotto e spudorato, che hai incitato quest'uomo a compiere queste cose! O
compagno della corruzione, alla quale quest'uomo non è stato capace di
resistere! O connubio lascivo, che corrompe le menti degli uomini e le aliena
dalla purezza di Cristo! Opera ingannatrice che infurii contro i tuoi!".
L'apostolo ordinò che gli si portasse in un catino dell'acqua da lavare; e
quando gli fu presentata perché su di essa recitasse la preghiera, egli glorificò
Dio e la benedisse, dicendo: "Acqua dataci dall'acqua viva! Luce inviataci
dal glorioso sussistente! Grazia inviataci dalla grazia! Gesù, nostro datore di
vita, venga la tua forza vittoriosa e curativa, discenda la tua grazia e dimori
in quest'acqua sulla quale ho invocato il tuo nome". Poi disse: "Il
dono dello Spirito santo sia in voi perfetto!". E rivolto al giovane
disse: "Lava le tue mani in quest'acqua!". Appena se le lavò, le mani
ritornarono come erano prima che fossero inaridite. L'apostolo gli domandò: "Credi
tu nel Signore nostro, al quale è possibile ogni cosa?". Il giovane
rispose: "La fede non mi manca! E' appunto perché credo in Dio ch'io ho
compiuto quell'azione, pensando di fare bene. Io, infatti, l'avevo supplicata,
come ti dissi, ma lei non volle ascoltarmi e mantenersi nella purità e nella
castità: è per questo ch'io agii così".
[53] Giuda gli disse: "Vieni, andiamo nell'albergo dove
hai compiuto questa azione". Egli precedette l'apostolo, mentre una grande
moltitudine lo seguiva. Giunti all'albergo, entrarono e trovarono la donna
morta; a tale vista l'apostolo ne fu addolorato, trattandosi di una ragazza.
Ordinò che fosse presa e portata al centro dell'albergo; dopo che la presero e
portarono in un letto, Giuda Tomaso le impose le mani e prese a dire:
"Gesù, nostro datore di vita, che non ci trascuri ogni volta che a te ci
rivolgiamo! Gesù, che vieni a noi sempre che ti cerchiamo! Gesù, il cui
orecchio è rivolto a noi che ti cerchiamo! Gesù, che non solo ci hai concesso
di chiedere, corporei, ma che mai ti allontani dagli occhi della nostra
intelligenza! Gesù, il cui aspetto ci è nascosto, ma è rivelato a noi per mezzo
della tua grazia, delle tue opere e delle tue gesta! Tu, che noi conosciamo
secondo la nostra capacità e in conformità della nostra misura, eppure ci hai
dato il tuo dono superiore alla nostra misura! Tu, che hai detto:
"Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, picchiate e vi sarà
aperto", pur timorosi a causa dei nostri peccati e delle nostre trasgressioni,
ti domandiamo di versare su di noi la tua grazia per mezzo della tua
misericordia. Non cerchiamo né oro né argento, né ricchezze né possedimenti, né
beni né vestiti né nessun'altra di queste cose terrene di questo mondo, che da
esso vengono e ad esso ritornano, bensì domandiamo e supplichiamo dalla tua
benevolenza di voler fare risorgere, nel tuo nome santo, questa donna che è
davanti a te, a tua grande gloria, a lode della tua divinità e a conferma della
fede in te di tutti i presenti".
[54] E rivolto al giovane, disse: "Volgi la mente al
Signore nostro". Lo segnò poi con il segno della croce, e proseguì:
"Va', prendila per mano e dille: "La mia mano ti ha colpito con il
ferro, Gesù con la sua grazia ti risuscita per mezzo della mia
fede"". Il giovane andò, le si avvicinò e disse: "Mio Signore
Gesù Cristo, io ho creduto veramente in te, che sei il dono del Padre tuo, ho
creduto che in te c'è ogni genere di aiuti e di favori, che in te c'è ogni
genere di guarigioni, che in te c'è la vita per chiunque si pente, per chi a te
si rivolge con tutto il cuore. Supplico la tua misericordia, Signore, affinché
venga in aiuto alla mia conversione e per mezzo delle mie mani dia a questa
donna la vita, dal momento ch'io oso compiere ciò". Rivoltosi a Giuda,
disse: "Prega per me, apostolo di Dio, affinché il mio Signore al quale mi
rivolgo venga in mio aiuto!". Posta la mano su di lei, disse: "Vieni,
mio Signore Gesù Cristo, e dà a costei la vita e a me un pegno della
fede". Non appena afferrò la sua mano, lei s'alzò ritta in piedi, guardò
la folla circostante, vide l'apostolo di nostro Signore che le stava di fronte
e, andatasi a gettare ai suoi piedi, si aggrappò alle sue vesti e gli disse:
"Ti prego, signore, dov'è quell'altro che era con me e che non permise
ch'io restassi nel luogo ch'io vidi, ma mi consegnò a te, dicendoti:
"Portala via con te, affinché divenga perfetta nel suo amore per mezzo
della fede e raggiunga poi il mio luogo?"".
[55] L'aldilà. Giuda le rispose: "Dimmi donde sei
venuta e che cosa hai visto". Lei rispose: "Tu che eri con me e al
quale egli mi affidò, vuoi sentire da me questo?". E prese a raccontare:
"Un uomo dall'aspetto brutto, dal corpo nero e dalle vesti sordide, mi
prese e portò in un luogo pieno di voragini, e con un diffuso odore puzzolente;
mi fece guardare in ognuna delle voragini. Nella prima vidi un fuoco ardente e
ruote di fuoco che vi giravano nel mezzo; mi disse: "A questo tormento
sono destinate le anime di coloro che trasgrediscono la legge, quelle che
mutano l'unione del connubio stabilito da Dio. Altre anime destinate a questo
tormento sono quelle che non hanno conservato la loro verginità e si sono date
ad atti vergognosi: verranno in questo tormento perché trasgredirono la legge
di Dio; saranno abbandonate agli spiriti cattivi, saranno disprezzate e derise,
ed avranno così la loro retribuzione; poi andranno in un altro luogo di
tormenti peggiore di questo, ove saranno torturate".
[56] Mi mostrò un'altra voragine Vi guardai dentro e vidi
cose spaventose alle quali sono destinate le anime dei malfattori: osservai
molte torture destinate a uomini e donne, a giovani e a ragazze; gli uomini
che, abbandonata la loro moglie, hanno relazioni con le donne dei loro
compagni, giovani che non si attengono alle loro leggi, bensì soddisfano
lascivamente la loro libidine con le prostitute, e ai quali non basta il
violare la legge con le prostitute, ma tendono insidie alle vergini e indulgono
lascivamente al peccato, le ragazze che non hanno conservato lo stato verginale
a motivo della loro lasciva libidine e hanno così attirato la vergogna sui loro
genitori; tutti costoro verranno in questi tormenti e saranno ripagati secondo
le loro opere.
[57] Mi prese nuovamente e mi fece vedere un antro oscuro,
dal quale veniva un odore puzzolente, e mi disse: "Guarda e osserva!
Questa è, infatti, la prigione per le anime delle quali ti parlai allorché ti
dissi che al termine del primo castigo ne sarebbe seguito un altro: alcune
saranno qui consumate interamente, mentre altre saranno dirette ad altri
tormenti"". I custodi di quei tormenti dissero all'uomo che mi
guidava: "Dacci costei affinché la leghiamo al suo posto in attesa che vada
tra i suoi tormenti". Ma l'uomo che mi guidava rispose: "Non ve la
consegnerò perché ho timore di colui che me l'ha affidata, senza darmi l'ordine
di lasciarla qui; la riporterò su con me fino a quando riceverò ordini a suo
riguardo". Mi prese e mi portò nel luogo ove c'erano gli uomini. Egli, che
era come te, mi affidò a te, dicendoti: "Prendi costei, giacché è una
pecora smarrita!". Tu m'hai ricevuto da lui ed ecco che ora mi trovo
davanti a te supplicandoti di essere condotta, per mezzo tuo, alla fede, di
poter trovare la grazia per mezzo della tua preghiera, e di potere anche andare
a quei tormenti che ho visto".
[58] Giuda Tomaso disse allora: "Avete udito, figli
miei, quanto ha detto questa donna. E i tormenti non sono soltanto questi, ma
ce ne sono altri ancora peggiori. Voi pure, dunque, se non vi convertite alla
verità ch'io predico e se non vi asterrete dalle azioni cattive, da ogni opera
che non vi è di giovamento e dai pensieri sprovvisti di conoscenza, finirete in
mezzo a questi tormenti. Credete, dunque, in Gesù Cristo ed egli farà svanire
le vostre azioni precedenti, vi purificherà da ogni pensiero terreno proprio
della terra, vi purificherà da tutti i vostri peccati, che senza il pentimento
davanti a Dio vi accompagnerebbero, andrebbero con voi e resterebbero innanzi a
voi. Ognuno di voi si svesta perciò del suo vecchio uomo e si rivesta del
nuovo, si svesta cioè del suo modo di vivere e delle sue opere corporali.
Quelli che rubavano, non rubino più, bensì si diano da fare e lavorino per
vivere. Quelli che si davano all'adulterio non commettano più adulterio, non si
abbandonino più a un momentaneo piacere per non incorrere in un perpetuo
tormento; l'adulterio, infatti, davanti a Dio è più odioso di ogni altra opera
cattiva. Tenetevi lungi dalla menzogna, dall'oppressione, dall'ubriachezza,
dalla calunnia e non rendete male per male. Tutte queste cose sono odiate dal
Dio ch'io predico e davanti a lui sono impure. Camminate, invece, con tutta
umiltà, temperanza e purezza; abbiate fiducia in Dio, diverrete suoi servi e
riceverete da lui quei doni che sono dati solo a pochi".
[59] La moltitudine credette, si arrese obbediente al Dio
vivo e a Gesù Cristo e si rallegrava delle opere benedette dell'Altissimo e del
suo santo servizio. Ognuno portava molto denaro per il sollievo delle vedove,
che l'apostolo radunava in ogni città, a ognuna delle quali egli provvedeva per
mezzo dei suoi diaconi trasmettendo per il vitto e il vestito ciò che era stato
offerto per loro. Egli non cessava mai di predicare e di parlare loro, di
additare in Gesù il Messia del quale parlarono le Scritture e i cui tipi,
misteri e similitudini sono palesi nella Legge e nei Profeti; il quale fu dato
come alleanza al popolo di Israele affinché per amor suo si astenessero dal
culto degli idoli, come luce ai popoli delle genti per opera del quale è
discesa su di esse la grazia di Dio sicché tutti coloro che osservano i suoi
comandamenti avranno requie nel suo regno e saranno onorati nella gloria. Egli
venne, fu crocifisso e, dopo tre giorni, risorse. Esponeva loro e spiegava
loro, da Mosè fino agli ultimi profeti, perché tutti predicassero lui e come
egli fosse venuto portando veramente tutto a compimento. La sua esposizione era
udita dagli uomini nelle città e nei villaggi, e chiunque aveva un infermo, un
posseduto da spirito cattivo, un lunatico o un paralitico, lo portava sul letto
e lo poneva ai lati della strada dove sapeva che sarebbe passato, ed egli li
curava tutti per opera del suo Signore Gesù. I malati affetti da gravi
infermità, erano guariti; i paralitici si alzavano completamente sani; tutti
glorificavano Dio con una sola voce, dicendo: "Sia gloria a te, Gesù
Cristo, che ci hai dato la salute per opera del tuo servo e apostolo Giuda.
Completamente sani e pieni di gioia ti preghiamo affinché noi pure possiamo
divenire figli del tuo ovile ed essere annoverati tra le tue pecore. Accoglici,
Signore nostro, e non imputarci i precedenti nostri peccati, commessi
nell'ignoranza".
[60] Allorché Giuda Tomaso li vide, alzò la sua voce e
disse: "Sia gloria a te, vivente dal vivente! Sia gloria a te, datore di
vita a molti! Sia gloria a te, aiuto e sostegno di coloro che vengono al tuo
luogo di rifugio! Sia gloria a te, insonne da tutta l'eternità, ridestatore
degli uomini, vivente e datore di vita! Tu sei Dio, Figlio di Dio, salvatore e
aiuto, rifugio e riposo di tutti coloro che si affaticano nella tua opera.
Datore di riposo a quanti, per amore del tuo nome, hanno sopportato il peso di
tutto il giorno, nel meriggio. Ti lodiamo per il dono che ci hai dato, per i
soccorsi alla nostra debolezza, per la provvidenza alla nostra povertà.
[61] Perfeziona in noi, fino in fondo, la tua grazia e la
tua misericordia! Concedici il coraggio che è in te! Guarda, Signore! Amiamo
solo te! Abbiamo abbandonato le nostre famiglie e le famiglie dei nostri
parenti e, per amor tuo, siamo divenuti stranieri, senza alcuna costrizione.
Guarda, Signore! Per amor tuo abbiamo abbandonato i nostri possedimenti, per
guadagnare te, possedimento della vita che non può essere tolto Guarda,
Signore, nostro! Per amor tuo abbiamo abbandonato tutti i nostri parenti, per potere
essere incorporati alla tua parentela. Guarda, Signore nostro! Abbiamo
abbandonato i nostri padri, le nostre madri e i nostri tutori, per potere
vedere il tuo Padre sublime ed essere ripieni del tuo cibo divino. Guarda,
Signore nostro! Abbiamo abbandonato le nostre mogli carnali e i frutti
terrestri per essere uniti a te con un'unione verace e produrre quei frutti
celesti che vengono dall'alto, che nessun uomo ci può togliere, che saranno
sempre con noi e noi con essi".
Qui terminano i sei atti. VII Atto settimo: del generale
andato incontro a Tomaso
[62] Mentre Giuda
andava predicando attraverso l'India si recò da lui il generale di un re e gli
disse: "Ti prego, servo di Dio, di considerare che sono venuto
personalmente da te, che sei apostolo di Dio mandato per guarire gli uomini che
hanno bisogno di aiuto, dato loro dalle tue mani! Ho sentito, a tuo riguardo,
che non ricevi mercede da alcuno per te, ma la passi ai poveri; se tu, infatti,
accettassi qualcosa ti avrei mandato una grande somma di denaro e non mi sarei
presentato qui personalmente, giacché il re non fa nulla senza di me. Io vivo
nell'abbondanza e sono ricco, sono uno dei grandi di tutta l'India; non ho mai
fatto un torto ad alcuno, e tuttavia mi è capitato il contrario di quello che
merito. Io ho una moglie dalla quale ebbi una figlia; le voglio molto bene,
come insegna la natura, e non conosco altra donna che lei. Ora avvenne che
nella nostra città ebbe luogo un matrimonio e i contraenti erano miei grandi
amici; vennero, dunque, da me, pregandomi di permettere che invitassero alla festa
sia lei che la figlia. Siccome si trattava di amici io non potei trovare alcuna
scusa e, pur contro la sua volontà, la mandai accompagnata da molti servi per
lei e per la figlia feci una grande ostentazione di ricchezza
[63] Giunto il momento dell'arrivo, le mandai incontro
lanterne e torce; io stesso me ne stavo sulla strada nell'attesa che arrivasse,
per poterla vedere e accogliere lei e la figlia. E mentre me ne stavo là, udii
un grido di lamentazione e di pianto: alle mie orecchie giungeva, dalla bocca
di tutti: "Ahimè per lei, ahimè!". Vennero poi da me i miei servi,
con le vesti strappate, per annunziarmi quanto era accaduto, dicendomi:
"Abbiamo visto un uomo e con lui un ragazzo che gli assomigliava; l'uomo
pose la mano su tua moglie e il ragazzo su tua figlia. Esse cercarono di
sfuggire loro e noi li colpimmo con le spade, ma le nostre spade caddero al
suolo; ed in quel momento esse caddero a terra digrignando i denti e sbattendo
la testa per terra. Perciò siamo venuti per informarti di ciò che è
capitato". Udite tali cose dai miei servi, mi stracciai le vesti, mi
percossi la faccia con le mani e presi a correre per la strada come un pazzo;
al mio arrivo le trovai a terra per la strada; allora le presi, me le portai a
casa e dopo molto tempo ritornarono in se stesse ed io le ristorai e le feci
sedere.
[64] Iniziai allora a domandare a mia moglie: "Che cosa
ti è capitato?". Lei mi rispose: "Tu non hai capito ciò che mi hai
fatto? Ti avevo chiesto di non andare alla festa perché non stavo bene di
corpo. Mentre camminavo lungo la strada, giunta alla conduttura dell'acqua,
vidi un uomo nero di fronte a me che mi faceva cenni con la testa e vicino a
lui c'era un ragazzo che gli assomigliava. Dissi alla figlia: Guarda quanto
sono orribili questi uomini! La figlia mi rispose: Ho visto un ragazzo i cui
denti erano come il latte e le cui labbra erano come carboni. Lasciandoli
vicino all'acquedotto, ce ne andammo. Giunta la sera, lasciata la casa ove
aveva avuto luogo la festa, ce ne venimmo via con i servi e, giunti
all'acquedotto, la prima a rivederli fu la figlia, che corse a rifugiarsi da
me; dopo di lei, li vidi anch'io venire verso di noi. I servi che erano con me
se ne fuggirono, e quelli percossero e buttarono a terra me e la figlia".
Mentre lei mi raccontava questo, quelli le assalirono di nuovo e le buttarono a
terra. E da allora esse sono incapaci tanto di uscire per la strada, quanto di
recarsi al bagno, di andare a una casa in festa o a una casa in lutto; madre e
figlia rimangono prostrate notte e giorno e io le ho rinchiuse in una camera
dentro un'altra sia perché a causa loro sono diventato oggetto di derisione sia
perché quando quelli le assalgono le gettano a terra e le disonorano ovunque si
trovino. Ti supplico dunque e ti prego di aiutarmi, di avere pietà di me: sono
ormai tre anni che in casa mia non è imbandita una tavola e che mia moglie e
mia figlia non vi si sono assise; soprattutto per la mia infelice figlia, che
in vita sua non ha mai avuto alcuna soddisfazione".
[65] Udite tali cose dal generale, l'apostolo restò molto
triste e gli disse: "Se tu credi che il mio Signore Gesù Cristo le può
risanare, tu le vedrai guarite". A queste parole, il generale gli rispose:
"Io credo che tu puoi risanarle". L'apostolo gli disse: "Io non
sono Gesù, ma suo servo e apostolo. Affidati a lui ed egli le guarirà e le
aiuterà". Il generale rispose: "Mostrami come lo posso invocare e
come posso credere in lui!". "Per quanto ti è possibile Ä rispose
l'apostolo Ä volgi in alto la tua mente, giacché egli ora non è visibile agli
occhi corporei, ma per mezzo della fede lo si riconosce nelle sue opere ed è
glorificato dalle guarigioni che opera". Il generale innalzò allora la sua
voce e disse: "Io credo in te, Gesù Cristo, Dio vivo, Figlio del Vivente,
che sei divenuto uomo, che sei apparso come medico, come datore di vita e come
Salvatore per tutti gli uomini che veramente si convertono a te. Sì, Signore,
ti supplico e prego, aiuta la mia poca fede e il mio timore, poiché mi rifugio
in te". L'apostolo ordinò al diacono Santippo di adunare tutti i fratelli
che erano là; e quando furono tutti insieme, l'apostolo si pose in mezzo a loro
e disse:
[66] "Figli miei, fratelli e sorelle in nostro Signore
Gesù, restate in questa fede e abbiate fiducia nel Signore nostro Gesù Cristo
che vi ho annunziato; ponete in lui la vostra speranza ed egli vi custodirà;
non staccatevi da lui poiché egli non vi abbandonerà. Se accade che vi
addormentiate di quel sonno che fa sì che l'uomo che dorme non sia più lui,
egli non dormirà, ma sarà sveglio e vi custodirà. Se sarete in mare su di una
nave, dove nessuno è capace di aiutare il compagno, egli camminerà sulle onde
del mare e sosterrà la vostra nave. Io, infatti, mi allontano da voi e non so
se vi rivedrò ancora corporalmente. Non siate come i figli di Israele che
incespicarono allorché partì da loro Mosè che era stato per un tempo il loro
pastore. Ecco, in mia vece vi lascio il diacono Santippo: egli vi predicherà
Gesù Cristo come me. Anch'io sono un uomo come voi. Non posseggo le ricchezze
che alcuni hanno e che conducono il possessore alla rovina perché non sono
utili, lasciandolo nella terra donde venne e addossandogli quelle mancanze e
quei peccati che per amor loro egli commette; i ricchi caritatevoli sono pochi.
Non ho neppure la bellezza umana, quella che porta ben presto alla confusione
tutti coloro che pongono in essa la loro fiducia; giacché quando colui che ha
la bellezza ne è privato, la sua bellezza non gli serve più e quanti l'amavano
per quella bellezza, lo sfuggiranno con disgusto. E, infatti, tutte le cose di
questo mondo al loro tempo sono amate e al loro tempo odiate. Ponete la vostra
speranza in Gesù Cristo, Figlio di Dio, poiché anche noi se non portiamo il
fardello che si addice al suo nome, saremo puniti ed esso sarà per noi motivo
di giudizio e di condanna".
[67] Pregò a lungo
con loro, li affidò a nostro Signore e disse: "Signore di ogni genere di
creature che ti aspettano, Dio di tutti gli spiriti che sperano in te, tu che
liberi dall'errore i tuoi esseri umani, e redimi dalla corruzione e dalla
schiavitù quanti ti sono obbedienti e vengono al tuo luogo di rifugio, resta tu
con il gregge di Santippo, ungi il suo gregge con l'olio di vita, purificalo
dalla sua infermità, custodiscilo dai lupi e dai ladroni sicché non possano
strapparlo dalle sue mani". Impose loro le mani e disse: "La pace del
Signore sia con voi e vi accompagni!".
VIII Atto ottavo: il branco degli asini selvatici
[68] L'apostolo
dunque si avviò sulla strada per andarsene, mentre tutti l'accompagnavano
piangendo e scongiurandolo per il Signore di ricordarsi di loro nelle sue
preghiere e di non dimenticarli. Salito sul carro del generale, l'apostolo si
sedette, mentre i fratelli rimasero dietro di lui. Si accostò allora il
generale e disse all'auriga: "Ch'io sia degno, ti prego, di sedere ai
piedi del Figlio di Dio, Gesù Cristo, di essere il suo auriga lungo questa
strada conosciuta da molti, affinché egli sia la mia guida lungo quella strada
che solo pochi percorreranno".
[69] Dopo avere percorso circa un miglio, Giuda Tomaso
supplicò il generale, lo fece alzare e sedere a fianco a lui, e ordinò poi
all'auriga di andarsi a sedere al suo posto. Mentre percorrevano la strada e
Giuda conversava con il generale, le bestie, stanche per la lunghezza del
percorso, si fermarono rifiutandosi di proseguire. Il generale, gravemente
rattristato, pensava di correre a piedi alla ricerca di altre bestie, oppure
altri cavalli, ovunque avesse potuto trovarle, avendo ormai solo più poco tempo.
Visto ciò, l'apostolo gli disse: "Non temere, non agitarti, credi soltanto
in Gesù, come già ti dissi, e vedrai grandi meraviglie". Il generale
rispose: "Io credo in lui, e credo che a lui è possibile tutto ciò che gli
si chiede". Giuda vide allora un branco di asini selvatici che stavano
pascolando a una certa distanza dalla strada principale e disse al generale:
"Se credi in Gesù, va' dal branco e dì: "Giuda, l'apostolo di Gesù
Cristo Figlio di Dio ordina che vengano quattro di voi perché io ne ho bisogno"".
[70] Pieno di paura perché erano molti, il generale andò e
più si avvicinava più essi gli venivano incontro; quando gli furono vicini,
disse loro: "Giuda Tomaso, apostolo di Gesù Cristo, ordina: "Quattro
di voi vengano con me perché ne ho bisogno"". A queste parole si
affrettarono a correre da lui tutti e, per disposizione del Signore, appena
giunti gli si prostrarono davanti. Allora Giuda Tomaso, apostolo del Signore,
alzò la sua voce di lode dicendo: "Tu sei glorioso, Dio di verità e
Signore di tutti gli esseri, giacché tu con la tua volontà hai voluto e hai
fatto tutte le tue opere, hai perfezionato tutte le tue creature, le hai
inquadrate nell'ordine della loro natura e hai posto su di loro il tuo timore
affinché siano sottoposte al tuo comando. La tua volontà ha preso il sentiero
che conduce dal tuo nascondimento alla manifestazione e, provvedendo a ogni
anima da te creata, fu manifestata dalla bocca di tutti i profeti con ogni
genere di visioni, di suoni e di voci; ma a motivo della sua cattiva inclinazione,
Israele non obbedì. Ma tu, essendo il Signore di tutto, hai cura delle creature
e spandi su di noi la tua misericordia per opera di colui che, per tuo volere,
è venuto e si è rivestito del corpo, tua creatura, da te voluto e formato
secondo la tua gloriosa sapienza. A colui che nel tuo segreto hai designato e
nella tua manifestazione hai stabilito, hai dato il nome di Figlio: egSpirito
santo, per il governo delle tue creature, per nutrire tutti gli esseri, ma
siete una sola persona nella gloria, nella potenza e nella volontà, siete
divisi senza essere separati, siete una persona sebbene siate divisi; tutto
sussiste per opera tua e ti è soggetto, perché tutto è tuo. Io confido in te,
Signore, che con il tuo comando hai assoggettato, nella necessità, queste mute
bestie per manifestare la potenza del tuo governo su di noi e su di esse
affinché il tuo nome fosse glorificato in noi e in queste bestie senza
parola". Dette queste cose, rivolto agli asini selvatici, proseguì:
"Pace a voi che avete obbedito alla parola sovrana. Vengano quattro di voi
e si lascino aggiogare in luogo di queste bestie che si sono fermate e non possono
più proseguire". Ogni asino selvatico si avvicinò e pressava per essere
aggiogato: tra di essi ce n'erano alcuni più forti degli altri, e questi furono
aggiogati, mentre tutti gli altri presero a seguire o a precedere l'apostolo.
Dopo un breve tratto di strada, egli disse loro: "Mi rivolgo a voi,
abitatori del deserto! Fermatevi e andate ai vostri pascoli; se infatti avessi
avuto bisogno di voi tutti so che sareste venuti tutti con me; ora però
ritornatevene al luogo ove eravate". Gli asini selvatici se ne andarono
tranquillamente e scomparvero dalla vista.
[71] L'apostolo, il generale e gli asini. Sulla carrozza
sedeva l'apostolo con il generale e l'auriga, gli asini selvatici procedevano
poco alla volta tranquillamente e con dolcezza per non dare scossoni
all'apostolo di Dio; raggiunta la porta della città, individuarono la casa e si
arrestarono davanti al cortile del generale. Stupito, il generale esclamò:
"Sono incapace di parlare e di raccontare ciò che è accaduto; se avverrà
ancora un prodigio, allora io racconterò tutto". Avendo visto gli asini
selvatici aggiogati alla carrozza e avendo udito la fama dell'apostolo che era
giunto là, tutti gli abitanti della città si facevano avanti. L'apostolo disse
al comandante: "Dov'è casa tua? Dove ci conduci?". Il generale
rispose: "Sai che ti trovi alla porta del tuo servo, e queste bestie, che
per tuo ordine sono venute con te, lo sanno meglio di me".
[72] Ciò detto, l'apostolo prese a dire: "Gesù,
conoscenza di colui che in questo paese è sconosciuto; Gesù, voce di colui che
in questa città è straniero; Gesù, che in questa gente sei straniero; Gesù, che
hai inviato il tuo apostolo in ogni paese e in ogni città; che sei glorificato
in lui e che per mezzo suo sei manifestato a tutti coloro che ne sono degni;
Gesù, che ti sei rivestito del corpo, sei divenuto uomo e sei apparso a tutti
noi affinché non ci potessimo allontanare dal tuo amore; Signore nostro, che ci
hai dato te stesso, che ci comperi con il tuo sangue e ci acquisti per te quale
proprietà acquisita a caro prezzo. E che cosa noi gli possiamo dare per la sua
vita? Egli diede, infatti, a noi la sua vita. Non c'è nulla che ci appartenga
né egli chiede a noi qualcosa, eccetto che noi lo preghiamo per poter
vivere".
[73] Quando egli ebbe finito di dire queste cose, molti
erano giunti da ogni parte per vedere l'apostolo del nuovo Dio, che era venuto.
Giuda disse: "Perché restiamo qui oziosi? Che cosa vuoi tu, Gesù? Ordina
al tempo e porta l'opera a compimento!". La donna, la figlia e il demone.
Dieci demoni stavano infierendo sulla donna e sulla figlia, e i servi del
generale ritenevano che non avrebbero resistito giacché non le lasciavano
mangiare mantenendole continuamente stese sul letto, irriconoscibili a tutti
fino al giorno in cui venne l'apostolo. L'apostolo disse allora a uno degli
asini selvatici che stavano aggiogati alla destra: "Entra nel cortile e
chiama quei demoni e dì loro: "L'apostolo Giuda, discepolo di Gesù Cristo
ordina di venire fuori di lì, essendo stato io mandato per voi e contro la
vostra genia, per condurvi al vostro posto fino a che venga il tempo della
consumazione e ve ne andiate nel vostro abisso"".
[74] Alla presenza di una folla di persone, l'asino
selvatico entrò e disse: "Mi rivolgo a voi, nemici dell'umanità! Mi
rivolgo a voi, che chiudete gli occhi alla luce per non vedere, perché la
natura del male non può restare con il bene! Mi rivolgo a voi, progenie della
Geenna e dell'Abbaddon, figli di colui che fino a oggi non è mai sazio del
male, che produce continuamente dei servi maligni secondo la sua natura! Mi
rivolgo a voi, audaci perversi che perirete di vostra propria mano! Che dire a
proposito della vostra fine? Non lo so! Quello che vorrei dire sono incapace di
esprimerlo; tali cose sono gravi per essere udite e sorpassano ogni misura
giacché, per quanto grandi siano i vostri corpi, sono ancora troppo piccoli per
le vostre retribuzioni. Mi rivolgo a te, demone, e a tuo figlio che ti
accompagna, essendo stato ora mandato contro di voi. Ma perché prolungo il mio
dire sulla vostra natura? Voi la conoscete più di me e siete sfrontati. Giuda
Tomaso, discepolo di Gesù Cristo, egli che mi ha inviato qui con misericordia e
grazia, ordina: "Uscite fuori davanti a questa folla qui presente e ditemi
di quale razza siete"".
[75] In quel momento uscirono la donna e sua figlia
dall'aspetto simile a un morto, nude e sfigurate. Appena le vide, l'apostolo ne
fu rattristato e disse: "Non v'è stata usata pietà alcuna, perciò avete
una conoscenza limitata! Nel nome di Gesù Cristo allontanatevi da esse e
mettetevi al loro fianco". Allorché l'apostolo si espresse con queste
parole, le donne caddero a terra e parvero morte: in esse non v'era più respiro
né emettevano più alcun suono. Il demone alzò la voce e gridò: "Sei
nuovamente qui, tu che rimproveri la nostra natura? Sei nuovamente qui,
distruttore della nostra razza? Sei nuovamente qui, tu che cancelli le impronte
dei nostri piedi? A quanto vedo, non vuoi proprio lasciarci sulla terra, ma per
ora tu non riesci a fare questo".
[76] L'apostolo capì che quello era il demone che aveva
scacciato da quell'altra donna; e quello proseguì: "Lasciami andare, te ne
prego! Andrò e dimorerò dove tu vuoi, prenderò gli ordini da te e non avrò
paura di colui che ha autorità su di me, giacché tu sei venuto a visitare e a
fare il bene, così come io sono venuto per distruggere. Come tu sei riprovato
se non adempi la volontà di colui che ti ha mandato, così anch'io se non
eseguisco la volontà di colui che mi ha mandato seguirò prima del tempo il destino
della mia natura. Come il tuo Signore ti aiuta nelle cose che tu compi, così il
padre mio mi sostiene nelle cose che faccio. Come egli ti prepara degli
strumenti degni ch'egli abiti in essi, così egli mi fa conoscere degli
strumenti che gli siano obbedienti, in modo ch'io compia in essi la sua
volontà. Come egli nutre e provvede a te e a quanti ti obbediscono, così
tortura e tormenta me e quelli nei quali io dimoro. Come a te egli dà la
ricompensa del tuo lavoro, cioè la vita perpetua, così anche a me dà la
ricompensa per le mie azioni, cioè la perdizione perpetua. Come tu godi per le
tue preghiere, per le tue opere buone e per l'Eucaristia, per i canti di lode a
lui, per i salmi e gli inni, così io godo per gli omicidi, per gli adulteri,
per i sacrifici e le libazioni di vino sugli altari. Come tu indirizzi gli
uomini alla vita perpetua, così io indirizzo gli uomini a me, alla perdizione e
al tormento perpetui. Tu ricevi la tua ricompensa, io la mia".
[77] Dopo che il demonio ebbe finito di dire queste cose,
l'apostolo rispose: "Per mezzo mio, Gesù dice a te e a tuo figlio che non
entrerete più in una abitazione umana; uscite e andate a dimorare lungi da
qualsiasi abitazione umana". I demoni gli risposero: "Obbediamo a
quanto ci hai comandato, ma a quelli che ti sono nascosti che cosa farai? Essi
gioiscono nei loro strumenti più di te: sono venerati dalla gente che compie la
loro volontà sacrificando loro, versando loro libazioni di vino e offrendo
sacrifici". L'apostolo rispose: "Alla fine periranno anch'essi con i
loro adoratori". Inutilmente si cercarono i demoni; di loro non v'era più
traccia, mentre le donne giacevano come morte, senza parola.
[78] Gli asini
selvatici se ne stavano l'uno a fianco all'altro senza staccarsi; ma quello al
quale la potenza di nostro Signore aveva dato la parola se ne stava davanti ai
suoi compagni, e allorché tutta la gente lo guardava in silenzio nell'attesa di
vedere quanto avrebbe fatto l'apostolo, l'asino selvatico, guardando la gente,
disse all'apostolo: "Perché te ne stai lì ozioso, apostolo dell'Altissimo?
Al tuo fianco c'è il Paraclito in attesa di ciò che andi cose per mezzo tuo.
Perché te ne stai immobile, predicatore di colui che è nascosto? Il tuo Maestro
desidera svelare, per mezzo tuo, la sua nascosta natura a quelli che sono degni
di udire queste cose. Perché te ne stai quieto, tu che nel nome del tuo Signore
operi prodigi? Il tuo Signore è a fianco a te per infonderti coraggio. Non
temere! Egli non ti abbandonerà, la sua divinità non permetterà che la tua
umanità sia tormentata. Inizia, dunque, a invocarlo ed egli ti ascolterà come è
solito fare in ogni tempo. Perché ti attanaglia lo stupore davanti alle sue
molteplici opere? Le cose operate per mezzo tuo sono piccole. Se vuoi enumerare
i suoi doni non sarai capace di giungere alla fine. Perché ti stupisci a
proposito delle guarigioni corporali che hanno un termine, mentre tu ricordi
quella sua guarigione che non ha fine? Perché valuti l'amore temporale, mentre
puoi riflettere ogni giorno sulla vita perpetua?
[79] Voi gente qui presente nell'attesa di vedere la
risurrezione di costoro che sono prostrate, credete nel Maestro della verità,
credete in colui che vi incammina verso il vero, credete nel rivelatore dei
segreti, credete nel dimostratore della vita, credete all'apostolo eletto di
Gesù, credete al Figlio, Gesù Cristo, che è nato affinché coloro che sono nati
vivano in virtù della sua nascita, è cresciuto affinché per mezzo suo apparisse
la crescita perfetta; è andato a scuola affinché per mezzo suo fosse nota la
sapienza perfetta, insegnò al suo maestro perché egli era il Maestro della
verità e l'insegnante dei saggi, andò nel tempio e offrì un sacrificio affinché
apparisse manifesto che tutti i sacrifici sono santificati da lui. Questo è il
suo apostolo, questo è l'apostolo della verità, questo è colui che compie la
volontà di colui che l'ha mandato. Ma verrà un tempo nel quale appariranno
falsi apostoli, profeti bugiardi la cui fine sarà come quella delle loro
azioni, e vi diranno: "Attenti ai peccati", mentre essi non faranno
che commettere peccati, indosseranno la veste dell'agnello mentre dentro sono
lupi rapaci, non si accontenteranno di prendere legalmente una moglie, ma con
le loro parole e con le loro azioni corromperanno molte donne, non genereranno
bambini, ma corromperanno molti bambini e per questo ne sconteranno la pena,
saranno addolorati a motivo della felicità degli altri e godranno della loro
angustia, ai quali non basta quanto possiedono e desidereranno che tutto sia al
loro servizio ed essere considerati come discepoli di Cristo; nella loro bocca
c'è una cosa e un'altra nel loro cuore; esortano a evitare le cose odiose, ma
intanto non compiono una sola azione buona; davanti a loro l'adulterio, il
furto, l'oppressione e l'avidità sono odiosi, ma, segretamente, compiono tutto
ciò che predicano di non fare"
[80] Invocazione. Mentre esso diceva queste cose, tutti gli
asini selvatici lo stavano osservando e, quando rimase zitto, Giuda disse:
"Che cosa debbo pensare del tuo servo Gesù? Come ti debbo invocare, non
so! Tu sei dolce e silente, sei quieto e loquace! Tu vedi quanto c'è nel cuore,
indaghi ciò che c'è nella mente! Gloria a te, misericordioso! Gloria a te,
Parola viva' Gloria a te, nascosto e multiforme! Gloria a te, misericordia che
ha abbondato su di noi! Gloria a te, grazia discesa su di noi! Gloria a te,
grandezza divenuta piccola per noi! Gloria alla tua sublimità divenuta umile
per noi! Gloria alla tua forza, divenuta debolezza per noi! Gloria alla tua
divinità, che per noi si è rivestita di umanità! Gloria alla tua divinità che
fu fatta nuova per noi, e morì per dare a noi la vita! Gloria alla tua
risurrezione dal sepolcro, affinché noi possiamo risorgere e salire in alto!
Gloria alla tua ascensione in cielo con la quale tu ci hai preparato la strada
verso l'alto, dopo averci promesso e giurato che saremo seduti alla tua destra
e alla tua sinistra, e saremo giudici insieme a te! Tu sei la Parola del cielo,
tu sei la luce nascosta dell'intelligenza, lo studio del sentiero della verità,
colui che disperde le tenebre e distrugge l'errore!".
[81] Dopo avere detto queste cose l'apostolo andò dalle
donne che stavano là, e disse: "Mio Signore e mio Dio Gesù Cristo, io non
dubito di te, bensì ti invoco giacché in ogni tempo tu ci hai dato aiuto,
conforto e coraggio. Datore della franchezza di parola e della gioia al tuo
servo e apostolo, fa' che queste donne siano guarite, si alzino e tornino a
essere come erano prima che fossero colpite dai demoni". A queste parole,
le donne si volsero in su e si sedettero guarite. Giuda ordinò al generale di
farle accompagnare a casa dai suoi servi e di dare loro da mangiare. Dopo che
esse furono prese e portate via, egli disse agli asini selvatici:
"Seguitemi". Gli andarono dietro ed egli li condusse fuori della
porta; appena usciti, disse loro: "Andate in pace ai vostri
pascoli!". Gli asini selvatici se ne andarono tranquilli, mentre
l'apostolo restava a guardarli, badando che nessuno facesse loro del male, fino
a quando scomparvero dalla vista e non furono più visibili.
IX Atto nono: della moglie di Carisio
[82] Ritornato da loro, Giuda, con una grande moltitudine,
andò in casa del generale. Una donna, di nome Migdonia, parente del re, venne a
vedere il nuovo aspetto del nuovo Dio che era predicato e del nuovo apostolo
che era giunto nel loro paese: sedeva in una lettiga portata dai suoi servi. A
motivo della grande ressa non riuscirono a portarla vicino a lui; lei allora lo
mandò a dire a suo marito il quale inviò degli ufficiali che la precedessero e
tenessero dietro la folla. Appena l'apostolo vide questo, disse loro:
"Perché trattate male questa gente venuta a sentire la Parola? Perché
volete allontanarli con il desiderio di venire voi qui vicino a me, voi che
siete così lontani? A queste moltitudini che vengono a me nostro Signore dice:
"Voi avete orecchie, ma non udite, avete occhi, ma non vedete"; ed
ancora: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e aggravati, e io vi
darò riposo"".
[83] Encratismo. E rivolto a quegli uomini, disse: "La
benedizione pronunziata all'indirizzo di quelli è caduta su di voi che state
portando; voi, infatti, siete sotto un grave peso mentre lei vi dirige con il
suo comando. Sebbene Dio vi abbia creato uomini, gli uomini vi fanno portare
dei pesi gravi come se foste bestie. Quelli che vi sono superiori per natali
pensano in cuor loro che voi non siate uomini come essi, ignorano che davanti a
Dio tutti gli uomini sono uguali, siano liberi o schiavi. Giusto è il giudizio
di Dio con il quale saranno giudicate tutte le anime della terra, nessuna
esclusa, siano esse schiave o libere, ricche o povere: quelli che hanno non ne
trarranno alcun vantaggio, e quelli che non hanno non subiranno alcun
svantaggio nel giudizio. A noi, infatti, non fu comandato di fare cose di cui
siamo incapaci, né di prendere pesi gravi, né di edificare edifici, che i
carpentieri innalzano per se stessi con saggezza, né di praticare l'arte di
scolpire le pietre dure come, secondo la loro forza, fanno gli scalpellini,
bensì ci fu comandato qualcosa che possiamo compiere.
[84] Di astenerci: dalla fornicazione, capo di tutti i mali,
dall'omicidio in ragion del quale la maledizione venne su Caino, dal furto che
indusse Giuda Iscariota a impiccarsi, dall'intemperanza che privò Esaù della
sua primogenitura, dalla cupidigia perché chi le è soggetto non considera
quello che fa, dalla vana gloria e dalla calunnia disgregatrice, da ogni azione
cattiva e da atti vergognosi, dal detestabile connubio e dall'unione impura,
ove c'è eterna condanna: questa afferra con forza i superbi e li getta giù nel
sentiero più basso, li pone in suo potere di modo che non possano distinguere
quello che fanno e le loro azioni siano a essi stessi celate.
[85] Voi, però, ascoltatemi e comportatevi con purezza
preferita da Dio al di sopra di tutti i beni, e con temperanza perché ci mostra
il connubio con Dio e dà la vita eterna. Comportatevi anche con umiltà perché è
stata pesata con ogni altra virtù ed è apparsa pesante sorpassando il peso
delle altre e conquistandosi la corona, con dolcezza stendendo la mano al
povero e provvedendo al bisognoso, ma soprattutto guardate di comportarvi con
purezza; preferita da Dio, essa ci dà accesso alla vita perpetua essendo al di
sopra di tutte le virtù ed è per mezzo suo che si compiono tutte le buone
opere, giacché colui che non è puro è incapace di compiere qualcosa di buono
essendo che tutte le virtù vengono dopo la purezza. La purezza offre la visione
di Dio e distrugge il male, la purezza piace a Dio ed è per questo che procede
da lui, la purezza è un atleta insuperabile, la purezza è la verità che non
vacilla, la purezza è la torre che non crolla, davanti a Dio la purezza è
giudicata degna di essergli ancella, trovata da molti, la purezza è bellezza,
la purezza distrugge la corruzione, la purezza è messaggera di concordia e
apportatrice di novelle di pace. Chi possiede la temperanza è libero dalle cure
quotidiane, la temperanza non si cura d'altro che di essere gradita al Signore,
la temperanza è perseverante nella speranza, nell'attesa della liberazione, la
temperanza se ne sta sempre tranquilla perché non compie nulla di cattivo, la
temperanza cerca una vita pacifica: è gioia per tutti quanti la possiedono ed
esalta quelli che le sono familiari.
[86] L'umiltà ha soggiogato la morte e l'ha ridotta in suo
potere, l'umiltà ha conquistato l'inimicizia, l'umiltà è un giogo leggero che
non stanca coloro che lo portano, l'umiltà non teme nulla e non è dura verso
alcuno, l'umiltà è concordia, è pace, è gioia e quiete. Acquistate la purezza,
assimilate la temperanza e tendete verso l'umiltà: giacché è in queste tre
virtù fondamentali che è ritratto il Cristo ch'io predico. La purezza, infatti,
è il tempio di Dio e chiunque la custodisce, custodisce il suo tempio e Cristo
abita in lui. La temperanza è la quiete di Dio, giacché nostro Signore digiunò
quaranta giorni e quaranta notti senza assaggiare nulla, e Cristo abita in
colui che l'osserva. L'umiltà è una grande forza, perché nostro Signore disse
all'apostolo Simone: "Ritira la tua spada! S'io volessi chiamare la forza
del Padre mio, egli mi invierebbe dodici legioni di angeli"".
[87] Migdonia e la moglie di Mazdai. Mentre Giuda diceva
queste cose, tutta la folla l'ascoltava premendosi l'un l'altro. E la moglie di
Carisio, parente del re Mazdai, balzò giù dalla lettiga, cadde a terra davanti
ai piedi dell'apostolo e lo supplicò dicendo: "Ti supplico, apostolo del
nuovo Dio venuto dall'abitazione degli uomini in un luogo deserto (noi,
infatti, abitiamo in un deserto perché viviamo come bestie senza parola, ma
ecco che ora siamo addomesticati dalle tue mani), di volgerti anche a me, di
pregare per me affinché ottenga grazia da questo Dio che tu predichi, possa
diventare una sua ancella ed essere unita a voi con la preghiera, con la
speranza e con il ringraziamento, affinché possa ricevere il segno e divenire
anch'io un suo tempio nel quale egli abiti".
[88] L'apostolo rispose: "Prego e supplico voi fratelli
in nostro Signore e sorelle di Cristo, affinché la parola di Cristo abiti e
dimori in voi tutti poiché a voi è stato dato il potere sulle vostre
anime". Prese poi a dire alla donna: "Migdonia, alzati da terra,
pensa a te stessa, non interessarti dei tuoi ornamenti transitori, né della
peritura bellezza della tua persona, dei tuoi abiti, del tuo nome e della tua
dignità in questo mondo transituro, non degradarti in questo sordido connubio
privandoti dell'amicizia verace. Gli ornamenti, infatti, periscono, la bellezza
si invecchia e muta, gli abiti si sgualciscono, la potenza passa accompagnata
dal castigo, secondo la condotta di ognuno, ed anche il connubio tramonta con
grande disprezzo. Rimane soltanto Gesù, coloro che sperano in lui, in lui si
rifugiano e a lui si affidano". Rivoltosi poi alla donna, disse: "Va'
in pace, e il Signore ti renda degna dei suoi divini misteri". Lei
rispose: "Ho paura che tu mi lasci partire e poi te ne vada in un altro
luogo". L'apostolo la assicurò: "Gesù non ti abbandonerà, in virtù
della sua misericordia". Inchinatasi, si prostrò davanti a lui, pensando
che egli fosse Gesù, e se ne ritornò a casa contenta.
[89] Carisio, parente del re Mazdai, preso il bagno, era
andato a cena domandando dove mai fosse andata la moglie che, dalla camera, non
gli era andata incontro. Le di lei ancelle gli risposero: "Non si sente di
venire!". Egli entrò, allora, in camera, la vide coricata sul letto con la
faccia coperta e la baciò. Poi le domandò: "Perché oggi tu sei angustiata
e triste?". Lei rispose: "Sono molto affaticata!". Ed egli:
"Perché non hai rispettato la tua posizione di donna libera, perché non te
ne sei rimasta a casa invece di andare a sentire parole vane e a vedere
sortilegi? Alzati, esci, cena con me, poiché io non posso cenare senza di
te". Migdonia gli rispose: "Scusami se oggi non ceno e non dormo con
te. Sono molto agitata!".
[90] Udito quanto aveva detto Migdonia, Carisio non volle
lasciare la camera né per dormire né per cenare, ordinò ai servi di portargli
il vitto per potere cenare in presenza di lei. Quando fu portato il vitto e
posto davanti a lui, egli le chiese di cenare, ma lei non volle. Allora mangiò
solo lui. Carisio le disse: "Per causa tua, ho rifiutato di fermarmi a
cenare dal mio signore, il re Mazdai, e tu rifiuti di cenare con me!".
Migdonia rispose: "E' perché non mi sento". Poi egli s'alzò per
andare a letto e dormire com'era sua abitudine, ma lei gli disse: "Non
t'ho forse detto che oggi mi debbo scusare, desiderando dormire sola?".
[91] Udite queste parole, se ne andò a dormire in un altro
letto. Svegliatosi improvvisamente dal sonno, le disse: "Mia signora e
sorella Migdonia, ascolta il sogno che ho visto questa notte. Mi sono visto
seduto alla presenza del mio signore, il re Mazdai, e davanti a noi c'era una
tavola. Vidi un'aquila scendere dal cielo e portare via una coppia di pernici
davanti a me e al re, trasportandole nel suo nido, e ritornare poi nuovamente a
librarsi sopra di noi Il re Mazdai chiese che gli fosse portato un arco;
l'aquila ritornò e portò ancora via davanti un colombo e una tortora. Allora il
re Mazdai le scoccò una freccia che la trapassò da parte a parte, senza farle
alcun male, ed essa se ne andò via al suo nido. Mi svegliai dal sonno agitato e
tormentato a motivo della pernice che avevo gustato, senza poter proseguire a
portarla alla mia bocca mentre in bocca non mi restava che il gusto".
Migdonia gli rispose: "Il tuo sogno è buono! Tu mangi pernici ogni giorno,
ma l'aquila non ne aveva, forse, mangiato mai fino allora".
[92] Al mattino, Carisio, parente del re Mazdai, s'alzò di
buon'ora e, vestendosi, si infilò la scarpa destra al piede sinistro e disse a
Migdonia: "Ma che è questo? Prima il sogno e poi questa azione!".
Migdonia gli rispose: "Anche questo non è di malaugurio, ma di
buonaugurio; da una cosa di malaugurio deriva qualcosa di buono!".
Lavatesi le mani, andò a salutare il re Mazdai.
[93] Anche Migdonia, moglie di Carisio, s'alzò presto, andò
a ossequiare l'apostolo Giuda e lo trovò seduto in conversazione con il
generale e con una grande moltitudine. Egli diceva loro: "Figli miei, di
chi è moglie la donna che ieri ricevette nostro Signore nel suo cuore e nella
sua anima?". Il generale gli rispose: "E' moglie di Carisio, parente
del re Mazdai. Suo marito è un uomo difficile e in tutto ciò che dice al re è
assecondato. Non permetterà che ella compia quanto ha promesso, giacché di lei
ha detto al re molte cose gentili ed ha pure affermato che non c'è nessuna come
lei. Lei pure gli vuole molto bene e le cose che tu dici loro sono estranee ad
essi" Giuda replicò: "Se, nella sua anima, nostro Signore è veramente
risorto e se ella ha accolto il seme che in lei è stato seminato, non terrà
conto di questa vita né avrà paura della morte. Anche Carisio non potrà più
farle cosa alcuna né permettere che soffra, giacché colui che lei ha accolto
nella sua anima è più grande, purché lei lo abbia ricevuto, una volta per
sempre, con un amore perfetto".
[94] Udite queste cose, Migdonia disse a Giuda:
"Davvero, mio Signore, attraverso la tua preghiera ho ricevuto il seme
vivo della Parola e per mezzo del mio Signore Gesù produrrò frutti simili al
seme?". Giuda rispose: "Queste nostre anime, che sono tue, ti lodano,
o Signore nostro. Questi nostri spiriti, che sono tuo vero possesso, ti lodano,
mio Signore. Questi nostri corpi, che tu hai reso degne dimore del tuo spirito,
sempre da glorificare, ti lodano, mio Signore". Sull'encratismo. Rivolto a
tutti i presenti, disse l'apostolo: "Beati i puri, le cui anime non li
hanno mai riprovati, perché essi le hanno acquistate e in loro non alberga
alcun dubbio. Beati gli spiriti dei puri, che hanno ricevuto la corona e
dall'agone salgono verso il premio loro assegnato. Beati i corpi dei puri,
fatti degni templi mondi nei quali dimorerà Cristo. Beati voi, puri, essendovi
concesso di chiedere e di ricevere. Beati voi, puri, essendo chiamati giudici.
Beati voi, puri, essendovi dato il potere di perdonare i peccati. Beati voi,
puri, giacché non avete distrutto ciò che vi fu affidato, bensì, con gioia, lo
avete portato in alto, insieme a voi. Beati voi, mansueti, poiché Dio vi ha
reso degni di ereditare il regno. Beati voi, mansueti, avendo vinto il maligno.
Beati voi, mansueti, giacché vedrete il volto del vostro Signore. Beati voi,
temperanti, giacché sarete soddisfatti e godrete delle cose spirituali che non
passano, che non si dissolvono e che sfamano coloro che di esse si cibano.
Beati voi, temperanti, essendo liberati dal peccato". Mentre l'apostolo
pronunciava queste parole, tutta la moltitudine lo stava ad ascoltare, e
Migdonia, moglie di Carisio, amico del re Mazdai, si fortificava grandemente
nella purezza, nella temperanza e nella mansuetudine.
[95] Mentre questi si rallegravano tutto il giorno nelle
lodi e nella maestà del Signore, Carisio, amico del re Mazdai, andò a pranzare
e non trovò sua moglie a casa; prese allora a domandare sue notizie ai servi:
"Dov'è andata la vostra padrona?". Uno di essi gli rispose: "E'
andata dallo straniero, e si trova là". Udito ciò dal servo, si sdegnò
contro gli altri servi che non lo avevano informato su quanto era accaduto.
Andò a prendere un bagno, ritornò che era ancora giorno e, sedutosi, attese
Migdonia fino al suo rientro. Fattasi sera, ella ritornò e appena la vide egli
le domandò: "Dove sei stata fino adesso?". Lei rispose: "Sono
andata dal medico". Egli replicò: "Quel singolare illusionista è un
medico?". Lei rispose: "Sì, è un medico, diverso da tutti gli altri
medici. Questi altri medici, infatti, curano tutti dei corpi che si
dissolveranno, mentre questo medico, con i corpi, cura le anime che non si
dissolveranno mai più". All'udire ciò, Carisio, parente del re Mazdai, in
cuor suo si sdegnò con Migdonia e con lo straniero, tuttavia non le disse
nulla: egli aveva paura di lei, che gli era di molto superiore sia nella
ricchezza che nell'intelligenza; egli, dunque, se ne andò, entrò nella sala da
pranzo e si sedette a cenare, mentre lei si ritirò nel suo appartamento. Egli
disse ai servi di chiamarla a mangiare con lui, ma lei non volle.
[96] Saputo che lei non voleva uscire, andò da lei e le
domandò: "Perché non vuoi venire a cenare con me? Non vuoi, forse, neppure
dormire con me come d'abitudine? Ho ancora più timore di questo dopo che ho
sentito che quello stregone e imbroglione è molto preoccupato di questo, che un
uomo, cioè, non conviva con la propria moglie, volendo così privarci di ciò che
dà gioia alla natura e fa piacere agli dèi". Mentre Carisio diceva queste
cose, Migdonia se ne stava zitta. Egli allora proseguì: "Migdonia, sorella
mia e amata signora e moglie, non ti lasciare ingannare da parole oziose e
fallaci, né dagli atti magici che, a quanto ho udito, egli compie in nome del
suo dio. Infatti, dal giorno della creazione del mondo, non si è mai udito che
un uomo ridoni la vita a un morto; eppure, a quanto ho udito, quest'uomo agisce
come se ridonasse la vita ai morti. Quanto poi al fatto che egli non mangia e
non beve non pensare che sia dovuto al suo amore per la giustizia: è perché non
ha nulla. Che cosa può mangiare uno che non ha neppure il pane quotidiano?
Indossa un solo vestito perché non ne ha un altro. Quanto alla ricompensa, egli
non ne accetta da alcuno, sapendo che non guarisce nessuno".
[97] Quando Carisio diceva queste cose, Migdonia restava
zitta come un sasso; pregava e supplicava che si facesse giorno per poter
andare a vedere l'apostolo di Dio. Egli allora la lasciò e se ne andò
mestamente a cenare. Riteneva che, almeno, avrebbe dormito con lei come
d'abitudine; ma allorché se n'era uscito da lei, ella si inginocchiò e prese a
pregare dicendo: "Mio Signore e mio Dio, Cristo, mio datore di vita, dammi
la forza di vincere la temerarietà di Carisio e concedimi di mantenere la
purezza della quale ti compiaci e per mezzo della quale troverò la vita
eterna". Dopo avere pregato così, si scoprì la faccia e si pose a giacere.
[98] Dopo avere cenato, Carisio andò da lei e si tolse i
vestiti. Ella se ne accorse e gli disse: "A fianco a me, non c'è più posto
per te, poiché il mio Signore Gesù, al quale mi sono unita, è migliore di te ed
è sempre al mio fianco!". Carisio rise e le rispose: "Tu prendi bene
in giro quello stregone e deridi bene lui che disse: "Se non vi mantenete
puri, non potete vivere davanti a Dio"". Detto ciò, ebbe l'ardire di
porsi a giacere a fianco a lei; ma ella non lo sopportò e prese a gridare
aspramente dicendogli: "Aiutami, Dio nuovo venuto in India per opera dello
straniero! Aiutami, Signore Gesù! Non mi abbandonare, poiché mi rifugio in te.
Ho udito che tu cerchi coloro che ti conoscono: ecco ch'io ti cerco, ho sentito
parlare di te e ho creduto in te, vieni in mio aiuto, liberami dall'insolenza
di Carisio, non permettere che la sua impurità abbia il sopravvento su di me,
non permettere che egli prenda posto al mio fianco". Poi ella s'alzò, legò
le di lui mani, fuggì dal suo fianco e, strappata la tenda dalla porta della
camera, vi si avvolse; uscita, andò dalla sua nutrice, e quella notte dormì al
suo fianco.
[99] Carisio passò
una notte molto triste: batteva una mano contro l'altra, voleva andare dal re
Mazdai per informarlo della violenza che gli era stata fatta, e pensava:
"Se mi presento con la tristezza che sento, chi mi introdurrà dal re
Mazdai? So bene che, se la fortuna non mi avesse abbandonato e abbattuto dal
mio orgoglio, dalla mia grandezza e dall'alta mia dignità, e precipitato nel
disprezzo e nell'umiliazione separandomi dalla mia diletta Migdonia, anche se
il re Mazdai si fosse presentato, a quest'ora, alla mia porta, io non sarei
uscito a rispondergli, ma avrei atteso il mattino. So che qualunque cosa dica,
il re Mazdai mi asseconderà; gli parlerò, dunque, della stregoneria dello
straniero, come abbia agito violentemente e abbia precipitato in un abisso uno
che era in alto; io, infatti, non sono rattristato per il fatto di essere stato
allontanato dall'unione con Migdonia, bensì sono addolorato per lei, perché la
sua grandezza fu degradata, la sua libertà menomata, umiliato il suo alto
spirito, perché la donna che nessuno dei suoi servi vide mai in collera fuggì
nuda dalla sua camera e non so dove se ne sia andata; sotto l'influsso della
stregoneria dello straniero, forse se n'è andata per la strada, ma non so con
chi, giacché di lei non si sa più nulla".
[100] Prese poi a piangere, dicendo: "Guai a te, per
amor tuo, mia vera consorte della quale ora sono privo! Guai a me, per amor
tuo, mia amata e mia amante, che per me vali più di tutta la mia stirpe! Da te
non ho avuto né un figlio né una figlia con cui potermi ricreare! Non hai
ancora passato con me un anno, ed ecco un occhio maligno ti ha distolto da me!
Se, con la forza, la morte ti avesse strappato da me, mi sarei annoverato tra i
re, tra i prìncipi e tra i nobili, ma non proprio questo straniero, forse
schiavo fuggito dai suoi padroni, venuto qui per essere la mia sfortuna! Non
avrò mai riposo né mi arresterò fino a quando non l'avrò distrutto, fino a
quando non l'avrò castigato e mi sarò vendicato di lui. Per questa notte non mi
mostrerò al re Mazdai, ma se non mi accontenterà e non castigherà lo straniero,
gli parlerò del generale Sifur, causa della rovina di questa donna. Ecco,
infatti, che egli se ne sta a casa mentre molti entrano ed escono da lui che
insegna la nuova dottrina della purezza, insegna che un uomo non può vivere se
non si separa da tutto ciò che gli appartiene e diventa un asceta, va
mendicando come lui, che cerca di farsi dei seguaci".
[101] Mentre Carisio
meditava su queste cose, si fece giorno: si alzò di buon mattino, si vestì e si
mise le scarpe; indossò, tuttavia, ornamenti dimessi; il suo atteggiamento era
oscuro ed egli molto triste. Andò ad ossequiare il re Mazdai ed appena il re
Mazdai lo vide gli domandò: "Perché sei venuto da me in uno stato così
miserabile? Perché è triste il tuo volto, ed è mutato il tuo
atteggiamento?". Carisio rispose: "Re Mazdai, ho un fatto nuovo da
raccontarti e un nuovo disastro portato in India da Sifur. Un illusionista
ebreo abita in casa sua, non si allontana mai da lui, molti si recano là ove
egli insegna loro il nuovo Dio e inculca nuove leggi che presso di noi non
furono mai udite; dice: "Non potete divenire figli della vita perpetua
ch'io insegno se non vi separate, il marito dalla moglie e la moglie da suo
marito". Ora avvenne che la mia infelice e misera moglie andò a vederlo e,
udendo le sue parole, gli credette: di notte s'alzò e fuggì dal mio fianco; lei
che non poteva sopportare di rimanere lungi da me per una sola ora, lei che non
poteva vivere senza di me! Manda, dunque, a prendere Sifur e l'illusionista
nascosto presso di lui, e castigali; altrimenti, a motivo delle sue parole,
perirà tutta la nostra gente".
[102] Udite queste cose dal suo parente, il re Mazdai
rispose: "Non rattristarti e non tormentarti! Manderò a prenderlo e lo
castigherò, e tu riavrai tua moglie. Ho reso giustizia ad altri che non
potevano rendersela da soli, tanto più la renderò a te!". Ordinò che fosse
chiamato da lui il generale Sifur. Quelli che andarono a casa sua, lo trovarono
seduto a destra dell'apostolo di Dio, Giuda, mentre Migdonia sedeva ai suoi
piedi e una grande moltitudine lo stava ascoltando; avvicinato il generale
Sifur, gli dissero: "Tu siedi e ascolti parole vane, mentre il re Mazdai,
pieno d'ira, cerca di ucciderti a motivo di questo stregone e seduttore, che
hai introdotto a casa tua?". Udite queste parole, il generale rimase
angustiato, non perché il re era in collera con lui, ma perché il re aveva
saputo ch'egli andava d'accordo con l'apostolo Giuda. Sifur disse a Giuda:
"Sono angustiato per causa tua! L'altro giorno ti dissi che quella donna
era moglie di Carisio, parente del re Mazdai, e che egli non avrebbe permesso che
ella mantenesse fede alle promesse, giacché qualunque cosa egli dica al re, è
accontentato". Giuda rispose a Sifur: "Non temere, ma credi in Gesù,
che prende le mie e le tue difese, e quelle di tutti coloro che si rifugiano in
lui e vengono al suo luogo di riunione" A queste parole, il generale
indossò gli abiti e andò dal re Mazdai.
[103] Tomaso in prigione. Giuda domandò a Migdonia per qual
motivo suo marito era irritato contro di lei e progettava tali cose contro di
loro. Lei rispose: "Perché non mi sono data con lui alla corruzione. La
notte scorsa, infatti, egli voleva soggiogarmi e assoggettarmi a ciò che era
solito fare, ma colui al quale mi sono affidata mi ha liberato dalle sue mani,
io fuggii nuda dal suo fianco, me ne andai a dormire dalla mia nutrice; non so
cosa gli sia capitato per ordire queste cose contro di voi". L'apostolo le
disse: "Figlia mia, queste cose non ci nuocciono! Credi in Gesù ed egli
frenerà le voglie di Carisio, ti libererà dalla corruzione e dalla lascivia.
Egli ti sarà compagno lungo il sentiero pericoloso, ti sarà guida verso il
regno suo e di suo Padre, ti condurrà alla vita perpetua e ti darà quella
sovranità che non passerà e non cambierà mai".
[104] Quando Sifur fu davanti al re Mazdai, Mazdai gli
domandò: "Qual è la sua storia, donde viene e che cosa insegna quello
stregone che trama contro di te?". Sifur rispose: "Non sa, forse, il
mio signore, ch'io e tutti i miei amici eravamo in grande affanno per mia
moglie, che conosci e che molti hanno in onore, e per mia figlia, per le quali
io reputo un nulla tutto quanto possiedo? La calamità e la prova che le colpì,
e come fossero diventate irrisione e maledizione per tutto il paese? Io,
dunque, sentii parlare di quest'uomo, andai da lui, l'interrogai, lo presi e lo
menai quivi. Mentre camminavo con lui sulla strada vidi miracoli strepitosi;
molti sono coloro che hanno visto e udito quanto disse un asino selvatico e ciò
che un demone affermò di lui. Egli guarì mia moglie e mia figlia, ed ecco che
ora stanno bene, senza accettare ricompensa alcuna ad eccezione della fede e
della purezza affinché possano essere partecipi di quanto egli compie. Egli
insegna: "Temete un solo Dio, Signore di tutto, e Gesù Cristo, suo Figlio,
e vivrete per sempre". Da una sera all'altra, non mangia altro che pane e
sale, e beve acqua; prega molto e Dio gli concede tutto quello che egli chiede;
egli rallegra anche noi, asserendo che il suo Dio è santo, buono, misericordioso,
benevolo, datore di vita, e che quindi coloro che credono in lui, gli si devono
accostare con mondezza, con purezza e con amore".
[105] Udite tali cose da Sifur, il re Mazdai mandò alla casa
del generale Sifur dei soldati che erano alla sua presenza affinché prendessero
Giuda Tomaso e quelli che avrebbero trovato con lui. Questi, entrati, lo
trovarono seduto che insegnava a una grande folla mentre Migdonia era seduta ai
suoi piedi. Vista la folla che lo circondava, ne furono impauriti e se ne
ritornarono dal re Mazdai per dirgli: "Non osammo dirgli nulla perché era
con lui una grande folla, ed anche Migdonia se ne stava seduta ai suoi piedi
ascoltando le sue parole". Mazdai e Carisio udirono queste cose. Allora
Carisio balzò dalla presenza del re Mazdai, prese con sé dei soldati e disse:
"Andrò a prendere lui ed anche Migdonia, alla quale egli ha fatto perdere
la testa". E si precipitò in casa del generale Sifur ed entrato trovò
Giuda seduto che stava insegnando. Al suo ingresso egli vide Giuda ma non trovò
Migdonia, che era tornata a casa sapendo che avrebbero riferito a suo marito
che l'avevano vista là.
[106] Carisio disse a Giuda: "Alzati malvagio,
corruttore, nemico! Che cosa mi può fare la tua stregoneria? Le tue stregonerie
le farò ricadere sul tuo capo". Dopo che egli pronunciò queste parole,
Giuda lo guardò e gli disse: "Le tue minacce ricadranno su di te. Tu,
infatti, non mi puoi nuocere per nulla, poiché è con me il mio signore Gesù
Cristo; in lui io mi rifugio ed egli è piùforte di te, del tuo re e di tutti
gli eserciti". Carisio prese il turbante di uno dei suoi servi e lo gettò
attorno al collo dell'apostolo, e disse: "Trascinatelo via! Vediamo un po'
se Gesù lo libererà dalle mie mani!". Fu trascinato via e condotto fino al
re Mazdai. Quando Giuda fu davanti al re Mazdai, questi gli domandò:
"Narrami la tua storia e in potere di chi tu compi queste opere".
Giuda rimase zitto e non diede alcuna risposta Allora il re Mazdai ordinò ai
soldati che gli dessero centocinquanta frustate e che lo portassero legato in
prigione: essi lo legarono e lo condussero via. Partito ed entrato in prigione,
Mazdai e Carisio progettavano la maniera di ucciderlo, giacché tutto il popolo
lo venerava come un dio. Si preoccuparono di fare sapere ovunque: "Ha
vilipeso il re ed è uno stregone".
[107] Ma, entrando in prigione, Giuda era allegro e
contento, e diceva: "Grazie, Signore Gesù Cristo, di avermi reputato degno
non soltanto di credere in te, ma anche di sopportare molte cose per amor
tuo!". Ed aggiunse: "Ti ringrazio, mio Signore, di avermi ritenuto
degno di queste cose! Ti ringrazio, mio Signore, perché la tua provvidenza ha
vigilato su di me e tu mi hai giudicato degno di sopportare molti mali per amor
tuo! Ti ringrazio, mio Signore, perché per amor tuo sono stato un recluso, un
asceta, un povero, un girovago mendicante! Possa io, dunque, partecipare alla
beatitudine del povero, alla pace dell'afflitto, alla beatitudine di quelli che
sono odiati dagli uomini, perseguitati e vilipesi, di coloro ai quali sono
dette parole odiose. Ecco che per amor tuo sono odiato ed evitato da molti; per
amor tuo, dicono di me ciò ch'io ignoro".
[108] Tutti quelli che erano in prigione, vedendolo pregare,
lo supplicarono di pregare anche per essi. Dopo aver pregato, Giuda, si sedette
e prese a cantare quest'inno.
Inno della perla dell'apostolo Giuda nel paese degli Indiani
1 Quand'ero un piccolo fanciullo dimoravo nel mio regno,
nella casa di mio padre
2 lieto della ricchezza e del fasto dei miei nutritori.
3 Dall'Oriente, nostra casa, i miei genitori mi
equipaggiarono e mi mandarono,
4 dalla ricchezza del nostro tesoro attinsero
abbondantemente allestendomi un carico
5 grande, ma leggero, ch'io stesso potevo portare:
6 oro di BethÄEllaye e argento della grande Gazak
7 rubini d'India e agate di BethÄCashan,
8 mi provvidero di diamante che può frantumare il ferro.
9 Mi tolsero la veste scintillante che nel loro amore mi
avevano fatto
10 e la toga porpurea, misurata e tessuta sulla mia statura.
11 Fecero con me un contratto e lo scrissero nel mio cuore
affinché non fosse dimenticato:
12 "Se tu discenderai in Egitto e porterai la perla
13 che è in mezzo al mare attorno al serpente sibilante,
14 tu indosserai la tua veste scintillante e la tua toga di
cui ti allieti
15 e con tuo fratello, il più vicino alla nostra autorità,
sarai erede del nostro regno".
[109]
16 Io lasciai l'Oriente e discesi, accompagnato da due
custodi,
17 lungo la strada pericolosa e difficile ed io ero molto
giovane per percorrerla.
18 Attraversai le frontiere di Maishan punto d'incontro dei
commercianti dell'Oriente,
19 raggiunsi la terra di Babel e attraversai le mura di
Sarbug,
20 discesi in Egitto e i miei compagni si allontanarono da
me.
21 Andai diritto dal serpente e mi fermai presso la sua
dimora
22 nell'attesa che si appisolasse e dormisse per portargli
via la perla.
23 Allorché fui unico e solo, divenni estraneo alla mia
famiglia,
24 vidi laggiù un orientale, uno della mia stirpe, un uomo
libero,
25 un giovane gentile e amabile figlio di venditori d'olio;
26 mi si avvicinò, si unì a me, ed io ne feci il mio intimo
amico, un collega,
27 con il quale spartire la mia merce.
28 Lo misi in guardia contro gli Egiziani, contro quanti
sono in comunione con l'impuro;
29 indossai le loro vesti affinché non mi avessero in
avversione
30 essendo giunto dall'estero per prendere la perla e
aizzare il serpente contro di me.
31 Ma in un modo o in un altro essi si accorsero ch'io non
ero un loro compatriota,
32 dimorarono con me slealmente e mi diedero a mangiare il
loro cibo.
33 Io dimenticai che ero figlio di re, e fui al servizio del
loro re.
34 Dimenticai la perla per la quale ero stato inviato dai
miei genitori
35 e a motivo del peso delle loro oppressioni giacqui in un
sonno profondo.
[110]
36 Ma di tutte queste cose che mi accaddero si accorsero i
miei genitori ed erano afflitti per me.
37 Nel nostro regno fu fatto un proclama affinché tutti
venissero alla nostra porta
38 re e prìncipi dei Parti e tutti i dignitari dell'Oriente.
39 In mio favore scrissero un piano affinché non fossi
lasciato in Egitto.
40 Mi scrissero una lettera ed ogni dignitario la
sottoscrisse:
41 "Da tuo padre, re dei re, e da tua madre, signora
dell'Oriente,
42 da tuo fratello, nostro secondo, a te nostro figlio, che
sei in Egitto, salute!
43 Su, alzati, dal tuo sonno e ascolta le parole della
nostra lettera!
44 Ricordati che sei figlio di re! Considera la schiavitù a
cui sei sottoposto!
45 Ricordati della perla, per la quale tu fosti inviato in
Egitto!
46 Pensa alla tua veste e ricordati della tua magnifica toga
47 che porterai e che ti adornerà. Il tuo nome fu letto
nella lista degli eroi
48 e con tuo fratello, nostro vicer‚ tu sarai nel nostro
regno!".
[111]
49 La mia lettera è
una lettera che il re ha sigillato con la sua destra
50 per custodirla dai malvagi, dai figli di Babel, e dai
selvaggi demoni di Sarbug.
51 Essa volò nelle sembianze di un'aquila, re di tutti gli
uccelli,
52 volò e si affiancò a me e divenne tutto un discorso.
53 Alla sua voce e al suono del suo rumore io partii e mi
destai dal sonno.
54 La afferrai e la baciai e presi a leggerla:
55 conformi a quanto è segnato in cuor mio erano le parole
della mia lettera.
56 Mi ricordai che i miei genitori erano re e la nobiltà dei
miei natali affermò la sua natura.
57 Mi ricordai della perla, per la quale ero stato mandato
in Egitto,
58 e incominciai a incantare il terribile serpente
sibilante.
59 Lo costrinsi a dormire e lo cullai nel suo assopimento
pronunciando su di lui il nome di mio padre
60 e il nome del nostro secondo e quello di mia madre,
regina dell'Oriente.
61 Afferrai la perla e mi volsi per ritornare a casa di mio
padre.
62 Mi tolsi la loro sordida e immonda veste e la lasciai nel
loro paese,
63 e subito ripresi la via del ritorno verso la luce di casa
nostra, l'Oriente.
64 La mia lettera, la mia destatrice, trovai davanti a me
sul cammino
65 e come essa mi
destò con la sua voce così la sua luce mi guidava.
66 Essa che abita nel palazzo con la sua forma irradiò la
sua luce davanti a me,
67 con la sua voce e con la sua guida mi spinse ad
accelerare il passo,
68 e con il suo amore mi sospinse.
69 Procedendo, passai da Sarbug, lasciai Babel sulla
sinistra
70 giunsi alla grande Maishan, porto dei commercianti,
71 posta in riva al mare.
72 L'abito splendido che mi ero tolto e la toga che era
avvolta con esso
73 da Ramtha e Rekem i miei genitori mi mandarono
74 per mezzo dei loro tesorieri che per la loro fedeltà
potevano godere di una tale fiducia.
[112]
75 Io più non ricordavo il suo modello avendo fin
dall'infanzia abbandonato la casa di mio padre,
76 ma subito, non appena lo ricevetti, mi parve che l'abito
fosse diventato uno specchio di me stesso.
77 L'osservai molto bene e con esso io ricevetti tutto
78 giacché noi due eravamo distinti e tuttavia avevamo
un'unica sembianza.
79 Anche i tesorieri, che lo portarono, io vidi allo stesso
modo:
80 erano due, ma in un'unica sembianza poiché lo stesso
segno del re su di loro era tracciato
81 dalle mani di colui che per mezzo di loro mi restituì la
fiducia e la ricchezza,
82 la mia veste ricamata, adorna di splendidi colori,
83 di oro e berilli, di rubini e agate,
84 di sardonici dai colori diversi. A casa sua su, in alto,
fu abilmente lavorata
85 con fermagli di
diamante erano unite tutte le giunture,
86 l'immagine del re dei re era interamente ricamata e
dipinta su di essa,
87 e come pietre di zaffiro rilucevano le sue tinte.
[113] 88 Vidi che in tutto il suo essere pulsavano i moti
della conoscenza
89 e che si preparava a parlare,
90 udii il suono degli accenti che egli bisbigliava con se
stesso:
91 "Io sono colui che è operoso nelle azioni quando mi
educavano presso il padre
92 io mi compresi e percepii che la mia statura cresceva in
proporzione del suo lavoro".
93 Con i suoi movimenti regali si versò tutto in me
94 e sulle mani dei suoi dispensatori si affrettò affinché
lo prendessi.
95 L'amore mi spingeva a correre, ad andargli incontro e
accoglierlo,
96 mi protesi in avanti e lo presi. Mi adornai con la
bellezza dei suoi colori
97 e mi avvolsi interamente nella mia toga, dalle tinte
sgargianti,
98 l'indossai e mi recai su alla porta.
99 Chinai il capo e adorai la maestà del padre mio che mi
aveva mandato:
100 io avevo adempiuto i suoi comandamenti ed egli mantenne
quanto aveva promesso
101 alla sua porta mi associai con i suoi prìncipi:
102 egli si rallegrò di me e mi accolse ed io fui con lui,
nel suo regno,
103 mentre lo lodava la voce di tutti i suoi servi.
104 Promise che anche alla porta del re dei re sarei andato
con lui
105 con la mia offerta e con la perla mi sarei, con lui,
presentato al nostro re.
L'inno dell'apostolo Giuda Tomaso, pronunciato quand'era in
prigione, è terminato.
[114] Mutamento di Migdonia. Carisio, marito di Migdonia,
ritornò a casa contento perché pensava in cuor suo che d'ora in avanti sua
moglie sarebbe stata con lui come prima che udisse la parola di Giuda e
credesse in nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Quando Carisio giunse,
trovò la moglie seduta, lo sguardo rivolto a terra, le vesti strappate; a
motivo di Giuda era divenuta come una pazza. Egli le domandò "Migdonia,
che è questa malata follia che si è impossessata di te? Perché hai fatto tali
cose? Io sono Carisio, lo sposo della tua giovinezza. Io sono colui che per gli
dèi e per la legge ha potere su di te. Perché ti sei comportata come una pazza?
Perché sei diventata oggetto di scherno per l'intero paese? Da questo momento
togliti dalla mente il pensiero di quel mago! Sto infatti per togliere la sua
presenza di sotto ai tuoi occhi, di modo che non lo veda mai più".
[115] Udite tali cose da Carisio, suo sposo, lei rimase
amaramente triste e afflitta. Ma egli proseguì ancora: "Che delitto hai tu
commesso contro gli dèi che ti lasciarono precipitare in questa sventura? Che
peccato hai tu contratto davanti ad essi che ti hanno condotto a questa
umiliazione e degradazione? Ti prego, Migdonia, la tua vista non torturi più la
mia anima, non affliggere oltre il mio cuore con l'affanno per te. Io sono
Carisio, lo sposo della tua giovinezza, sono il tuo vero sposo, onorato e temuto
da tutto il paese. Non so che cosa debbo fare, non so come mi devo comportare,
né che cosa escogitare. In cuor mio ricorderrò la tua bellezza e tacerò. Dovrò
pensare alla tua casta condotta e non dire nulla? E chi è colui che si lascia
privare di un così divino ed eccellente tesoro? Posso forse sopportare la
perdita delle tue amabili bellezze, che furono sempre con me? La tua dolce
fragranza è tuttora nelle mie narici, il tuo bel colorito è tuttora davanti ai
miei occhi! Anima mia, che mi vogliono sottrarre! Mio occhio splendente con il
quale io vedo, che mi vogliono cavare e portare via! Mio corpo gentile, del
quel ero fiero, che essi maltrattano e vogliono portarmi via! Mio braccio
destro, che vogliono amputarmi! Mia bellezza che viene distrutta! Mio conforto,
con il quale essi mi tormentano! Mia gioia che viene mutata in tristezza! Mia
pace, che mi è diventata afflizione! Mia vita, che si è mutata in morte! Mia
luce che si è tinta di tenebre! I membri del mio grande casato non mi
rivedranno più, in questa tristezza; infatti, da loro non ebbi aiuto alcuno! I
miei nobili amici non mi rivedranno più, non avendo saputo liberarmi da questa
tristezza! Non adorerò più gli dèi dell'Oriente, che mi hanno condotto in
queste sventure; non li pregherò più, non offrirò più sacrifici, non presenterò
loro più alcun dono, poiché sono stato privato di questa mia unione verace! Che
preghiera potrei io innalzare ancora a loro? Che cosa supplicare da loro, che
cosa chiedere a coloro che mi hanno privato di ciò che m'era più caro d'ogni
altra cosa ch'io possedevo in questo mondo e che mi rendeva contento? Ho più
ricchezze di quanto mi serve, e possessioni ch'io non so calcolare. Sono stato
fatto principe e sono stato nominato sostituto del re; molti sono quelli che mi
temono e molti quelli che sono sotto il mio potere. Oh, se qualcuno mi privasse
di tutte queste mie glorie e delle mie ricchezze, purché mi desse un'ora dei
tuoi anni passati Migdonia! Oh, se qualcuno mi accecasse un occhio, purché i
tuoi occhi si posassero su di me come una volta! Oh, se qualcuno mi amputasse
il braccio destro, purché io ti potessi abbracciare con il sinistro!".
[116] Mentre Carisio, piangendo, diceva queste cose,
Migdonia sedeva muta e sorda come un sasso, senza guardarlo, e rivolta a terra.
Egli le si avvicinò e le disse: "Figlia mia, mia diletta Migdonia, ricorda
che tu mi piacesti più di tutte le donne dell'India, ch'io ti scelsi quando
avrei potuto prenderne tante altre di classe più elevata della tua. Veramente,
non mento, Migdonia, no! Per me in tutta l'India non c'è una donna come te.
Quale bellezza e quale ornamento, quale eleganza e quali nobili qualità io
perdo! Guai a me e al mondo, giacché io non ti vedrò parlare mai più. Sebbene
egli mi abbia ingiuriato, ti supplico di alzare i tuoi occhi e di guardarmi,
poiché io sono molto migliore di quel mago, e più bello di lui; ho ricchezze e
onori, ed ognuno sa che nessuno ha una stirpe come la mia. Tu, però, sei per me
più preziosa della mia stirpe e di tutto quanto ho; ed ecco che vogliono
sottrarti a me".
[117] Allorché Carisio terminò di dire queste cose, Migdonia
gli disse: "Carisio, colui ch'io amo è superiore a tutto ciò che tu
possiedi e a tutto quello che tu hai. Tutto quello che tu hai è della terra e
resta sulla terra, mentre colui ch'io amo è in cielo, e mi prenderà in cielo
con lui. Infatti, la tua ricchezza passa, la tua bellezza svanisce, i tuoi
abiti si invecchiano, si logorano e periscono, e tu sei lasciato solo con i
tuoi peccati e le tue mancanze. Se tu non ti liberi di loro, essi ti seguiranno.
Non ricordarmi le tue passate azioni con me, per le quali io supplico il mio
Signore affinché le cancelli. Non ricordarmi gli impuri e immondi piaceri e le
tue azioni carnali, dalle quali prego di poter essere liberata dall'amore del
mio Signore. Ho dimenticato tutte le tue pratiche e familiarità, il tuo agire è
giunto alla fine. Il mio Signore e salvatore Gesù dimora per sempre con quelle
anime che si sono rifugiate in lui. Colui nel quale mi sono rifugiata e nel
quale ho creduto, mi salverà e mi libererà da tutte le azioni vergognose ch'io
ero solita compiere con te quando non ero credente". Udite tali cose,
Carisio, rattristato, andò a coricarsi per dormire, dopo averle detto:
"Rifletti e medita su questo nel tuo animo per tutta la notte. Se tu
vorrai restare con me come prima che tu incontrassi questo mago, ti asseconderò
in tutto ciò che tu vuoi. Se tu lo desideri, per l'amore che avesti per lui, io
lo trarrò fuori, lo lascerò libero ed egli se ne andrà in un altro paese; non
ti arrecherò noia alcuna ben sapendo che egli ti sta molto a cuore. Questa
storia non principiò con te, lo stesso essendo accaduto a molte donne; ma, al
fine, queste sono rinsavite, compresero quanto era loro capitato, ritornarono
in se stesse salvandosi così dall'insulto e dal disprezzo. Non ritenere,
dunque, che quanto ti ho detto sia cosa di poco conto, non pensare che siano
cose che non ti interessano. Non fare sì ch'io diventi in India oggetto di
disprezzo, uno zimbello, una favola".
[118] Quando ebbe terminato di dire queste cose, se ne andò
a dormire. Migdonia, invece, senza essere scorta da alcuno, prese venti zuze e
andò alla prigione per darle ai custodi dei prigionieri affinché le
permettessero di recarsi da Giuda. Lei se ne stava andando, quando incontrò
Giuda che veniva da lei; appena lo vide, lei si spaventò ritenendo che fosse
uno dei nobili a causa della grande luce che da lui promanava. Lei disse:
"Guai a te, anima debole in procinto di morire. Mai più vedrò Giuda, apostolo
di Gesù, Dio vivo, poiché non ho ancora ricevuto da lui il segno del
Battesimo". Poi lei fuggì e andò su di un'altra strada, dicendo:
"Meglio per me ch'io sia presa da gente povera perché potrò convincerla a
lasciarmi andare e non mi prenda quest'uomo grande che da me non accetta alcun
donativo!". X Atto decimo: Migdonia riceve il battesimo
[119] Migdonia stava meditando su queste cose, allorché
giunse Giuda entrando dall'ingresso posteriore. Lei rimase spaventata e, dal
timore, cadde a terra. Egli le si avvicinò e le disse: "Non temere,
Migdonia! Gesù Cristo non ti lascerà, il tuo Signore al quale tu hai affidato
l'anima tua, non ti abbandonerà; il benevolo, la cui grazia è grande, non ti
lascerà! Il benigno, in forza della sua bontà, non ti abbandonerà! Il buono, in
forza della sua bontà, non ti lascerà e il grande, in forza della sua grandezza,
non ti abbandonerà! Alzati dalla terra sulla quale una volta stavi. Guarda alla
luce del tuo Signore il quale non permetterà che coloro che lo amano camminino
nelle tenebre! Osserva il compagno dei suoi servi, ai quali egli è luce nelle
tenebre! Osserva l'aiuto dei suoi servi, ai quali egli è soccorritore nelle
afflizioni". Migdonia si levò e, guardandolo, gli disse: "Dove vai,
mio signore? Chi ti permise di uscire dalla prigione per vedere il sole?".
Giuda le rispose: "Nostro Signore Gesù Cristo è più forte di tutte le
potenze, dei re e dei governanti: egli aprì le porte, cullò e addormentò i
guardiani".
[120] Migdonia gli disse: "Dammi il segno di Gesù
Cristo e concedimi di ricevere il suo dono dalle tue mani, prima che tu te ne
parta da questo mondo". Presolo con sé, andò a casa, destò la sua nutrice
e le disse: "Narchia, mia madre e nutrice, quello che hai fatto per
aiutarmi, e la gentilezza che hai avuto verso di me, dalla mia infanzia fino ad
ora, è stato tutto invano e per esso ti accordo una effimera riconoscenza.
Fammi invece un piacere che resta per sempre e sarai ricompensata da colui che
ai suoi dà tutto e ai quali la sfortuna non può togliere nulla". Narchia
le domandò: "Che desideri, sorella ella mia, Migdonia? In che cosa ti
posso accontentare? Tutti gli onori che mi promettesti, quello straniero non ti
ha permesso di concedermeli e tu mi hai disonorato di fronte al paese. E ora
che vuoi tu ancora da me?". Lei rispose: "Partecipa con me alla vita
perpetua e riceverò da te un'educazione perfetta. Prendimi segretamente una
pagnotta, portami una miscela di vino e abbi pietà di me che sono nata
libera". Narchia le rispose: "Ti prenderò pane in quantità e molti
bottiglioni di vino, e farò così quanto desideri". Migdonia le disse:
"No ho alcun bisogno di molti bottiglioni ma solo di una miscela in una
coppa, di un'intera pagnotta, di un po' di olio e, se c'è, di una
lampada".
[121] Dopo che Narchia ebbe portato queste cose, Migdonia si
scoprì il capo e si pose davanti al santo apostolo. Egli, allora, prese l'olio
e si accinse a versarlo sul suo capo, dicendo: "Olio santo, datoci per
l'unzione, nascosto mistero della croce, che attraverso di lui è reso visibile,
tu che rafforzi le membra malate, tu Signore nostro Gesù vita, salute e
remissione dei peccati, manda la tua potenza affinché dimori in questo olio e
fa' che la tua santità abiti in esso!". Versando l'olio sul capo di Migdonia,
disse: "Guariscila dalle sue ferite del passato, lava le sue piaghe,
fortifica la sua debolezza!". Versato l'olio sul di lei capo, ordinò alla
nutrice di ungerla e di cingerle i fianchi con un abito, mentre Giuda,
afferrata la bacinella della loro fontana, salì e battezzò Migdonia nel nome
del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. Dopo che fu battezzata e che si
rivestì delle sue vesti, egli prese e spezzò l'Eucaristia, riempì la coppa e
fece partecipare Migdonia alla mensa del Messia e alla coppa del Figlio di Dio.
Poi le disse: "Ora tu hai ricevuto il segno e ti sei conquistata la vita
per sempre!". S'udì, allora, una voce dal cielo che disse: "Sì, amen,
amen!". Allorché udì questa voce, Narchia fu atterrita e supplicò anche
lei l'apostolo di potere ricevere il segno. Egli glielo diede e le disse:
"La grazia di Gesù sia con te e con le altre tue compagne!". Ritornò
poi a chiudersi in prigione: trovò le porte aperte e i guardiani addormentati.
[122] Giuda esclamò:
"Chi mai è come te, Dio, che non rifiuti all'uomo il tuo amore e la tua
bontà? Chi è come te nella bontà e nella grazia, eccetto tuo Padre, per il
quale tu hai liberato il mondo dalla miseria e dall'errore? Amore che vinse la
concupiscenza, verità che distrusse la menzogna! Tu sei amabile e in te non c'è
nulla di brutto, tu sei l'umile che buttò giù la superbia, tu sei il vivente
che distrusse la morte, tu sei il pacifico che ha posto fine alla fatica!
Gloria all'unigenito del Padre, gloria alla bontà inviata per mezzo della
bontà, gloria alla tua bontà che riposa su di noi!". Terminato che ebbe di
dire queste cose, le guardie si svegliarono, trovarono tutte le porte aperte,
ma i prigionieri erano addormentati; allora esclamarono: "Abbiamo
dimenticato queste porte e non le abbiamo chiuse. Se avesse fatto ciò un
nemico, qui non ci sarebbe rimasto più alcuno".
[123] Di buon mattino, Carisio si recò da Migdonia e dalla
sua nutrice e le trovò che pregavano così: "Dio nuovo, che sei venuto qui
per opera di uno straniero; Dio santo, che sei nascosto a tutta la stirpe degli
Indiani; Dio, che ci hai mostrato la tua gloria per opera del tuo apostolo
Tomaso; Dio, al quale noi siamo accorsi, avendo compreso che in te c'è la vita
e che ce la puoi dare; Dio, che hai raggiunto la nostra piccolezza, a motivo
della tua misericordia e della tua grazia; Dio, che ci hai cercato quando noi
non ti conoscevamo; Dio, che sei in alto ma al quale nulla è nascosto di quanto
si trova nelle profondità; tu, Signore, tieni lungi da noi la ferocia di
Carisio, arresta la sua bocca bugiarda e gettalo ai piedi dei tuoi
credenti!". A queste parole, Carisio disse a Migdonia: "Ben mi hai
chiamato cattivo, feroce, detestabile e amaro, giacché se io non ti avessi
sopportato, non sarebbe piombata su di me questa cattiveria e amarezza e tu non
staresti invocando contro di me la stregoneria di quell'uomo. Che hai, dunque,
deciso, Migdonia? Che vuoi ch'io faccia per te? Credimi, Migdonia, non c'è
nulla di bene in quello stregone ed egli non può fare nulla di quanto ha
promesso. Io, invece, ti mostro davanti agli occhi tutto ciò che ti dico perché
tu acconsenta a prestarmi fede, ad ascoltare le mie parole e a restare con me
come tu eri prima".
[124] Le si avvicinò nuovamente per supplicarla: "Se tu
mi acconsentirai, io non proverò più alcuna pena. Ricorda, sorella mia, il
giorno del matrimonio, il primo giorno nel quale tu mi hai accolto come sposo,
e dimmi ora schiettamente che cosa ti è più caro, io a quell'epoca o Gesù
adesso?". Migdonia gli rispose: "Carisio, quell'epoca ha avuto quanto
le spettava, ed ora è passata. Il presente vuole anch'esso quanto gli spetta.
Quella era l'epoca iniziale della vita temporale, transeunte, questo è il tempo
della vita perpetua. Quella era l'epoca della gioia transitoria, questo è il
tempo della gioia eterna, intramontabile. Quella era l'epoca del giorno e della
notte, questo è il tempo del giorno senza notte. Tu hai visto come la festa
nuziale sia passata e scomparsa, ma la presente festa nuziale non passerà mai
più. Quella era la festa nuziale della corruzione, questa è la festa nuziale
della vita perpetua Quei paraninfi erano uomini e donne transeunti, questi sono
uomini e donne che rimangono per sempre. Quell'unione era basata sulla terra,
ove c'è una mischia continua, questa è basata sul ponte di fuoco irrorato dalla
grazia. Quella camera nuziale fu abbattuta, questa camera nuziale dura per
sempre. Quel letto era ricoperto con stoffe preziose che invecchiano questo
letto è ricoperto con l'amore, con la fede e con la verità. Tu sei uno sposo
transitorio e mutevole, Gesù è il vero sposo che dura sempre, non muore mai e
non è soggetto a corruzione Quella dote consisteva in denari e vestiti, cose
che invecchiano e passano, questa dote consta di parole vive che non passano
mai".
[125] Dopo aver udito queste cose, Carisio andò a riferirle
al re Mazdai. Il re gli rispose: "Prendiamolo ed eliminiamolo!". Ma
Carisio gli disse: "Abbi ancora un po' di pazienza verso di lui! Fallo
uscire dalla prigione, parlagli, minaccialo; forse egli se ne andrà e
convincerà Migdonia a comportarsi con me come prima". Il re Mazdai allora
mandò a prendere Giuda Tomaso, apostolo dell'Altissimo. Tutti i prigionieri
restarono addolorati per la partenza da loro dell'apostolo Giuda e, desiderandolo,
dicevano: "Ci hanno privato della gioia che avevamo!".
[126] Il re Mazdai domandò a Giuda: "Perché insegni tu
una dottrina detestata dagli dèi e dagli uomini e nella quale non c'è nulla di
buono?". Giuda rispose: "Che cosa insegno io di male?". Mazdai
replicò: "Dici che gli uomini non possono vivere per Dio se non
conservandosi puri per il Dio che tu predichi". Giuda gli confessò:
"Veramente insegno proprio così e insegnando questo non mento! Forse che
tu non ti irriti se i tuoi servi ti si presentano con uniformi volgari, oppure
sozzi e sporchi? Tu che sei un re terrestre e perisci con la terra, esigi dai
tuoi servi decenza e mondezza, perché ti sdegni e affermi che parlo male quando
insegno che i servi del mio re lo devono servire con santità, con purezza e con
temperanza, liberi da ogni dolore, da ogni sollecitudine, liberi dal pesante
fardello dei figli e delle figlie, dalla grande sollecitudine per le ricchezze,
liberi dal tormento e dall'inane vanità degli averi? Tu vuoi che quanti ti
servono e obbediscono si comportino come tu desideri, e fai punire colui che
trasgredisce uno dei tuoi comandamenti, ma tanto più è doveroso che noi, che
crediamo nel nome di questo mio Dio, lo serviamo con purezza, con santità, con
temperanza, con castità, con modestia e che siano alieni da noi tutti questi
piaceri corporali: l'adulterio, il furto, l'ubriachezza, la sregolatezza, il
servizio del ventre, gli atti vergognosi e le azioni turpi!".
[127] Udite queste
cose, Mazdai disse a Giuda: "Ti lascio libero! Va' da Migdonia, moglie di
Carisio, e persuadila a non abbandonarlo". Ma Giuda gli rispose: "Se
tu mi vuoi fare qualcosa, non indugiare! Se lei, infatti, ha realmente ricevuto
quanto ha udito, né il ferro né il fuoco né alcun altro male peggiore di questi
le potrà nuocere o separarla da colui che ha preso possesso della sua
anima". Il re Mazdai replicò a Giuda: "Ho sentito che gli stregoni
possono sciogliere gli incantesimi e che la puntura di una vipera può essere
guarita con un antidoto preso da un'altra creatura peggiore della vipera.
Perciò se ritieni di potere sciogliere i tuoi precedenti incantesimi e
stabilire la pace e la concordia tra il marito e sua moglie, avrai anche pietà
di te stesso; tu, infatti, non sei ancora sazio di vivere. Sappi che se tu non
la convinci, io ti toglierò questa vita, cara a tutti gli uomini". Giuda
gli rispose: "Questa vita non è che un prestito, il tempo presente passa e
muta, la bellezza e la giovinezza che ora sono palesi, di qui a un poco non mi
apparterranno più". Il re Mazdai insistette: "Ti ho consigliato
quanto ti è vantaggioso; tu però lo sai meglio di me!".
[128] Allontanatosi dalla presenza del re Mazdai, Giuda
Tomaso fu avvicinato da Carisio che gli disse: "Non ho mai compiuto nulla
di male né verso gli dèi né verso gli uomini; ti domando, dunque, perché tu mi
hai tirato addosso questa calamità? Perché hai tu portato in casa mia questo
disastro? Che vantaggio ritrai tu da questo? Dimmi ciò che vuoi e te lo darò
senza indugio. Perché mi fai un torto, quando sai che non puoi sfuggire dalle
mie mani? Sappi che se tu non la convinci, eliminerò da questa vita sia tu che
lei e, infine, toglierò anche me stesso da questo mondo. Se, come tu affermi,
c'è una vita e una morte, una condanna e una vittoria, un giudizio e una
ricompensa, io mi presenterò in giudizio con te; e se il Dio che tu predichi è
giusto e infligge i castighi in modo giusto, io sarò ricompensato: io, infatti,
non ti ho fatto alcun male, mentre tu mi hai rattristato; io non ho peccato
contro di te, mentre tu hai peccato contro di me. Ma anche quaggiù posso
vendicarmi su di te agendo verso di te come tu hai agito verso di me.
Ascoltami, dunque, vieni a casa mia con me, parla a Migdonia e convincila ad
essere con me come era prima che vedesse il tuo volto". Giuda lo seguì
sorridendo e gli disse: "Se gli uomini amassero Dio come amano i loro simili,
sarebbe loro dato tutto ciò che chiedono e ogni cosa sarebbe loro
ossequiente".
[129] Detto ciò,
Giuda entrò in casa di Carisio. Migdonia era seduta e di fronte a lei c'era
Narchia; aveva tra le mani le sue guance e diceva alla sua nutrice:
"Passino veloci i giorni, madre mia, si riducano a una sola le ore, possa
io partire da questo mondo e andare a contemplare colui che è bello del quale
ho udito parlare, il vivente e datotore di vita a coloro che credono in lui, là
ove non c'è né la notte né il giorno, ove non sono tenebre ma solo luce, ove
non c'è né il bene né il male, né il ricco né il povero, né il maschio né la
femmina, né gli schiavi né i liberi, ove non sono gli orgogliosi che
spadroneggiano sugli umili". Giuda entrò mentre lei diceva queste cose;
allora s'alzò e si prostrò davanti a lui. Carisio gli disse: "Vedi, ti
teme e ti ama, ti accontenterà in qualsiasi cosa gli dirai".
[130] Giuda le disse: "Sorella mia, Migdonia, ubbidisci
a ciò che ti dice tuo fratello Carisio!". Migdonia rispose: "Tu che
sei incapace di menzionare quell'atto, come puoi convincermi a compierlo? Io ti
ho sentito dire: "Questa vita temporale non è che un prestito, questo
riposo è soltanto passeggero, queste ricchezze non durano". Tu hai detto
ancora: "Chi odia questa vita, riceverà la vita perpetua. Chi odia la luce
del giorno e della notte andrà a ricevere la luce nella quale non v'è alcuna
notte". Tu hai detto pure: "Chi abbandona questi beni terreni,
troverà i beni perenni"; ed altre cose simili. Tu hai detto quello perché
ora hai timore. Chi è che fa qualcosa e ne gioisce, ma poi ne arrossisce e si
vergogna? Chi è che costruisce una torre, ma poi la abbatte dalle fondamenta?
Chi è che scava un pozzo in una terra arida, e poi vi getta dentro delle pietre
fino a riempirlo? Chi è che trova un bel tesoro, e poi non se ne serve?".
All'udire queste cose, Carisio, parente del re Mazdai, disse: "Non sono
come voi, non ho premura di eliminarvi. Quanto a te, però, ti legherò, avendo
io autorità su di te, né ti permetterò di andare da questo stregone e di
conversare con lui. Se tu ti arrendi, bene; in caso contrario, so bene ciò che
farò".
[131] Battesimo del generale. Giuda uscito dalla casa di
Carisio, andò in casa del generale Sifur e quivi abitò. Sifur disse a Giuda:
"Preparati una camera per insegnarvi". E fece come gli era stato
detto. Il generale Sifur gli disse ancora: "Io, mia moglie e mia figlia
d'ora in avanti vivremo santamente, con una sola mente e un solo amore.
Supplichiamo di potere ricevere il segno dalle tue mani, diventare veri servi
di nostro Signore ed essere annoverati nel suo gregge e nel numero delle sue
pecore". Giuda rispose: "Sto pensando che cosa dire ed ho paura.
Conosco ciò che so, ma non lo posso esprimere".
[132] Cominciò poi a parlare del Battesimo, dicendo:
"Questo è il Battesimo per la remissione dei peccati. Questo genera l'uomo
nuovo. Questo è il restauratore delle intelligenze, colui che unisce l'anima e
il corpo, colui che pone l'uomo nuovo nella Trinità e diviene partecipe della
remissione dei peccati. Gloria a te, potenza nascosta del Battesimo! Gloria a
te, potenza nascosta che ti comunichi a noi nel Battesimo! Gloria a te, potenza
invisibile, che ti trovi nel Battesimo! Gloria a voi, nuove creature, rinnovate
per opera del Battesimo al quale si sono avvicinate con amore!". Dette
queste cose, versò l'olio sul loro capo dicendo: "Gloria a te, frutto
amato! Gloria a te, nome di Cristo! Gloria a te, potenza nascosta, che abiti in
Cristo!".Mentre parlava, essi portarono una ampia vasca, ed egli li
battezzò nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo.
[133] Quando furono battezzati e rimisero i loro vestiti,
egli fece portare pane e vino, li pose sulla tavola e cominciò a benedirlo,
dicendo: "Pane vivo onde quelli che ne mangiano non muoiono! Pane che
riempi, con la tua benedizione, le anime affamate! Tu sei degno di ricevere il
dono e di essere per la remissione dei peccati, affinché non muoiano quelli che
mangiano di te! Invochiamo su di te il nome del Padre, invochiamo su di te il
nome del Figlio, invochiamo su di te il nome dello Spirito, il nome esaltato a
tutti nascosto". E proseguì: "Nel tuo nome, Gesù, venga la potenza
della benedizione e del ringraziamento e riposi su questo pane, affinché tutte
le anime che ne partecipano siano rinnovate e siano perdonati i loro
peccati". Poi egli lo spezzò e ne diede a Sifur, a sua moglie e a sua
figlia.
XI Atto undecimo: della moglie di Mazdai
[134] Dopo avere congedato Giuda Tomaso, il re Mazdai andò a
cenare a casa sua, e narrando a sua moglie quanto era accaduto al suo parente
Carisio, le disse: "Vedi, sorella, ciò che è accaduto a quel poveretto! Tu
sai, sorella Terza, che l'uomo non ha alcuno come la propria moglie nella quale
trova la pace. Ora avvenne che Migdonia andò a vedere uno stregone del quale
aveva sentito parlare e aveva udito le opere; costui la ammaliò e, non so come,
lei si separò da suo marito, il quale non sapeva più che cosa fare. Io volevo
ucciderlo, ma egli non mi permise. Vai tu, e consigliala ad ascoltare suo
marito e a non seguire le parole vane di quell'uomo".
[135] Alzatasi di buon mattino, Terza andò a casa di
Carisio, parente di suo marito, e trovò Migdonia seduta per terra, vestita di
sacco e cosparsa di cenere, che supplicava dal Signore il perdono dei suoi
peccati passati e una spedita liberazione da questo mondo. Entrata da lei,
disse a Migdonia: "Mia sorella, mia diletta e intima amica, che è questa
follia che ti ha preso? Com'è che sei diventata come una pazza? Pensa a te
stessa, pensa alla tua famiglia! Abbi un pensiero per i tuoi numerosi parenti,
abbi pietà del tuo vero sposo e non fare alcuna cosa che non sia degna della
tua nascita come persona libera!". Migdonia rispose a Terza: "Tu non
hai udito le buone notizie riguardanti la nuova vita, non hai gustato le parole
del predicatore della vita e non sei stata liberata dalle pene della
corruzione. Tu non hai visto la vita perpetua, tu sei ancora nella vita
temporale! Tu non sei ancora divenuta sensibile al vero vincolo matrimoniale,
tu sei tuttora afflitta dal vincolo matrimoniale della corruzione! Tu indossi
abiti che invecchiano, non aneli agli abiti eterni! Tu sei fiera di questa tua
bellezza corruttibile, non ti interessi della turpitudine della tua anima! Tu
sei fiera di una numerosa servitù, ma non liberi dalla servitù la tua propria
anima! Tu sei fiera della pompa di molti che ti circondano, e non ti sei
liberata dalla condanna di morte!".
[136] Terza segue Tomaso. Udite queste cose da Migdonia,
Terza si affrettò subito alla casa del generale Sifur per vedere l'apostolo che
là era giunto. Quando lei giunse, egli le domandò: "Che cosa sei venuta a
vedere? Un errante misero e vilipeso più di tutti gli uomini, senza proprietà e
senza ricchezze? Egli ha però una proprietà che re e principi non gli possono
togliere, che è incorruttibile e non viene meno, Gesù Cristo, il datore di vita
a tutta l'umanità, il Figlio del Dio vivo che dà la vita a tutti coloro che
credono e vanno a rifugiarsi in lui, e sono annoverati tra le sue pecore".
Udito ciò, Terza gli disse: "Anch'io vorrei essere partecipe e ancella di
questa vita che tu insegni, anch'io vorrei essere serva di questo Dio che tu
predichi, vorrei ricevere da lui la vita che tu prometti e che egli dà a quanti
vanno al suo luogo di raduno". Giuda le rispose: "Il tesoro del re
celeste è aperto, chiunque ne è degno vi attinge e trova riposo e, trovato il
riposo, diventa re! Ma l'uomo non può avvicinarsi a lui quando è ancora impuro
e le sue opere sono malvage. Egli, infatti, scruta il contenuto del cuore e dei
pensieri: nessuno lo può ingannare! Se, dunque, tu veramente credi in lui, egli
ti renderà degna dei suoi santi misteri, ti farà grande, ti arricchirà,
rinnoverà la tua mente e ti costituirà erede del suo regno".
[137] Dopo avere udito queste cose, Terza se ne andò a casa
piena di gioia, ed incontrò suo marito, Mazdai, che l'attendeva: non aveva
ancora desinato. Le domandò: "Perché mai il tuo ingresso dalla strada mi
pare oggi più allegro che in qualsiasi altro giorno? E perché sei venuta a
piedi, cosa che non s'addice a donne come te?". Terza rispose a Mazdai:
"Ti sono grata di avermi mandata da Migdonia! Andai, sentii parlare di
un'altra vita e vidi l'apostolo del nuovo Dio. Io credo che egli sia l'apostolo
del Dio che dà la vita a chiunque crede in lui e adempie la sua volontà. Ho
dunque il dovere di ricompensarti della gentilezza che tu hai avuto per me: ti
do un buon consiglio, affinché tu pure possa diventare re o principe in cielo
purché tu mi voglia ascoltare e compiere quello che ti dico. Ti esorto a temere
il Dio venuto qui per mezzo di questo straniero e a mantenerti puro per questo
Dio; la tua regalità, infatti, è passeggera e la tua quiete sarà mutata in
tormento. Ma va da quest'uomo, credi a ciò che dice, e vivrai per sempre".
All'udire queste cose dalla moglie, si batté‚ la faccia con le mani, lacerò le
sue vesti e disse: "L'anima di Carisio non abbia mai pace, avendo egli
addossato questa disgrazia sulla mia anima! Non abbia più alcuna speranza,
colui che mi ha privato della mia speranza". E se ne uscì gravemente
afflitto.
[138] Trovò per strada il suo parente Carisio e gli disse:
"Perché mi hai preso come tuo compagno nello sheol? Perché mi hai
danneggiato, senza alcun guadagno? Perché sei stato ingiusto verso di me, senza
riceverne alcun vantaggio? Perché mi hai ucciso, senza conquistarti la vita?
Perché hai compiuto una malvagità contro di me, quando non ne avevi alcun
diritto? Perché non mi hai lasciato eliminare quello stregone, prima che con i
suoi incantesimi corrompesse mia moglie?". E seguitava a rimproverare
Carisio. Carisio domandò a Mazdai: "Che cosa è capitato?". Mazdai
rispose: "Ha stregato anche Terza!". Allora andarono insieme a casa
del generale Sifur e trovarono Giuda seduto mentre stava insegnando. Tutta la
gente s'alzò e rimase in piedi; ma Giuda non s'alzò davanti a loro. Il re
Mazdai riconobbe che era quello seduto e, preso un sedile, lo rovesciò, lo
afferrò per due gambe, lo sbatté‚ sulla sua testa e lo colpì; poi lo prese e lo
consegnò ai suoi servi dicendo: "Trascinatelo via! Voglio sedere e
ascoltarlo pubblicamente". Essi, dunque, trascinarono Giuda nel luogo ove
Mazdai soleva sedere in tribunale; quando giunsero al posto, egli rimase in
piedi tenuto dai servi di Mazdai.
XII Atto dodicesimo: Vizan, figlio di Mazdai, e Tomaso
[139] Giunse Vizan, figlio di Mazdai, e disse ai servi:
"Datelo a me! Voglio parlare con lui fino all'arrivo del re". Ed essi
glielo diedero. Preso Giuda, e giunto nel luogo ove il re soleva sedere e
giudicare, Vizan gli domandò: "Tu sai ch'io sono il figlio di Mazdai e che
ho la libertà di dire al re tutto quello che voglio: se glielo dico io, il re
ti lascerà vivere, e se glielo dico io, egli ti ucciderà. Ora, dimmi, chi è il
tuo Dio? Di chi è il potere che tu hai e del quale ti vanti? Se si tratta di
stregoneria, insegnamela; io parlerò al re ed egli ti lascerà andare".
Giuda rispose a Vizan: "Tu sei figlio di Mazdai: è un re passeggero! Io
sono servo di Gesù, re che rimane per sempre. Tu hai il potere di parlare con
tuo padre e di preservare la vita di quelli che tu vuoi: ma si tratta di una
vita breve, nella quale gli uomini non rimangono, anche se tu l'hai loro
concessa. Tu e tuo padre siete ambedue mortali. Io supplico il mio Signore, di
intercedere per gli uomini ed egli dà loro la vita che dura per sempre. Tu ti
vanti degli uomini e degli schiavi, delle ricchezze e degli ornamenti, dei
domestici e delle concubine, dei cibi transitori e del letto impuro; io,
invece, mi vanto della povertà, dell'ascetismo e del disprezzo, del digiuno,
delle preghiere, della grandezza, del ringraziamento, della comunione con i
fratelli e con lo Spirito santo, della relazione con i fratelli che sono degni,
davanti a Dio, di vivere una vita perpetua. Tu ti rifugi in un uomo come te,
incapace persino di liberare la propria anima dalla condanna e dalla morte; io,
invece, mi rifugio in colui che condanna e che assolve, che è grande ed è il
giudice di tutti gli uomini. Tu e colui nel quale ti rifugi siete per oggi e
domani, ma dopo un po' di tempo non ci siete più; io mi rifugio in colui che
resta in perpetuo, che conosce tutti i tempi e tutte le stagioni. Anche tu,
dunque, figlio mio, se vuoi diventare servo di questo Dio ch'io adoro, lo puoi
molto presto. Ti dimostri suo servo con queste cose ch'io ti enumero: con la
purezza che è la principale di tutte le buone qualità, il grande principio, il
ritorno a uno stato superiore e la comunione con il Dio ch'io predico; con la
mondezza, con la temperanza, con l'amore, con la fede e con la speranza in lui,
con la semplicità di una vita pura".
[140] Il giovane Vizan, persuaso da nostro Signore, cercava
la maniera di liberare Giuda. Mentre rifletteva su di ciò, giunse il re.
Vennero i servi, presero Tomaso e lo condussero fuori. Uscì con lui anche Vizan
e si mise al suo fianco. Il re si sedette e ordinò che gli fosse condotto Giuda
con le mani legate dietro; giunto davanti a lui, il re gli domandò:
"Dimmi, chi sei tu e con quale potere fai queste cose?". Giuda
rispose: "Io sono un uomo come te e faccio queste cose con il potere di
Gesù Cristo, Figlio di Dio". Mazdai gli disse: "Parla sinceramente,
prima ch'io ti faccia perire!" Giuda rispose: "Tu non hai alcun
potere su di me! Contrariamente a quanto tu pensi, non puoi farmi male
alcuno". Dopo che Giuda ebbe pronunciato queste parole, il re Mazdai era
furioso; diede ordine che fossero riscaldate due piastre di ferro e fosse posto
su di esse a piedi nudi. Lo fecero sedere, gli tolsero e strapparono le scarpe,
mentre egli, sorridente, diceva: "La tua sapienza, Gesù, è ben superiore a
quella di tutti gli uomini. Tu deliberi contro di essi e la tua amabile bontà
si prepara contro la rabbia di costoro". Portate le piastre roventi come
il fuoco, afferrarono Giuda per fargli mettere i piedi su di esse; ma,
improvvisamente, dalla terra sgorgò molta acqua, le piastre rimasero sommerse,
gli uomini le lasciarono e se ne fuggirono.
[141] Quando il re vide questa quantità d'acqua, disse a
Giuda: "Domanda al tuo Dio che ci liberi da questa morte per alluvione,
affinché non moriamo così". Giuda pregò, dicendo: "Signore nostro
Gesù, io ti chiedo di arginare questo elemento confinandolo in un solo luogo.
Tu hai mandato in diversi luoghi il tuo servo e il tuo apostolo Giuda, e per
mezzo suo tu hai concesso molti segni meravigliosi, tu che fai sì che la mia
anima aneli affinché io pure riceva il tuo splendore; datore della ricompensa
per tutti i miei travagli, tu che lasci che la mia anima sia in pace con la sua
natura senza alcuna relazione con ciò che è nocivo tu che in ogni tempo sei la
causa della mia vita, fai cessare questa alluvione affinché non si innalzi
superba e distruggitrice: ci sono, infatti, alcuni dei presenti che crederanno
in te e vivranno". Appena Giuda terminò la preghiera, ci fu quiete e a
poco a poco le acque furono assorbite e disparvero, mentre il luogo ritornò
asciutto come era prima. Quando vide ciò, il re Mazdai disse:
"Trascinatelo in prigione fino a quando decideremo il da farsi".
[142] Tomaso imprigionato. Giuda andò per essere
imprigionato e tutto il popolo lo seguiva, mentre Vizan, figlio del re Mazdai,
camminava a destra di Giuda e il generale Sifur alla sinistra. Entrato in
prigione, Giuda permise che Sifur, Vizan, la moglie e la figlia di Sifur, che
lo avevano seguito, si sedessero e ascoltassero la parola di vita; sapevano,
infatti, che a motivo della sua grande collera, il re Mazdai lo avrebbe ucciso.
E Tomaso cominciò a dire: "Tu sei il liberatore della mia anima dalla
schiavitù di molti, giacché mi sono offerto per essere venduto a una persona!
Io ora sono felice perché so che tempi e stagioni, anni e mesi e giorni sono
giunti alla fine e io verrò a riceverti, mio datore di riposo. Sarò liberato
dalle cose di oggi e da quelle di domani, ed io mi occupo soltanto delle cose
di oggi. Io smetto di sperare perché ricevo la verità. Io sfuggo dalla
tristezza e dalla gioia quotidiana, e mi rivesto solo di gioia. Sarò senza
preoccupazioni, senza tristezza, senza bisogno e abiterò per sempre nella
quiete. Sarò liberato dalla schiavitù e andrò alla libertà alla quale sono
chiamato. Ho atteso per tempi e stagioni, e ora sono innalzato al di sopra dei
tempi e delle stagioni. Riceverò la mia mercede dal rimuneratore, il quale dà
senza fare calcoli, bensì elargisce liberamente perché la sua ricchezza è
sufficiente per tutti i suoi doni. Mi svestirò e mi rivestirò senza più
svestirmi. Mi metterò giù per dormire e mi alzerò, senza più mettermi giù a
dormire. Morirò e vivrò, e non morirò più. Essi gioiranno e mi osserveranno,
perché io andrò, mi congiungerò alla loro gioia, ed essi metteranno fiori nelle
loro ghirlande. Nel tuo regno, Gesù, io sarò fatto re, perché quaggiù l'ho
sperato. I malvagi saranno svergognati, essi che pensavano di assoggettarmi al
loro potere. I ribelli saranno distrutti davanti a me, poiché mi elevai al di
sopra di loro. Avrò la pace nella quale converranno i grandi".
[143] Mentre Giuda diceva queste cose, tutti i presenti che
ascoltavano pensavano che la sua dipartita da questo mondo sarebbe avvenuta in
quello stesso momento. Ma Giuda proseguì: "Credete in colui che guarisce
tutti i mali, i nascosti e quelli manifesti, in colui che dà la vita a tutte le
anime che gli chiedono aiuto! Costui, nato libero e figlio di re, divenne
schiavo e povero. Costui guarisce la sua creatura ed è malato per i suoi servi.
Costui purifica chi crede in lui, ed è disprezzato e insultato da coloro che
non l'ascoltano. Costui affrancò dalla schiavitù, dalla corruzione, dalla
soggezione e dal danno le sue proprietà, ed è diventato sottomesso e insultato
dai suoi schiavi, egli che è il Padre celeste, il Signore di tutte le creature,
il giudice del mondo. Costui venne dall'alto, diventò visibile attraverso la
Vergine Maria, e fu detto figlio del falegname Giuseppe. Costui del quale
abbiamo visto con i nostri occhi la piccolezza del corpo, e del quale abbiamo
ricevuto la maestà attraverso la fede. Costui del quale abbiamo palpato con le
nostre mani il sacro corpo, e del quale con i nostri occhi abbiamo visto
l'aspetto rattristato e la cui forma divina noi soli abbiamo contemplato sul
monte. Costui che fu detto impostore, ed è la verità che non inganna, colui che
pagò il tributo e l'imposta per noi e per sé. Costui del quale il nemico ebbe
paura non appena lo vide, tremò e gli domandò chi era, che cosa era detto di
lui, e al quale egli non manifestò la verità, perché in lui non c'è verità
alcuna. Costui sebbene Signore del mondo, dei suoi piaceri, delle sue ricchezze
e delle sue gioie, le tenne lontane da sé, e ammonì quanti lo ascoltano e
credono in lui di non servirsi di queste cose".
[144] Preghiera al termine della missione. Quand'ebbe finito
di pronunciare queste parole s'alzò per pregare, dicendo: "Padre nostro
che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta
la tua volontà in terra come in cielo. Dacci il costante pane del giorno,
perdona a noi i nostri debiti e i nostri peccati affinché noi pure possiamo
perdonare ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal
maligno. Mio Signore e mio Dio, mia speranza e mia fiducia, mio maestro e mio
conforto, sei tu che ci hai insegnato a pregare così. Ecco io recito la tua
preghiera e adempio la tua volontà. Sii tu con me fino alla fine. Tu che fin
dalla mia giovinezza hai seminato in me la vita e mi hai preservato dalla
corruzione. Tu che mi hai portato alla povertà del mondo e mi hai preparato per
la tua vera ricchezza. Tu che mi hai fatto conoscere ch'io sono tuo e perciò
non mi sono avvicinato a donne, affinché ciò che è desiderato da te non sia
trovato macchiato.
[145] La mia bocca non basta a lodarti, né la mia
intelligenza a glorificare la tua bontà verso di me. Mentre io desideravo
acquistare e diventare ricco, tu mi mostrasti, con una visione, che
l'infelicità di molti deriva dalla ricchezza e dalle possessioni; io credetti
alla tua visione e sono rimasto in continua povertà fino a quando tu, vera
ricchezza, ti manifestasti a me riempiendo della tua vera ricchezza quelli che
sono degni di te, e liberandoli dal bisogno, dalla sollecitudine e
dall'avarizia. Ecco, io ho eseguito la tua volontà e ho compiuto la tua opera.
Per amore tuo sono povero, bisognoso, straniero, disprezzato, prigioniero,
affamato, assetato, nudo, scalzo e affaticato. Non permettere che venga meno la
mia fiducia e che la mia speranza in te sia confusa. Non permettere che le mie
fatiche siano state vane e il mio lavoro sia trovato senza frutto. Non
permettere che i miei digiuni e le mie pressanti preghiere periscano. Non
permettere che siano mutate le mie opere che sono in te. Non permettere che il
nemico rapisca la semenza del tuo grano dalla tua terra e che tra di esso si
trovi della zizzania; la tua terra, infatti, non può accogliere la zizzania e
questa non può venire posta nei granai del tuo contadino".
[146] Ed egli proseguì ancora: "Ho piantato la tua
vigna sulla terra: metta radici in profondità, intrecci i suoi tralci verso
l'alto, apHo piantato la tua vigna sulla terra: metta radici in profondità,
intrecci i suoi tralci verso l'alto, appaiano i suoi frutti sulla terra, e ne
gioiscano coloro che ti sei acquistati, che sono degni di te. Il denaro che tu
mi hai dato l'ho messo in banca; verificalo e ridammelo con l'interesse, come
tu hai promesso. Con il talento che mi hai dato, ne ho guadagnato dieci; siano
aggiunti a quelli che già avevo, come tu hai promesso. Ai miei debitori io ho
rimesso un talento; la tua mano non esiga ciò che io ho condonato. Invitato a
cena, ci andai subito; non ne volli mai sapere del campo, dell'aratro e della
moglie; non sia dunque allontanato da essa, né abbia a mangiarne in forza di
scongiuri. Sono stato invitato a feste di nozze e ho indossato abiti bianchi;
ch'io sia degno di essi, le mie mani e i miei piedi non siano legati, né sia
gettato nelle tenebre esteriori. La mia lampada splende della sua luce; il
Signore la custodisca fino a quando egli lascia la sala del banchetto ed io la
riceva, ma non la veda mai tremolante a motivo dell'olio. I miei occhi ti
accolgano, il mio cuore gioisca perché io adempio la tua volontà e adempio i
tuoi comandamenti. Ch'io assomigli al servo saggio e timorato di Dio, che con
prudente diligenza non trascura nulla. Mi sono stancato tutta la notte
vegliando per proteggere la mia casa dai predoni, per impedire che vi
irrompessero".
[147] "Ho cinto i miei lombi di verità, ho legato ai
piedi i miei sandali: ch'io non veda mai allentati i loro legacci! Ho posto la
mano al vomere del mio aratro e non ho mai guardato indietro, affinché i miei
solchi non diventassero curvi. I miei campi sono biancheggianti, pronti, ormai,
per la mietitura: possa io ricevere la ricompensa! Il vestito che si consuma,
l'ho consumato, e ho portato a termine il lavoro che introduce al riposo. Ho
vegliato alla prima, alla seconda e alla terza veglia: possa io accogliere il
tuo volto e adorare la tua santa bellezza! Ho abbattuto e raso al suolo i miei
granai: possa io ricevere il tuo tesoro che non viene mai meno! Ho prosciugato
l'abbondante sorgente che era in me: possa adagiarmi presso la sorgente viva e
accanto a essa riposarmi! Il legato che tu mi hai consegnato, l'ho ucciso;
libera lo sciolto che è in me e non permettere che la mia anima perda la sua
fiducia! Ho fatto esterno l'interno, e interno l'esterno: possa la tua volontà
adempiersi in tutte le mie membra! Non mi sono voltato indietro sempre proteso
in avanti: ch'io non sia una causa di stupore e un segno! Non ho dato vita al
morto, non ho messo a morte il vivo, non ho colmato l'indigente: capo dei due
mondi, possiamo ricevere la corona della vittoria! Sulla terra ho ricevuto
disprezzo: dammi una ricompensa in cielo!".
[148] "Le potenze non si accorgeranno di me, i capi non
terranno consiglio contro di me, i pubblicani non mi vedranno, né mi
opprimeranno gli esattori. Non mi schernirà l'abbietto, il cattivo non deriderà
il valoroso e l'umile; il valoroso, il mediocre e il grande che esalta se
stesso, non oseranno resistere davanti a me, a motivo della tua forza
vittoriosa che mi circonda, Gesù; fuggano e si nascondano, incapaci di
resistere, poiché con astuzia e di nascosto piombano su coloro che obbediscono
ad essi. I miei figli gridano e risplendono, nessuno si può celare ai loro
sguardi perché la loro natura è fragrante. Da essi si distinguano i malvagi: il
loro albero fruttifero è amarezza; transiterò in silenzio dal loro posto e
verrò da te. Mi sorreggano la gioia e la pace, ed io giungerò davanti alla tua
gloria! Non mi osservi il calunniatore: i suoi occhi siano accecati dalla tua
luce, nella quale io dimoro, e la sua bocca menzognera se ne stia chiusa,
giacché ha della cattiveria contro di me".
[149] Poi riprese a dire a coloro che erano con lui in
prigione: "Figli miei, credete nel Dio ch'io predico. Credete in Gesù
Cristo, ch'io annunzio. Credete in colui che è il datore di vita e l'aiuto dei
suoi servi. Credete nel datore di vita, a quanti lavorano alla sua opera, in
colui nel quale gioisce la mia anima essendo giunto per me il momento di
andarlo a ricevere. Credete in colui che è bello e la cui bellezza mi incita a
dire ciò che egli è, sebbene io sia incapace di dirlo pienamente. Tu, mio Signore,
sei colui che nutre la mia povertà, colui che sopperisce alla mia deficienza,
colui che provvede al mio bisogno. Sii con me fino in fondo, affinché io possa
venire e ricevere te".
XIII Atto tredicesimo: Vizan riceve il Battesimo
[150] Il giovane Vizan, figlio del re Mazdai, gli domandò:
"Te ne supplico, apostolo di Dio, permettimi di andare a supplicare i
custodi dei prigionieri affinché mi concedano che tu venga con me a casa mia
per darmi il segno della vita e così diventi anch'io un servo di questo nuovo
Dio che tu predichi. Io camminavo in conformità di tutte le cose che tu hai
detto fino dalla mia gioventù, fino a quando mio padre, facendomi violenza, mi
diede in moglie Manashar. Ho ventun anni e sono sette che sono unito in matrimonio
con una donna; prima di sposarmi non conobbi altra donna e da mio padre ero
ritenuto un buon a nulla. Dalla donna ch'egli mi ha dato, finora non ho avuto
né figlio né figlia e mia moglie, in tutti questi anni, ha vissuto con me in
piena castità. Ed oggi, se essa fosse stata bene, se ti avesse visto e avesse
udito la tua parola, io sarei tranquillo, essa vivrebbe e avrebbe ricevuto la
vita perpetua; ma essa è da lungo tempo afflitta e malata. Io dunque
supplicherò i custodi dei prigionieri, qualora tu mi prometti di venire con me
a casa mia: io, infatti, vivo da solo in casa mia e tu guarirai la povera
malata". Giuda, apostolo dell'Altissimo, udite queste cose disse a Vizan:
"Figlio mio, se tu credi vedrai le meraviglie del nostro Dio, vedrai come
guida alla vita e come ha misericordia dei suoi servi".
[151] Mentre stavano parlando, presso la porta della
prigione si trovavano Terza, Migdonia e Narchia sua nutrice. Esse diedero 360
dramme ai custodi dei prigionieri, i quali le lasciarono andare da Giuda.
Entrate, videro Giuda, Sifur, Vizan e la moglie e la figlia di Sifur, e tutti i
prigionieri che, seduti, ascoltavano Giuda. Quando giunsero davanti a lui, egli
domandò loro: "Chi vi ha lasciato venire da noi? Chi vi ha aperto la porta
che era chiusa?". Terza gli rispose: "Non siete voi che ci avete
aperto la porta, dicendoci: "Venite in prigione, così andremo a prendere i
nostri fratelli che si trovano là. Il Signore ci mostrerà così la sua
gloria"? Quando giungemmo alla porta della prigione, tu sei scomparso e
udimmo il rumore della porta che si chiuse di fronte a noi. Allora abbiamo dato
ai custodi del denaro e così ci lasciarono entrare; ed ecco che ci troviamo qui
supplicandoti di fare quello che desideriamo noi, scappando fino a quando non
sia svanita l'ira del re Mazdai, freddo a tuo riguardo". Giuda disse a
Terza: "Raccontateci prima com'è che siete state chiuse qui".
[152] Terza gli rispose: "Tu non ci hai mai abbandonato
eccetto che per un momento, e non sai come siamo state chiuse qui dentro? Ma se
tu lo vuoi sentire, senti. Il re Mazdai mandò a chiamare me, Terza, mi fece
condurre da lui e mi disse: "Quello stregone non ti ha ancora vinto
perché, a quanto ho sentito dire, egli incanta con acqua, pane e vino e tu non
sei stata ancora incantata. Ma ascolta ciò che ti dico, io non ti torturerò e
non ti ucciderò; so, infatti, che fino a quando egli non ti avrà dato acqua,
olio, pane e vino non avrà su di te pieno potere". Io gli risposi:
"Fammi quello che tu vuoi! Tu hai il potere di fare quanto vuoi sul mio
corpo, ma io non ucciderò l'anima mia con te". Udite da me queste cose, mi
rinchiuse in una camera oscura, sotto la sua sala da pranzo. Suo cugino Carisio
condusse Migdonia e Narchia e le chiuse ambedue con me. Ma a noi non mancò mai
la luce, tu stesso ci hai tratte fuori ed ecco che ci troviamo qui davanti a
te. Dacci il segno! Cada la speranza di Mazdai che ha progettato tutte queste
cose contro di me".
[153] Quando Giuda, apostolo di nostro Signore, udì queste
cose, disse: "Sia gloria a te, multiforme Gesù! Sia gloria a te, che ti
mostri simile alla nostra povera umanità! Sia gloria a te, che ci dai forza e
coraggio, che ci rimproveri e ci consoli, che ci stai vicino in tutte le nostre
pene, che fortifichi la nostra debolezza e dai coraggio al nostro
timore!". Queste parole diedero coraggio ai prigionieri, e i custodi
dissero: "Spegnete le lampade affinché non ci si accusi calunniosamente
presso il re Mazdai!". Si soffiò allora su tutte le lampade e tutti
andarono a dormire. Giuda, però, disse a nostro Signore: "Ora è il momento
di affrettarti, Gesù nostro illuminatore, giacché ecco che i figli delle
tenebre ci hanno collocato nelle loro tenebre! Tu, Signore nostro, illuminaci
con la luce della tua natura!". Sull'istante, tutta la prigione splendette
come il giorno; tutti coloro che vi erano rinchiusi dormivano, vegliavano solo
quelli che credevano in nostro Signore.
[154] Battesimo ed Eucaristia. Giuda disse a Vizan:
"Va' davanti a noi e preparaci il necessario per il nostro servizio".
Vizan gli domandò: "Chi ci aprirà le porte della prigione? Essi le hanno
chiuse tutte e i custodi sono addormentati". Giuda gli rispose:
"Credi in Gesù e non avere alcun dubbio! Va', e troverai le porte aperte,
girate sui loro cardini". Poi partì e li precedette. Tutti gli altri
andarono dietro a Giuda. Percorsa metà strada, incontrarono Manashar, moglie di
Vizan, in cammino verso la prigione. Lei lo riconobbe e gli domandò: "Sei
tu mio fratello Vizan?". Egli le rispose: "Sì, e tu sei mia sorella
Manashar?". Lei rispose: "Si!". Egli seguitò: "Ma dove vai
tu sola a quest'ora? E come sei riuscita ad alzarti da letto?". Lei
rispose: "Questo giovane pose la sua mano su di me e io guarii; ed in
sogno vidi che dovevo andare dallo straniero imprigionato per avere una
guarigione completa". Vizan le domandò: "Dov'è il giovane che era con
te?". Lei rispose: "Non lo vedi? Ecco, mi sta tenendo per mano e
sorreggendo!".
[155] Mentre parlavano, giunse Giuda con Sifur, sua moglie e
la figlia, con Migdonia, Terza e Narchia dirette alla casa di Vizan. Non appena
Manashar, moglie di Vizan, vide Giuda si inchinò e l'adorò dicendogli:
"Sei venuto, mio guaritore dalla dolorosa malattia? Tu sei colui ch'io
vidi in sogno, colui che mi hai affidato a questo giovane affinché mi
conducesse da te in prigione. La tua gentilezza non permise ch'io mi stancassi
e tu stesso sei venuto da me". Ciò detto si guardò attorno e vide che il
giovane nole mi avevi affidato non è più qui". Giuda le rispose: "Il tuo
sostegno sarà Gesù!". Lei allora corse e andò avanti a loro; quando
entrarono in casa di Vizan, figlio di Mazdai, era notte, ma nostro Signore dava
loro luce in abbondanza.
[156] E Giuda prese a pregare così: "Compagno e aiuto
del debole, speranza e fiducia del povero, rifugio e riposo dello stanco, voce
che viene dall'alto a confortare i cuori dei tuoi credenti, asilo e porto di
quanti percorrono la regione delle tenebre, medico senza onorario che tra gli
uomini fosti crocifisso per molti e per il quale nessuno fu crocifisso! Tu
discendesti nello sheol con grande potenza, i morti ti videro e riacquistarono
la vita e il principe della morte non pot‚ sopportarlo! Tu salisti con grande
gloria portando con te quanti avevano cercato rifugio in te, tracciando loro il
sentiero verso l'alto sicché tutti i redenti seguirono le tue impronte! Tu li
portasti nel tuo gregge mescolandoli con le tue pecore! Figlio della perfetta
misericordia inviato a noi con potenza dal Padre, lodato dai suoi servi! Figlio
inviato dalla paternità suprema e perfetta! Signore di ogni cosa, che non può
essere contaminato! Ricco che riempisti la tua creazione con il tesoro della
tua ricchezza! Bisognoso, che soffristi la fame e digiunasti per quaranta
giorni! Tu che sazi, con la tua benedizione, le nostre anime assetate! Tu,
Signore, sii con Vizan, con Terza e con Manashar, uniscili al tuo gregge,
mescolali con il tuo numero, sii la loro guida mentre si trovano ancora sul
sentiero dell'errore. Nel luogo dell'infermità, sii il loro guaritore! Nel
luogo della stanchezza, sii il loro fortificatore! Nel luogo impuro, rendili
puri! Nel luogo del nemico, rendili incontaminati dalla corruzione! Sii il
medico dei loro corpi, da' vita alle loro anime, rendili santuari e templi
affinché lo Spirito santo dimori in essi".
[157] Terminata questa preghiera, disse a Migdonia:
"Figlia mia, svesti le tue sorelle". Lei le svestì, pose su di loro
delle cinture e le fece avvicinare a lui. Il primo a giungere fu Vizan. Giuda
prese dell'olio e su di esso glorificò Dio, dicendo: "Nobile frutto, degno
di divenire splendente con la Parola di santità, affinché gli uomini si
rivestano di te e, per mezzo tuo, vincano i nemici, non appena sono purificati
dalle loro precedenti opere! Sì, Signore, vieni e sii in questo olio come tu
fosti sull'albero, mentre quelli che ti crocifiggevano erano incapaci di
sopportare la tua Parola. Venga il tuo dono, che tu soffiasti contro i tuoi
nemici allorché retrocedettero e caddero bocconi, e sia su quest'olio sul quale
invochiamo il tuo nome". Indi lo versò sul capo di Vizan e poi sul capo
degli altri, dicendo: "Il tuo nome, Gesù Cristo, sia su queste persone per
la remissione delle offese e dei peccati, per l'annichilimento del nemico, per
la guarigione delle loro anime e dei loro corpi". E ordinò a Migdonia di
ungerle, mentre egli personalmente unse Vizan. Dopo l'unzione li fece
discendere nell'acqua nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo.
[158] Dopo che furono
battezzati e salirono, portò del pane, e la miscela in una coppa e recitò su di
essi la benedizione, dicendo: "Noi mangiamo il tuo santo corpo che fu
crocifisso per noi e beviamo il tuo sangue vivificatore che fu versato per noi.
Il tuo corpo ci sia vita e il tuo sangue ci sia remissione dei peccati. Per il
fiele che tu bevesti per noi, sia allontanata da noi l'amarezza del nostro
nemico. Per l'aceto che tu bevesti per noi, sia rinvigorita la nostra
debolezza. Per gli sputi che tu ricevesti per noi, noi riceviamo la tua vita
perfetta. Poiché tu ricevesti per noi la corona di spine, noi riceviamo da te
la corona che non perisce. Poiché tu fosti avvolto per noi in una veste di
lino, noi siamo cinti con la tua vigorosa e insuperabile fortezza. Poiché tu,
per la nostra mortalità, fosti sepolto in un sepolcro nuovo, possiamo essere in
comunicazione con te nel cielo. Come tu risorgesti, possiamo noi pure risorgere
e stare davanti a te nel giudizio veritiero". Spezzò l'Eucaristia e la
distribuì a Vizan, a Terza, a Manashar, a Sifur, a Migdonia, alla moglie e alla
figlia di Sifur, dicendo: "Questa Eucaristia sia per voi vita e riposo,
gioia e salute, guarigione delle vostre anime e dei vostri corpi!". Essi
risposero: "Amen!". E si udì una voce che diceva loro: "Sì,
amen!". Udita questa voce, caddero bocconi. E si udì nuovamente la voce
che diceva: "Non abbiate timore, ma credete soltanto!". Martirio
dell'apostolo Tomaso
[159] Giuda ritornò in prigione e così pure Terza, Migdonia
e Narchia ritornarono in prigione. Giuda disse loro: "Figlie e sorelle mie
nel Signore, mie compagne e ancelle di Gesù Cristo, ascoltatemi in quest'ultimo
giorno: affiderò a voi la mia parola, giacché in questo mondo non parlerò mai
più con voi. Sarò innalzato a nostro Signore Gesù Cristo, a colui che mi
vendette, a colui che abbassò la sua nobile anima alla mia pochezza,
trasportandomi alla sua grandezza che non tramonta e ritenendomi degno di essere
suo servo sincero e verace. Gioisco che il tempo sia giunto a compimento, che
sia giunto il giorno di andare a ricevere la ricompensa dal mio Signore. Colui,
infatti, che mi ricompensa sa come debbo essere ricompensato, giacché non è né
malvagio né invidioso, bensì è generoso nei suoi doni: egli dà senza misura,
sicuro della inesauribilità della sua ricchezza. Figlie mie, ascoltate.
[160] Io non sono Gesù, ma servo di Gesù. Io non sono il
Cristo, ma un suo ministro. Io non sono il Figlio di Dio, bensì prego e
supplico di poter essere giudicato degno di Dio. Voi, figlie mie, dimorate
nella fede di Gesù Cristo, e mirate alla speranza del Figlio di Dio. Non siate
affrante, figlie mie, nella persecuzione, vedendomi trattato ignominiosamente,
imprigionato e morto, non sorga in voi dubbio alcuno: io, infatti, adempio la
volontà del mio Signore. Voi sapete che s'io pregassi di non morire, lo potrei
fare; ma questa che si vede non è la morte, bensì una liberazione da questo
mondo. Perciò io l'accolgo con gioia, sono liberato per potere andare a
ricevere colui che è magnifico, colui che amo, colui che è amato. Ho lavorato
molto, al suo servizio, ho portato a termine il mio compito per merito della
sua grazia che mi ha sostenuto e non mi ha abbandonato. Non permettete che il
nemico entri in voi con inganno e scuota le vostre menti con il dubbio. Non
permettete che quel perfido turbolento trovi posto in voi, giacché colui che
avete ricevuto, colui nel quale avete creduto, è più forte di lui. Mirate alla
sua venuta, poiché egli verrà e vi accoglierà, cioè andrete a vederlo".
[161] Quando Giuda ebbe finito di parlare, esse entrarono
nella casa oscura. E Giuda disse loro: "Datore di vita, tu che hai
sopportato, per noi, molte cose, fa' che queste porte ritornino come erano, fa'
che siano sigillate con i loro sigilli". Le lasciò e andò anch'egli in
prigione. Esse rimasero afflitte e piangevano sapendo che il re Mazdai lo
avrebbe ucciso.
[162] Andato in prigione, trovò i custodi che litigavano e
dicevano: "Che male abbiamo fatto a questo stregone che con i suoi
incantesimi ha aperto le porte con l'intento di fare uscire tutti i
prigionieri? Andiamo a manifestarlo al re Mazdai e diciamogli anche di sua
moglie e di suo figlio, venuti da lui". Mentre il capo della custodia dei
prigionieri parlava così, Giuda se ne stava zitto ad ascoltare. Quelli,
levatisi di buon mattino, andarono dal re Mazdai e gli dissero: "Re,
nostro signore, o lascia libero questo stregone oppure rinchiudilo in un'altra
prigione, poiché non siamo capaci di custodirlo: la tua fortuna custodì i
prigionieri due volte, altrimenti sarebbero sfuggiti tutti; noi chiudemmo le
porte, ma le trovammo aperte. Tua moglie, tuo figlio e il resto della gente non
lo lasciano mai". Udite tali cose, il re Mazdai andò a vedere i sigilli da
lui posti sulle porte, e li trovò intatti. Disse allora ai custodi:
"Perché dite bugie? Ecco che i sigilli delle case sono intatti. Come potete
dire che Terza e Migdonia sono andate da lui in prigione?". I custodi
risposero: "Ti abbiamo detto la verità!".
[163] Il re Mazdai andò a sedersi nell'aula del tribunale e
mandò a prendere Giuda, lo fece spogliare e gli fece mettere una cintura ai
fianchi; lo condussero poi davanti a Mazdai. Mazdai gli domandò: "Sei tu
uno schiavo o un uomo libero?". Giuda rispose: "Sono uno schiavo, ma
tu non hai alcun potere su di me". Mazdai gli domandò: "Come hai
fatto a sfuggire e a venire in questo paese?". Giuda gli rispose:
"Venni qui per poter dare la vita a molti per mezzo della Parola, e per
opera tua lascerò il mondo". Mazdai gli domandò: "Chi è il tuo
padrone? Come si chiama? Di che paese sei?". Giuda rispose: "Il mio
padrone è il tuo padrone, quello di tutto il mondo e il signore del cielo e
della terra". Mazdai gli domandò: "Come si chiama?". Giuda gli
rispose: "Ora tu non puoi udire il suo nome! Il nome che gli è dato è Gesù
Cristo". Mazdai gli disse: "Non ho avuto premura di farti fuori! Con
te sono stato paziente, ma tu hai moltiplicato i tuoi atti e tutto il paese parla
delle tue stregonerie! Io comunque farò in modo che essi ti accompagnino e ti
seguano, e la nostra terra ne sia liberata". Giuda rispose: "Queste
stregonerie delle quali tu dici che mi accompagneranno, non cesseranno mai più
da questo luogo!".
[164] Dopo queste cose, Mazdai rifletteva su quali ordini
impartire per farlo morire dato che aveva paura della grande moltitudine
presente: molti, infatti, credevano in nostro Signore, anche tra i nobili del
re. Mazdai prese Giuda e uscì dalla città; con lui c'erano pochi soldati
armati. Il popolo pensando che egli desiderasse imparare qualcosa da lui, se ne
stette ad osservarlo. Percorso circa mezzo miglio, lo consegnò ad alcuni
soldati che erano con lui e a un principe, dicendo: "Salite su questa
montagna e pugnalatelo". Egli poi se ne tornò indietro in città.
[165] Il popolo correva dietro Giuda per liberarlo, ma i
soldati lo scortavano con lance affiancandolo a destra e a sinistra mentre quel
principe lo teneva per mano e lo reggeva. Giuda disse: "O misteri nascosti
che si compiono in me persino nell'ora della partenza da questo mondo! O
ricchezza della sua grazia che non ci lascia sentire le sofferenze del corpo!
Sono consegnato all'Unico! Ecco, infatti, che un capo mi guida e mi tiene per
mano per potermi affidare all'Unico, al quale appunto io miro con la speranza
di riceverlo. Nostro Signore, che è l'Unico, soffre per mano di uno".
[166] Salito Giuda sulla montagna dove essi dovevano
pugnalarlo, disse a quelli che lo tenevano: "Almeno ora, che sono sul
punto di partire da questo mondo, ascoltatemi! Non siano ciechi gli occhi del
vostro cuore, né siano sorde le vostre orecchie da non ascoltare! Credete in
questo Dio ch'io predico, non seguitate a camminare secondo la pervicacia del
vostro cuore! Camminate secondo tutte le virtù che si addicono alla libertà e
alla gloria degli uomini, e alla vita di Dio".
[167] Giuda disse a
Vizan: "Figlio del re terreno, Mazdai, e servo di Gesù Cristo, lascia che
gli inservienti compiano la volontà del loro re Mazdai. Io vado a
pregare". Vizan parlò ai soldati, ed essi permisero che Giuda andasse a
pregare. Giuda andò e pregò così: "Mio Signore e mio Dio, mia speranza e
mio salvatore, mia guida e accompagnatore in tutti i paesi che ho percorso nel
tuo nome, sii con tutti i tuoi servi e guidami affinché io possa giungere a te.
A te, infatti, io ho affidato la mia anima, e nessuno la può strappare dalle
tue mani. I miei peccati non mi siano di impedimento! Ecco, Signore, ch'io ho
compiuto la tua volontà, sono divenuto schiavo per amore di quella libertà
ch'io sto per ricevere oggi. Dammela, dunque, Signore Gesù, e perfezionala in
me. Non ho dubbio alcuno a proposito della tua verità e del tuo amore, ma parlo
al tuo cospetto a motivo dei presenti, con l'intenzione che sentano".
[168] Dopo avere pregato così, Giuda disse ai soldati:
"Venite e portate a compimento la volontà di chi vi ha mandato!". I
soldati si avvicinarono, lo colpirono tutti insieme ed egli cadde a terra e
morì. I fratelli piansero tutti insieme. Portarono dei bei capi di vestiario e
molti indumenti di lino, e seppellirono Giuda nel sepolcro ove erano stati
sepolti gli antichi re.
[169] Dopo la morte di Tomaso. Sifur e Vizan non avrebbero
voluto più scendere in città: se ne stettero là tutto il giorno e passarono là
anche la notte. Ma Giuda apparve loro e disse: "Io non sono qui! Perché ve
ne state qui a farmi la guardia? Sono salito dal mio Signore e ho ricevuto ciò
a cui miravo e aspettavo. Alzatevi dunque, andate giù di qui, ancora un breve
istante e poi voi pure vi unirete a me". Mazdai e il suo parente Carisio
presero Migdonia e Terza, le tormentarono molto, senza riuscire a ciò che
desideravano. Giuda apparve loro e disse: "Figlie mie, non dimenticatevi
di Gesù nostra luce, del santo, del vivente, di colui che presto vi allestirà
il riposo e l'aiuto". Il re Mazdai e il suo parente Carisio vedendo che
non riuscivano a persuaderle come volevano, le lasciarono libere di vivere come
esse desideravano. Tutti i fratelli si radunavano insieme per pregare, per
offrire il sacrificio e spezzare il pane; sulla montagna, infatti, prima di
morire, Giuda aveva ordinato Sifur sacerdote e Vizan diacono. Nostro Signore li
aiutava con il suo amore e per mezzo loro aumentava i suoi fedeli.
[170] Dopo molto tempo accadde che uno dei figli del re
Mazdai fosse assalito dal demonio; nessuno riusciva a legarlo perché era molto
violento. Il re Mazdai allora pensò: vado ad aprire la tomba di Giuda prenderò
una delle ossa dell'apostolo di Dio, la appenderò al collo a mio figlio e
guarirà. Giuda gli apparve in una visione e gli disse: "Tu non hai creduto
nel vivo e vuoi credere ora nel morto? Il mio Signore Gesù Cristo avrà
misericordia di te a motivo della sua clemenza". Di ossa non ne trovò
perché un fratello le aveva segretamente portate via e trasferite in Occidente.
Allora il re Mazdai prese un po' di terra dal luogo ove erano state le ossa
dell'apostolo e la appese al collo di suo figlio, dicendo: "Credo in te,
mio Signore Gesù Cristo, ora che mi ha lasciato colui che tormenta sempre gli
uomini affinché non riescano a vedere la luce". Dopo avere appeso con fede
la terra al collo del figlio, questi guarì, ed egli fu aggregato ai fratelli.
Il re Mazdai curvò la testa sotto la mano del sacerdote Sifur, mentre pregava e
supplicava tutti i fratelli affinché pregassero per lui ed anch'egli, con loro,
ricevesse la grazia nel regno di nostro Signore Gesù Cristo, che è nei secoli
dei secoli. Amen.
Qui finiscono gli atti di Giuda Tomaso, apostolo di nostro
Signore Gesù Cristo, che fu martirizzato in terra indiana per ordine del re
Mazdai.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito santo, ora e
sempre nei secoli. Amen.
Inno di lode dell'apostolo "Lode al Padre celeste,
signore dell'universo, ineffabile, nascosto per tutte le epoche nello splendore
della tua gloria!
Gloria al Figlio, primogenito della vita, Verbo di vita, che
procede dal Padre eccelso!
Lode al Padre unico, che con saggezza si riflette in tutte
le creature e in tutte le epoche!
Gloria al Figlio della luce, che con saggezza, possanza e
intelligenza è presente in ogni epoca! Lode al Padre eccelso, che per opera di
tutti i suoi profeti è uscito dal nascondimento all'aperto!
Gloria al Figlio
dell'amore per opera del quale, nel silenzio, fu eseguita ogni cosa con
saggezza!
Lode al Padre
glorioso, che genera il suo primogenito nel silenzio e nella quiete della
mente!
Gloria al Figlio
adorabile, la cui forma sorse, nella quiete e nella gloria, dal Padre!
Lode al Padre buono, che per mezzo dello Spirito santo
rivelò ai suoi profeti il mistero del suo primogenito!
Gloria al Figlio eletto, che per mezzo dei suoi apostoli ha
rivelato a tutti i popoli la gloria del Padre!
Lode al Padre sereno
che per mezzo del suo primogenito, datore di vita alla sua creatura, santifica
la sua maestà!
Gloria al Figlio bello, che sorse dallo splendore del Padre
e liberò le nostre anime con il suo sangue puro!
Lode al Padre onnipotente, che abita nella luce gloriosa,
nascosto nella sua gloria, a tutti manifesto per opera della sua grazia!
Gloria al Figlio perfetto, che fu seminato in una terra viva
e che prima dei secoli è nel suo Padre santo!
Lode al Padre, che a
tutto provvede, sempre in alto e nel profondo, ma non c'è luogo privo di lui!
Gloria al Figlio, frutto adorabile, che sorse con amore
verso tutti, rivestì la nostra umana natura e uccise il nostro nemico!
Lode al Padre infinito, che per mezzo degli effluvi del suo
spirito ha formato gli angeli e i suoi servi come un fuoco ardente!
Gloria al Figlio della luce che procede sul vento e sulle
nuvole sante ammantato della luce del Padre! Lode al Padre, che dà la vita a
tutti, che per opera del prediletto ha radunato tutte le generazioni per la sua
gloria perché gli dessero gloria!
Gloria al Figlio della vita, con il cui dono il Padre nutre
i santi che procedettero da lui e raggiunsero i sentieri della pace! Sia lode
al Padre, che dà la vita a tutti, che, nella quiete e nella tranquillità,
rivelò ai suoi santi i misteri del Figlio per opera dello Spirito santo!
Gloria al Figlio, frutto del Padre, che ha portato a
compimento l'opera del Padre suo, ha redento i suoi cari e nasconde i suoi
eletti sotto le sue ali! Lode al Padre buono, che con l'amore e la grazia, per
opera del suo prediletto, per mezzo della morte in croce, dà la vita a tutte le
creature!
Gloria al Figlio
primogenito, che con il suo corpo nutre le generazioni, cancella i nostri
peccati con il segno delle sue stigmate e aspergendo su di noi il suo sangue!
Lode al Padre buono, che dimora in ogni cuore puro, nella mente dei suoi
adoratori, il cui aspetto nascosto a tutti, ci è manifesto per opera del suo
Cristo!
Gloria al Figlio Verbo, che nella quiete annunzia la sua
venuta, che ha indossato la nostra umanità e ci ha redento con il suo sangue
puro e vivo! Lode al Padre vivo, che ha vivificato la nostra natura mortale,
mentre eravamo lontani dalla sua via, la cui misericordia ci raggiunse mentre
eravamo morti e perduti!
Gloria al Figlio amato, che vivificò la nostra natura
mortale, e distolse il nostro errore, fu per noi una medicina vivificante con
il suo corpo datore di vita e con l'aspersione del suo sangue vivo!
Lode al Padre, che trascende ogni bocca e ogni lingua, che
ci rappacifica con noi stessi per mezzo del suo Cristo, che abbiamo gustato per
mezzo del suo frutto divenendo poi figli della sua pace!
Gloria al Figlio pacificatore, che sanò le nostre ferite, ci
dimostrò la nostra pervicacia, raddrizzò il nostro smarrimento, ci fece
camminare sulla sua via e per lui abbiamo conosciuto il Padre!
Lode al Padre onnipotente, che ci ha mandato il suo frutto
vivo e vivificante, che con il sangue del Crocifisso pacificò la sua grazia con
le sue creature!
Gloria al Figlio Verbo della luce, che sorse dall'eccelso e
ci saziò con la sua sapienza, purificò la nostra immondezza e vivificò la
nostra mortalità con il suo segno, la croce luminosa!
Lode al Padre di ogni lode, il suo nome sia grande in ogni
epoca perché senza guardare ai nostri debiti ci ha vivificato per opera del suo
Cristo, vita della sua volontà!
Gloria al Figlio, nostro sacerdote, voce generatrice della
conoscenza, che ci perdonò per mezzo della sua offerta pura e santa e versò il
suo sangue vivo per i peccatori!
Lode al Padre eccelso, nascosto a tutte le epoche e palese
ai suoi adoratori, conforme alla sua volontà!
Gloria al Figlio
della vita, che eseguì la volontà del Padre, pacificò le sue creature affinché
per mezzo suo adorino colui che l'ha mandato e diventino partecipi dei suoi
misteri!
Lode al Padre sublime, per opera del suo prediletto, da ogni
ginocchio che si piega sia in cielo che in terra!
Gloria al Figlio adorato della perfetta misericordia per
opera del quale sorsero per le creature la pace e la speranza affinché
conoscessero il loro creatore!
Lode al Padre vivificatore di tutti, la cui abbondante
misericordia non viene mai meno per l'effusione dei suoi doni e ha sempre
bisogno di farci regali!
Gloria al Figlio frutto, che è la porta della luce e la via
della verità, che ci fa camminare sulle sue orme affinché giungiamo alla casa
del suo Padre sublime!
Lode al Padre dolce, che ci ha dato la pace per opera del
suo vivificatore e ci ha rivelato i suoi santi e gloriosi misteri per mezzo
dell'ascolto della sua dottrina!
Gloria al Figlio unigenito del Padre, che versò su di noi la
sua misericordia e ci ha segnato con la sua croce viva e vivificante!
Tutte le labbra, tutte le lingue, le epoche e le creature
occulte e manifeste, lodino il Padre, adorino il Figlio e glorifichino lo
Spirito santo!
Lo lodino, in alto, i suoi angeli per mezzo del suo Cristo
che nell'Ade è diventato pace e speranza dei morti che vissero e sono stati
risuscitati!
Preghiamo il Signore
vivificatore, nostro paraclito, medicina della nostra vita e nostro segno
vittorioso!
Beati noi, o Signore, che ti abbiamo conosciuto!
Beati noi, che in te abbiamo creduto!
Beati noi a motivo delle tue ferite e del sangue sparso per
noi!
Beati noi, perché la nostra speranza sei tu!
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